martedì 22 dicembre 2009

Che a Gaza si senta la solidarietà dell'Italia!







Si sta avvicinando la data della Gaza Freedom March, il 31 Dicembre 2009. La Marcia è un'iniziativa storica per rompere l'assedio che imprigiona un milione e mezzo di persone che vivono nella striscia.





La marcia raccoglierà gente da tutto il mondo mano nella mano con la gente di Gaza per chiedere a Israele di aprire i confini. Piu' di 1300 gente di 42 paesi, fra cui 140 dall'Italia, participeranno nella marcia, portando aiuti umanitari, solidarita' e amore alla gente di Gaza.


Nel primo anniversario dell'invasione di Israele che ha lasciato più di 1400 morti , questa è una risposta globale della gente comune all'inazione di parte dei leader e delle istituzioni politiche mondiali.

In quest'anno abbiamo visto:


  • Aiuti donati da gente del tutto il mondo bloccati dai governi d'Israele e d'Egitto.
  • Pescatori e contadini di Gaza feriti o anche assassinati dalle forze armate israeliane.
  • La nave del gruppo Free Gaza attaccato e sequestrato dalla marina Israeliana.
  • Il rapporto Goldstone ignorato dai governi europei e denigrato dal Congresso statunitense.

Ma abbiamo anche visto lo sdegno della gente per quanto e' successo a Gaza, la solidarieta' e la determinazione di fare qualcosa nonostante l'inazione dei loro governi. Abbiamo visto convogli di aiuti e delegazioni di attivisti lottare per entrare in Gaza, e li abbiamo visti riuscire.

Ora dobbiamo lottare per far riuscire la Gaza Freedom March. Il 20 Dicembre, le autorita egiziane hanno comunicato che non intendono aprire il valico di Rafah per permettere agli partecipanti di entrare nella Striscia di Gaza.

Clicca qui per mandare un messaggio di sostegno per la marcia all'ambasciatore d'Egitto in Italia


La gente si mobilita. Il messaggio è chiaro:

Basta con l'assedio, fine dell'occupazione, rispetto del diritto internazionale.




Ma Gaza ha bisogno di azioni concrete di solidarietà da parte di tutte/i. Clicca qui per sapere come dare un tuo contributo.


lunedì 14 dicembre 2009

Liberta' per tutti i detenuti di Bi'lin



Bil’in è un villaggio palestinese che vuole continuare a esistere, che lotta per salvaguardare la sua terra, i suoi uliveti, le sue risorse e la sua libertà.

Lo Stato di Israele, annettendo a sè il 60% delle terre di Bil’in per costruirci il muro di separazione, distrugge questo villaggio ogni giorno, confinando i suoi abitanti in una prigione a cielo aperto.

Sostenuti da attivisti israeliani e internazionali, gli abitanti di Bil’in manifestano pacificamente tutti i venerdì davanti al “cantiere della vergogna”. E tutti i venerdì, l’esercito israeliano risponde con il solo uso della violenza fisica e morale.






Il più recente tentativo dell’esercito israeliano di ridurre al silenzio la campagna di resistenza nonviolenta di Bil’in consiste in un’ondata di raid notturni e nella moltiplicazione degli arresti dei manifestanti. e, in particolare, dei dirigenti del Comitato Popolare di Bil’in. Dal 23 giugno del 2009, 31 residenti di Bil'in sono stati arrestati da militari israeliani.



Persone arrestate a Bil'in dall'inizio della campagna d'intimidazione



  1. 24/06/2009: Mohammed Khalil Abu Rahma (23 anni)
  2. 24/06/2009: Moatassem Faisal Al-Khatib (17 anni)
  3. 26/06/2009: Khaleel Ibrahim (15 anni)
  4. 26/06/2009: Kamel Alkhateeb (15 anni)
  5. 29/06/2009: Emad Mahmoud Yassin (16 anni)
  6. 29/06/2009: Hosni Rasim al-Khatib (16 anni)
  7. 29/06/2009: Mohsen Kateb (16 anni)
  8. 29/06/2009: Hamoda Yaseen (16 anni)
  9. 30/06/2009: Suleiman Seif (17 anni)
  10. 5/07/2009: Oda Rebhe Abu Rahma (20 anni)
  11. 5/07/2009: Mahmoud Issa Yassein (17 anni)
  12. 7/07/2009: Abdel Muamer Majdi Abu Rahma
  13. 10/07/2009: Adeeb Abu Rahme
  14. 17/07/2009: Muhammed abde Fatah al Burnat (21 anni)
  15. 19/07/2009: Imad Burnat (37 anni)

  16. 3/08/2009: Khaled gut Show Alrazic Abd-al-Khatib (23 anni)
  17. 3/08/2009: Mustafa gut Show Alrazic Abd-al-Khatib (18 anni)
  18. 3/08/2009: Mohammed Abd-gut Show Alrazic Al-Khatib (16 anni)
  19. 3/08/2009: Abdullah Ahmad Yassen (18 anni)
  20. 3/08/2009: Abdullah Mohammed Ali Yassen (16 anni)
  21. 3/08/2009: Issa Mahmoud Issa Abu Rahma (40 anni)
  22. 3/08/2009: Mohammed Khatib (35 anni), liberato il 18/08/2009 a condizione di presentarsi al posto di polizia tutti i venerdì e di restarci fino alle ore 17, fino alla fine del suo processo
  23. 15/08/2009: Nashmi Mohammed Ibrahim Abu Rahma (14 anni)
  24. 20/08/2009: Mohammad Abu Rahma alias Abu Nizar (50 anni), liberato dietro cauzione il 23/08/2009
  25. 29/08/2009: Tofik Ashraf Mohammad Jamal Al-Khatib (29 anni)
  26. 29/08/2009: Hamru Hisham Bornat (24 anni)
  27. 1/09/2009: Abed Baset Mohammed Abu Rahme (19 anni)
  28. 25/09/2009: Haitham al Khatib (33 anni), liberato il 25/09/2009, è stato costretto a firmare un documento con il quale si impegna a non avvicinarsi al Muro e ha inoltre ricevuto l’ordine di presentarsi per una udienza giudiziaria tra sei mesi
  29. 1/10/2009: Basel Mansour (32 anni), liberato il 8/10/2009 dopo aver pagato una multa di 1000 shekel
  30. 19/11/2009 : Muhammad Yassin (19 anni)
  31. 3/12/2009 : Rani Najar (23 anni)
  32. 10/12/2009 : Abdallah Abu Rahma




L'ultimo di essere detenuto e' il coordinatore del movimento di resistenza nonviolento di Bil'in, Abdallah Abu Rahmah, arrestato durante la notte del 10 dicembre da soldati israeliani.

Alle 2 del mattino, sette jeep militari israeliane si fermarono presso la residenza di Abdallah Abu Rahmah nella città di Ramallah. I soldati hanno fatto irruzione nella casa e hanno arrestato Abu Rahmah nel suo letto, in presenza della moglie e dei figli. Abu Rahmah è un insegnante di scuola media alla scuola del Patriarcato Latino di Birzeit vicino a Ramallah ed è il coordinator del Comitato Popolare di Bil'in contro il Muro e le colonie. In un precedente tentativo di arrestare Abu Rahmah, lo scorso 15 settembre del 2009, l'esercito israeliano usó tale violenza che un soldato fu incriminato per aggressione.

Cosa potete fare?


  • Cliccare qui per mandare una lettera al governo italiano, al console generale italiano in Israele, all'ambasciatore israeliano a Roma esigendo la liberazione di Abdullah Abu Rahamah.
  • Protestare con i vostri rappresentanti politici e la rappresentanza diplomatica italiana in Israele per esigere che Israele cessi di colpire la resistenza popolare nonviolenta e per la liberazione di Abdullah e di tutti i prigionieri di Bil’in.
  • Sostenere il comitato con fondi per assicurare la difesa e la liberazione dei manifestanti arrestati (contattate bilinlegal@gmail.com. )

Un uomo semplice di nome Gandhi guidó con successo la lotta nonviolenta in India e persone semplici come Rosa Parks guidarono la lotta per i diritti Civili negli Stati Uniti, persone semplici qui a Bilin stanno conducendo una lotta nonviolenta che li porterá alla libertá. L’esempio del Sud Africa dimostra che l’ingiustizia puo essere vinta.

Desmond Tutu

lunedì 30 novembre 2009

Lettres de Cachet Israeliane




Le lettres de cachet erano lettere firmate dal re di Francia con le quali un soggetto veniva condannato, senza processo e senza l'opportunità di difendersi, all'imprigionamento a cui non si poteva fare appello.

Le lettres de cachet venivano aboliti subito dopo la rivoluzione francese, ma naturalmente una pratica cosi' utile non e' stata del tutto abandonata. Tutti i poteri colonialisti hanno utilizzati regolamenti simili. La detenzione amministrativa ancora usata dalle forze di occupazione israeliane in Palestina e' uno di questi regolamenti.



Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.
Articolo 9 Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

La detenzione amministrativa è una forma di detenzione senza formulazione di accuse o processo, autorizzata da un ordine amministrativo invece che da un decreto giudiziario. Un ordine di detenzione amministrativa ha una durata massima di 6 mesi, ma puo' essere rinnovato all'infinito. E' stata introdotta in Palestina dalle autorita' britanniche durante il mandato, ed e' stato usato sia contro la popolazione indigena che contro gli immigranti ebraici.

Il giurista sionista Dov Joseph protestando contro l'uso da parte delle autorita' britanniche della detenzione amministrativa ha detto:

Saremo tutti sottomessi al terrore ufficiale? ... nessun cittadino sara' al riparo dalla prigionia a vita senza processo.... non c'e' bisogno di commettere un qualche infrazione, e' sufficiente una decisione presa in qualsiasi ufficio...

Dopo lo stabilimento dello stato d'Israele, i regolamenti di emergenza britanniche, che includevano la detenzione amministrativa sono stati incorporati nella legge israeliana e lo stesso Dov Joseph (allora ministro della giustizia) l'ha usata contro la popolazione palestinese. Da allora, gli ordini di detenzione hanno colpito bambini, donne, giovani, vecchi, intellettuali, studenti, dirigenti politici e sindacali, e negli ultimi tre anni hanno toccato anche deputati del Consiglio legislativo palestinese ed ex ministri dei precedenti governi palestinesi. Da 2000, ci sono stati piu' di 19000 ordini di detenzione amministrativa.

Attualmente, ci sono piu' di 500 palestinesi sottoposti a ordine di detenzione amministrativa. Il detenuto piu' recente e' Mohammed Othman. Mohammad è stato arrestato dalle autorità israeliane il 22 settembre. Stava rientrando nella Cisgiordania dopo un viaggio in Norvegia dove ha tenuto incontri pubblici e riunioni con ufficiali del governo. Nonostante 2 mesi di detenzione, isolamento, ad lunghe interrogazioni, nessun capo d'accusa e' stato dimostrato, e le autorita' militari hanno chiesto un ordine di detenzione amministrativa.

Clicca qui per mandare un mail chiedendo il immediato rilascio di Mohammed Othman.

Clicca qui per leggere piu' sulla campagna contro la detenzione amministrativa (inglese).



Rapporto sulla detenzione arbitraria di Palestinesi preparato dalle organizzazioni israeliane per i diritti umani B'tselem e Hamoked.

200910 Without Trial Eng

domenica 8 novembre 2009

Vicenza ci riguarda










Sabato il 7 novembre, Donne in Nero da Padova, Napoli, Schio, Verona, Udine, Bologna, Ravenna, Milano, Torino e Alba sono scese in piazza a Vicenza, insieme a tante donne della citta', per dichiarare la loro opposizione alla costruzione della nuova base americana, Dal Molin.

Sono andate a Vicenza perche la costruzione della base, e tutto cio' che significano le scelte e le azioni di governi italiani successivi riguardanti la base, ci riguarda tutte e tutti.


Altre foto

La lotta tenace delle cittadine e cittadini di Vicenza ha dato piu' visibilità agli accordi segreti che impongono, oltre alla presenza di basi straniere sul territorio italiano, anche l'onere di mantenerle a spese dei contribuenti italiani. Ma ha anche reso visibile, in modo inequivocabile, il disprezzo dei nostri dirigenti politici per le opinioni, la volontà e i diritti dei cittadini. Le cittadine e i cittadini di Vicenza hanno visto le loro opinioni scartate, il loro ricorso a un referendum locale negato, la decisione della TAR di Veneto contro la costruzione della base cancellata.






L'esclusione delle cittadine e dei cittadini dalle decisioni che riguardano installazioni militari rappresenta una grave minaccia alla democrazia in un paese che già ospita 110 basi americane.



Basi americane in Italia



  1. Cima Gallina [Bolzano]. Stazione telecomunicazioni e radar dell'aviazione USA
  2. Monte Paganella [Trento]. Stazione telecomunicazioni dell'aviazione USA
  3. Aviano [Pordenone]. La più grande base avanzata, deposito nucleare e centro di telecomunicazioni dell'aviazione USA in Italia
  4. Roveredo [Pordenone]. Deposito armi Usa
  5. Rivolto [Udine]. Base dell'aviazione USA
  6. Maniago [Udine]. Poligono di tiro dell'aviazione USA
  7. San Bernardo [Udine]. Deposito munizioni dell'esercito USA
  8. Trieste. Base navale Usa
  9. Camp Ederle [Vicenza]. Quartier generale Guarnigione USA
  10. Vicenza: sede 173° Brigata Aviotrasportata USA
  11. Tormeno [San Giovanni a Monte, Vicenza]. Deposito militare
  12. Longare [Vicenza]. Deposito militare
  13. Oderzo [Treviso]. Deposito di armi e munizioni
  14. Codognè [Treviso]. Deposito di armi e munizioni
  15. Istrana [Treviso]. Base dell'aviazione USA

  16. Ciano [Treviso]. Centro telecomunicazioni e radar USA
  17. Verona. Air Operations Center dell'aviazione USA e base Nato delle Forze di Terra del Sud Europa; Centro di telecomunicazioni dell’aviazione USA
  18. Affi [Verona]. Centro telecomunicazioni USA
  19. Lunghezzano [Verona]. Centro radar USA
  20. Erbezzo [Verona]. Antenna radar Agenzia di sicurezza nazionale USA
  21. Conselve [Padova]. Base radar USA
  22. Monte Venda [Padova]. Antenna telecomunicazioni e radar USA
  23. Venezia. Base navale USA
  24. Sant'Anna di Alfaedo [Padova]. Base radar USA
  25. Lame di Concordia [Venezia]. Base di telecomunicazioni e radar USA
  26. San Gottardo, Boscomantivo [Venezia]. Centro telecomunicazioni USA
  27. Ceggia [Veggio]. Centro radar USA
  28. Ghedi [Brescia]. Base dell'aviazione USA, stazione di comunicazione.
  29. Montichiari [Brescia]. Base aerea USA.
  30. Remondò [Pavia]. Base dell'esercito USA
  31. Solbiate Olona [Varese]. Base di intervento rapido.
  32. Sorico [Como]. Antenna Agenzia di sicurezza nazionale USA
  33. Cameri [Novara]. Base aerea Usa con copertura Nato.
  34. Candelo-Masazza [Vercelli]. Addestramento dell’aviazione e dell’esercito USA, copertura Nato
  35. La Spezia. Centro antisommergibili

  36. Finale Ligure [Savona]. Stazione di telecomunicazioni dell’esercito USA

  37. San Bartolomeo [Spezia]: Centro ricerche per la guerra sottomarina.
  38. Monte San Damiano [Piacenza]. Base dell'aviazione USA con copertura Nato.
  39. Monte Cimone [Modena]. Stazione telecomunicazioni USA con copertura Nato.
  40. Parma. Deposito dell'aviazione USA con copertura Nato.
  41. Bologna. Stazione di telecomunicazioni del Dipartimento di Stato USA
  42. Rimini. Gruppo logistico USA per l'attivazione di bombe nucleari
  43. Rimini-Miramare. Centro telecomunicazioni USA
  44. Potenza Picena [Macerata]. Centro radar USA con copertura Nato
  45. Camp Darby [Pisa]. Il più grande deposito logistico del Mediterraneo della Setaf. Base di rifornimento delle unità navali di stanza nel Mediterraneo
  46. Coltano [Pisa]. Importante base USA per le telecomunicazioni. Deposito munizioni dell’esercito USA
  47. Pisa [aeroporto militare]. Base saltuaria dell'aviazione USA
  48. Talamone [Grosseto]. Base saltuaria della Marina USA
  49. Poggio Ballone [Grosseto]. Centro radar USA con copertura Nato
  50. Livorno. Base navale USA
  51. Monte Limbara [Sassari]. Base missilistica USA
  52. Sinis di Cabras [Oristano]. Centro elaborazioni dati [Agenzia di sicurezza nazionale USA].
  53. Isola di Tavolara [Sassari]. Stazione radiotelegrafica di supporto ai sommergibili della Marina USA
  54. Torre Grande di Oristano. Base radar Agenzia di sicurezza nazionale USA
  55. Monte Arci [Oristano]. Stazione di telecomunicazioni USA con copertura Nato.
  56. Capo Frasca [Oristano]. Eliporto ed impianto radar USA
  57. Santulussurgiu [Oristano]. Stazione telecomunicazioni dell'aviazione USA con copertura Nato
  58. Perdasdefogu [Nuoro]. Base missilistica sperimentale
  59. Capo Teulada [Cagliari]. Poligono di tiro per esercitazioni aeree ed aeronavali della Sesta flotta americana e della Nato
  60. Cagliari. Base navale USA
  61. Decimomannu [Cagliari]. Aeroporto USA con copertura Nato
  62. Aeroporto di Elmas [Cagliari]. Base aerea dell'aviazione USA
  63. Salto di Quirra [Cagliari]. Poligoni missilistici
  64. Capo San Lorenzo [Cagliari]. Zona di addestramento per la Sesta flotta USA
  65. Monte Urpino [Cagliari]. Depositi munizioni USA e Nato.
  66. Roma. Comando per il Mediterraneo centrale della Nato e il coordinamento logistico interforze USA. Stazione Nato
  67. Roma Ciampino [aeroporto militare]. Base saltuaria dell'aviazione USA
  68. Rocca di Papa [Roma]. Stazione telecomunicazioni USA con copertura Nato
  69. Monte Romano [Viterbo]. Poligono saltuario di tiro dell'esercito USA
  70. Gaeta [Latina]. Base permanente della Sesta flotta e della Squadra navale di scorta alla portaerei "La Salle"
  71. Casale delle Palme [Latina]. Scuola telecomunicazioni Nato sotto controllo USA
  72. Napoli. Comando del Security Force dei Marines. Base di sommergibili USA. Comando delle Forze Aeree Usa per il Mediterraneo. Porto normalmente impiegato dalle unità civili e militari USA
  73. Aeroporto Napoli Capodichino. Base aerea USA
  74. Monte Camaldoli [Napoli]. Stazione di telecomunicazioni USA
  75. Ischia [Napoli]. Antenna di telecomunicazioni USA con copertura Nato
  76. Nisida [Napoli]. Base dell’esercito USA
  77. Bagnoli [Napoli]. Sede del più grande centro di coordinamento della Marina USA di tutte le attività di telecomunicazioni, comando e controllo del Mediterraneo.
  78. Agnano [Napoli]. Base dell'esercito USA
  79. Licola [Napoli]. Antenna di telecomunicazioni USA
  80. Lago Patria [Caserta]. Stazione telecomunicazioni USA
  81. Giugliano [Napoli]. Comando Statcom
  82. Grazzanise [Caserta]. Base saltuaria dell'aviazione USA
  83. Mondragone [Caserta]: Centro di Comando USA e Nato sotterraneo antiatomico, dove verrebbero spostati i comandi USA e Nato in caso di guerra
  84. Montevergine [Avellino]: Stazione di comunicazioni USA
  85. Cirigliano [Matera]. Comando delle Forze Navali USA in Europa
  86. Pietraficcata [Matera]. Centro telecomunicazioni USA e Nato
  87. Gioia del Colle [Bari]. Base aerea USA di supporto tecnico
  88. Brindisi. Base navale USA
  89. Punta della Contessa [Brindisi]. Poligono di tiro USA e Nato
  90. San Vito dei Normanni [Brindisi]. Base dei Servizi Segreti. Electronics Security Group [Agenzia di sicurezza nazionale USA]
  91. Monte Iacotenente [Foggia]. Base del complesso radar Nadge (rete di radar militari della NATO)
  92. Otranto. Stazione radar USA
  93. Taranto. Base navale USA. Deposito USA e Nato
  94. Martinafranca [Taranto]. Base radar USA
  95. Crotone. Stazione di telecomunicazioni e radar USA e Nato
  96. Monte Mancuso [Catanzaro]. Stazione di telecomunicazioni USA
  97. Sellia Marina [Catanzaro]. Centro telecomunicazioni USA con copertura Nato
  98. Sigonella [Catania]. Principale base terrestre della Marina USA nel Mediterraneo centrale, supporto logistico della Sesta flotta
  99. Motta S. Anastasia [Catania]. Stazione di telecomunicazioni USA
  100. Caltagirone [Catanzaro]. Stazione di telecomunicazioni USA
  101. Palermo Punta Raisi [aeroporto]. Base saltuaria dell'aviazione USA
  102. Isola delle Femmine [Palermo]. Deposito munizioni USA e Nato.
  103. Marina di Marza [Ragusa]. Stazione di telecomunicazioni USA
  104. Augusta [Siracusa]. Base della Sesta flotta e deposito munizioni
  105. Monte Lauro [Siracusa]. Stazione di telecomunicazioni USA
  106. Centuripe [Enna]. Stazione di telecomunicazioni USA
  107. Niscemi [Caltanissetta]. Base del NavComTelSta [comunicazione Marina USA]
  108. Trapani. Base dell’aviazione USA con copertura Nato
  109. Isola di Pantelleria [Trapani]: Centro telecomunicazioni della Marina USA, base aerea e radar Nato
  110. Isola di Lampedusa [Agrigento]: Base della Guardia costiera USA. Centro d'ascolto e di comunicazioni








Ci dicono che tutto cio' e' fatto per la nostra sicurezza.


Ma per sentirci sicure abbiamo bisogno in primo luogo di rispetto e di riconoscimento della nostra libertà, dignità e autodeterminazione. In secondo luogo è necessario costruire sul territorio dei rapporti che siano orientati alla reciproca conoscenza, alla convivenza e alla solidarietà, e riconoscere alle cittadine e ai cittadini il diritto a partecipare alle scelte che riguardano il proprio territorio.






giovedì 5 novembre 2009

Smilitarizziamo il nostro ambiente e le nostre vite


Il 4 Novembre è la Festa dell’Unità nazionale e la Giornata delle Forze Armate, istituita dal fascismo per celebrare la “Vittoria” della prima guerra mondiale. Quale vittoria per i 650.000 morti e 1.000.000 di mutilati e feriti? Fu un affare per i grandi industriali, politici corrotti, funzionari statali senza scrupoli, alti ufficiali con le mani in pasta. Le commesse di guerra fruttarono profitti così scandalosi che fu nominata una commissione d’inchiesta parlamentare.
Ogni anno, in ogni città, le autorità civili, militari, religiose, si ritrovano tutte unite per legittimare eserciti e guerre e coprire con i veli della retorica la realtà di “un’inutile strage”.

Noi vogliamo ribadire il nostro NO a quella e a tutte le inutili stragi che continuano a insanguinare il mondo.








"Non si creda agli atti di valore dei soldati, non si dia retta alle altre fandonie del giornale, sono menzogne. Non combattono, no, con orgoglio, né con ardore;
essi vanno al macello perché sono guidati e perché temono la fucilazione.
Se avessi per le mani il capo del governo, o meglio dei briganti, lo strozzerei".


(B.N. Anni 25, soldato; condannato a 4 anni di reclusione per lettera denigratoria, 1916)






L'Italia ripudia la guerra” afferma la nostra Costituzione, ma ripudiare la guerra significa non solo non fare guerre, ma anche non costruire, vendere e acquistare strumenti di guerra: né basi né armi. La produzione e il commercio di armi, la costruzione e il mantenimento di basi militari, tutto questo ci riguarda come cittadine che non si rassegnano alle scelte di guerra, ma si impegnano per contribuire alla costruzione di una società giusta, solidale e di pace prefigurata dalla Costituzione.

Noi pensiamo che l’uso della violenza e la cultura delle armi siano le più assurde, le più stupide, le più crudeli attività che l’uomo abbia messo in campo nel corso della storia.
Per affrontare i problemi sempre più gravi del nostro tempo non servono altre basi, altri soldati, altre armi, occorre la co-responsabilità e la collaborazione internazionale, la solidarietà civile, fuori da ogni logica militare e di potere.

Non vogliamo essere complici del militarismo , ovunque si manifesti e in particolare nel nostro paese, con la concessione dell'aeroporto Dal Molin per una nuova base militare statunitense, la crescente militarizzazione della Campania (dal porto di Napoli alle basi militari, dalle fabbriche di armi alle discariche…), il magazzino di armi nucleari ad Aviano, il continuo aumento delle spese militari, la costruzione dei cacciabombardieri F35, la partecipazione a spedizioni militari camuffate da missioni di pace...

La militarizzazione del territorio non solo non ci dà, ma ci toglie sicurezza e libertà'. Per sentirci più sicure abbiamo bisogno di rispetto e di riconoscimento della nostra libertà, dignità e autodeterminazione.

Per questo, il 7 novembre saremo in piazza a Vicenza, insieme con le donne della città per dichiarare la nostra opposizione alla costruzione della nuova base Dal Molin.

Invitiamo tutte le donne che rifiutano la logica della guerra a participare.


Donne in Nero
Padova 4 novembre 2009

sabato 31 ottobre 2009

Gaza: In Marcia per la Libertà








La legge è chiara. La coscienza dell'umanità è scossa. Eppure, l'assedio di Gaza continua. È giunto il momento di agire!






La Gaza Freedom March, organizzata dalla coalizione internazionale per la fine dell'assedio illegale di Gaza, il 27 dicembre 2009 al 2 gennaio 2010


Nei giorni del primo anniversario dell'assalto e massacro israeliano a Gaza, centinaia e centinaia di attivisti internazionali tenteranno di rompere l'assedio per partecipare ad una grande manifestazione nonviolenta, marciando al fianco della popolazione di Gaza il 31 dicembre 2009.

La Gaza Freedom March sarà una manifestazione di solidarietà che intende inoltre richiamare l'attenzione sulla crisi umanitaria in corso e sulla illegalità dell'assedio, chiedendo alla Comunità internazionale che vi metta fine.







Amnesty International ha descritto il blocco di Gaza come una "forma di punizione collettiva di tutta la popolazione di Gaza, una flagrante violazione di obblighi di Israele nel quadro della quarta convenzione di Ginevra." Human Rights Watch ha chiamato il blocco una "grave violazione del diritto internazionale". Il Relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori occupati palestinesi, Richard Falk, ha condannato l'assedio israeliano di Gaza che rappresenta un "crimine contro l'umanità".

L'ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter ha detto che la gente di Gaza viene trattata "come animali", e ha chiesto di "porre fine all'assedio di Gaza" che sta privando "un milione e mezzo di persone delle necessità della vita."

Uno dei principali esperti a livello mondiale di Gaza, Sara Roy dell'Università di Harvard, ha detto che le conseguenze dell'assedio "provocano innegabilmente una situazione di sofferenza di massa, che è creata in gran parte da Israele, ma con la complicità attiva della comunità internazionale, in particolare gli Stati Uniti e l'Unione Europea".



Appello della Coalizione internazionale per la fine dell'assedio illegale di Gaza

L'assedio israeliano di Gaza è una flagrante violazione del diritto internazionale che ha portato alla sofferenza di massa. Gli Stati Uniti, l'Unione Europea, e il resto della comunità internazionale sono complici.


La legge è chiara. La coscienza dell'umanità è scossa. Eppure, l'assedio di Gaza continua. È giunto il momento di agire! Il 31 dicembre 2009 concluderemo l'anno marciando al fianco del popolo palestinese di Gaza in una manifestazione nonviolenta per rompere il blocco illegale.

Il nostro scopo in questa marcia è rompere l'assedio di Gaza. Chiediamo che Israele ponga fine al blocco. Chiediamo anche all'Egitto di aprire la frontiera di Gaza a Rafah. I palestinesi devono avere la libertà di viaggiare per motivi di studio, di lavoro, e di cura e anche di ricevere visitatori provenienti dall'estero.

Essendo noi una coalizione internazionale, non spetta a noi sostenere una soluzione politica specifica a questo conflitto. Eppure la fiducia nella nostra comune umanità ci spinge a chiedere a tutte le parti di rispettare e sostenere il diritto internazionale e i diritti umani fondamentali per porre fine all'occupazione militare israeliana dei territori palestinesi del 1967 e per perseguire una pace giusta e duratura.

La marcia potrà avere successo soltanto se risveglierà la coscienza dell'umanità.

Vi invitiamo tutti ad unirsi a noi.


Il mese scorso, il Consiglio per i diritti umani dell'Onu ha approvato il rapporto Goldstone sulle violazioni della legge internazionale e i crimini contro l'umanità commessi a Gaza durante l'offensiva israeliana “Piombo fuso”. Nessun paese dell'Unione Europea ha votato a favore. L'Italia ha seguito gli Stati Uniti, votando in contro.

Non sorprende questa complicità. Come ha detto il Presidente Israeliano Shimon Peres, criticando le leggi britanniche di giurisdizione universale per crimini di guerra: "Gran Bretagna e gli Stati Uniti hanno usato tattiche simili nelle loro operazioni in Iraq e Afganistan." Quindi, visto che i nostri governi sono anche loro coinvolti in crimini di guerra, non posssiamo aspettare che agiscano contro altri criminali. Dobbiamo agire noi.







Unisciti alla delegazione del Coordinamento europeo per la Palestina (ECCP) che parteciperà alla marcia per Gaza! Per maggiori informazioni...

giovedì 22 ottobre 2009

Contro ogni razzismo - Respingiamo le leggi e le politiche di oppressione e sfruttamento!




La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua persona

Articolo 2, Costituzione della Repubblica Italiana






L’Italia, terra di emigranti in tempi non lontani, è diventata luogo di immigrazione: anche se in misura minore rispetto ad altri paesi europei, la presenza di straniere/i è divenuta consistente.



Così, nelle nostre relazioni quotidiane – famiglia, scuola, lavoro, commercio – incontriamo persone di diversa provenienza, di diversa cultura e sensibilità. Non ce ne siamo accorti subito, ma la nostra vita è cambiata: impariamo di lingue e luoghi lontani e, per coloro che capiscono il valore delle diversità, le conoscenze e sensibilità molto si arricchiscono e si raffinano.







In campo economico le persone immigrate sostengono settori importanti: edilizia, agricoltura, famiglia e tutti sappiamo che senza il loro apporto ci sarebbero crolli economici e sociali.


Le persone immigrate, di uguale umanità ma di diversa provenienza, avrebbero dovuto essere accolte con gli strumenti adeguati a una società in evoluzione, rispettosa dei diritti di tutte/i, ma così non è stato. I poteri economici se ne sono serviti come forza lavoro a basso costo, in nero, costringendole a volte in condizioni di schiavitù. Il governo italiano ha usato le donne e gli uomini immigrati per scaricare su di loro le responsabilità di condizioni di vita difficili per tutti, per far crescere la paura e quindi l’ostilità nei cittadini, e imporre così norme di emergenza che limitano la libertà di noi tutte/i.



Da tempo assistiamo a una vera e propria deriva razzista. Oggi, in Italia, il razzismo dilaga perché chi lo pratica, trova sostegno nella politica xenofoba del governo Berlusconi che, con l’approvazione del Disegno di Legge sulla sicurezza (DDL 733), ha imboccato, senza alcuna ambiguità, la via dell’incitamento all’odio nei confronti dello “straniero” e del “diverso”.





Ci sono dinamiche alimentate dal forte impatto e dei retaggi delle piattaforme dei partiti di estrema destra sulle politiche del governo e sulla percezione pubblica. Ma anche dai media che strumentalizzano e legittimano razzismo e xenofobia sfruttando il processo multiculturale che sta vivendo la società italiana.


Doudou Diène,relatore speciale ONU, nel suo Rapporto sulla situazione in Italia rispetto ai fenomeni del razzismo, della discriminazione sociale e della xenofobia.












E’ evidente e crescente l’incidenza della discriminazione e delle violazioni dei diritti umani fondamentali nei confronti della popolazione immigrata nel paese. Notiamo che persistono razzismo e xenofobia nei confronti degli immigrati, dei richiedenti asilo e rifugiati, compresi i Rom. Chiediamo al governo di intervenire efficacemente per contrastare il clima di intolleranza e per garantire le tutele ai migranti, a prescindere dal loro status.



Dal Rapporto dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, 2009












Il respingimento cosi' come viene oggi messo in atto nel Mediterraneo non e' in regola neanche con la legislazione nazionale perche' la legge nazionale italiana, il testounico dell'immigrazione, prevede si' il respingimento, ma con delle garanzie: la persona deve essere identificata, deve ricevere un decreto di respingimento e questa persona puo' anche ricorrere. Il respingimento in alto mare, indiscriminato e collettivo mette a duraprova la fruibilita' del diritto d'asilo.


Laura Boldrini, portavoce della sezione italiana dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati








Le misure e le proposte adottate attaccano infatti i più elementari diritti umani e sono un elenco di barbarie:
  • il reato di clandestinità, che trasforma in crimine una condizione di vita legata a un particolare momento dell’esistenza della persona del migrante, è un passo pericolosissimo verso la normalizzazione delle disuguaglianze sociali e verso la legalizzazione del razzismo
  • la politica dei respingimenti e gli accordi criminali con la Libia causano vere e proprie strage di innocenti
  • la facoltà di denunciare i clandestini, che si rivolgono alle strutture sanitarie pubbliche, sono in assoluto contrasto con il codice deontologico dei medici e con il dettato costituzionale (art. 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”)
  • la schedatura dei senza fissa dimora, primo passo verso la discriminazione di una fascia di popolazione che evoca gli orrori del passato fascista e nazista;
  • l’istituzione del CIE (Centro di identificazione e di espulsione) a Lampedusa , vero e proprio centro di detenzione;
  • l’istituzione delle ronde, che fomenta il clima di sospetto e contraddice il diritto di tutti a essere tutelati con gli strumenti messi a disposizione dalle istituzioni democratiche.


Come Donne in Nero, respingiamo queste misure razziste e liberticide, e refutiamo:



  • l’ideologia dell’intolleranza
  • la xenofobia e il razzismo
  • le politiche di esclusione dell’ “altro” che lo trasformano in nemico
  • la violenza insita in ogni norma e in ogni atteggiamento che nega l’umanità dell’ “altro”,
  • l’imbroglio securitario che, non solo minaccia la nostra libertà e le nostre vite, ma nasconde anche le vere cause dell’insicurezza sociale riconducibili alle logiche del sistema liberista globale, che precarizza il lavoro, aumenta la povertà, distrugge lo stato sociale, rende impossibile progettare il futuro







Non obbediremo a leggi nelle quali non ci riconosciamo perche' violano i piu' elementari diritti umani.






























































venerdì 16 ottobre 2009

Liberta' per Mohammed Othman

Più di tre settimane fa l'attivista palestinese Mohammad Othman è stato arrestato rientrando nella Cisgiordania da un viaggio in Norvegia. Mohammad, attivo nei movimenti nonviolenti contro il Muro dell'Apartheid e la campagna di Boicottaggio, Sanzioni e Disinvestimento (BDS), si trova ancora detenuto, in isolamento e senza sapere il motivo del fermo!

Lunedi' il 19 ottobre e' stato portato davanti a un tribunale militare senza neanche sapere i capi d'accusa contro di lui. Il giudice ha esteso la detenzione per ancora 11 giorni.

In solidarietà con l'appello internazionale "Se volete fermare il movimento BDS, dovete arrestarci tutti!" lanciato da Stop the Wall a seguito dell'arresto di Mohammad, mandiamo una valanga di mail per esigere il suo immediato e incondizionato rilascio!

Clicca qui per mandare un mail.

Mohammed viene dal villaggio di Jayyus in Cisgiordania. Jayyous e' stato devastato dalla costruzione dal Muro d'apartheid e dall'insediamento di Zufim ed e' uno dei principali villaggi coinvolti nel movimento popolare e nonviolento contro il Muro iniziato piu' di 4 anni fa nel villaggio di Bi'lin. Non e' l'unico detenuto fra gli attivisti del movimento popolare nonviolento. Decine di palestinesi da Bi'lin, Ni'lin e Jayyus sono detenuti nei carceri israeliani, molti presi dai loro letti durante raid notturne da soldati israeliani, i volti coperti da maschere.

La risposta dalle forze armate israeliane alle proteste settimanali nei villaggi e' stata una ripressione forte; civili inermi devono affrontare soldati con armi di fuoco e nuovi armi sperimentali sono stati provati.

Nel suo discorso al Cairo, Presidente Obama ha detto che i palestinesi devono rinunciare alla violenza. Purtroppo, non ha rivolto le stesse parole al governo israeliano e neanche ha riconosciuto la lotta nonviolenta nei villaggi palestinesi.

Negli ultimi 4 anni 16 persone sono state uccise e piu" di 1500 sono state ferite, alcuni gravemente.

Diamo un futuro alla resistenza popolare palestinese, e all'opzione nonviolenta per la fine dell'occupazione!

Per sapere di piu' della repressione israeliana dal movimento popolare nonviolento, leggi il rapporto Repressione Permessa, Resistenza Negata.
Repress

martedì 6 ottobre 2009

Le donne denunciano lo scambio tra potere, sesso, denaro

Sabato 10 ottobre 2009 dalle ore 16.30 alle 18.30 le Donne in Nero di Udine saranno in Piazzetta Lionello a Udine per denunciare lo scambio tra potere, sesso, denaro, che avviene in Italia nei luoghi della politici.

Invitano le donne e gli uomini della città a riflettere, a prendere la parola, a esprimere la propria contrarietà nei confronti del degrado della cosa pubblica a cui stiamo assistendo

Quanto è accaduto nei mesi scorsi nei palazzi del potere tra Berlusconi e le donne non può essere confinato nella sfera della morale, del privato, del pettegolezzo, parla invece della qualità della vita e del futuro di questo paese

Parole di donne hanno spezzato l'artificiosa divisione tra pubblico e privato e hanno svelato il sistema di scambio tra potere, sesso, denaro: prestazioni sessuali in cambio di favori economici e candidature politiche

Le donne hanno parlato e hanno messo a nudo quello che è il cuore della vicenda: la sessualità maschile e il rapporto con le donne di un uomo di potere e della sua corte.

Una sessualità incapace di dare senso alle relazioni, espressione di una "miseria del maschile" che tenta di ripristinare con arroganza quei ruoli tradizionali tra uomini e donne che quarant'anni di femminismo hanno destabilizzato

Le donne, non tutte asservite all'immagine del corpo femminile allestita dal regime televisivo e politico berlusconiano, pensano che i rapporti tra i sessi mai come oggi siano il cuore della politica e si chiedono se nel disordine del presente sia ancora possibile prendere la parola su questi temi.


Incontro nazionale

Anche 10 ottobre alle ore 10, a Roma, presso la Casa Internazionale delle Donne, è stato convocato, su questi temi, un incontro nazionale, aperto a tutte le donne e a tutti gli uomini interessati, e sollecitato da un documento firmato da Maria Luisa Boccia, Ida Dominijanni, Tamar Pitch, Bianca Pomeranzi, Grazia Zuffa

venerdì 2 ottobre 2009

Presidente Obama, sostenga le raccomandazioni della missione Goldstone a Gaza

Lettera aperta da Dr. Eyad El-Sarraj Presidente del Programma di Salute Mentale della Comunità di Gaza.





Egregio Presidente Obama,

le nostre ferite in Gaza sono ancora aperte, la nostra. giustizia ancora negata. L'offensiva di Israele di 23 giorni (28 dicembre 2008- 19 gennaio 2009) ha lasciato nei nostri figli la paura di ritornare a scuola, e quella sensazione di non essere al sicuro nei loro letti.

La guerra, e la continua chiusura della striscia di Gaza, ha indebolito la capacità delle madri e dei padri di agire come protettori e come coloro che garantiscono la sicurezza. Come comunità, combatteremo per decenni per convivere con le conseguenze. Insieme, d'accordo con i nostri figli sentiamo che la giustizia sia stata abbandonata da troppo tempo.

Per molte ragioni noi palestinesi sentiamo che il mondo ci ha ignorato. L'attenzione internazionale seguita alla guerra contro Gaza ci ha dato speranza. Le investigazioni condotte da Richard Goldstone ha creato ottimismo. Abbiamo sentito che questo rispettabile giudice e procuratore – che ha esercitato al meglio e ha dimostrato consistentemente la sua indipendenza nella applicazione della legge – è stato una delle poche persone ad avere le credenziali e l'esperienza per procedere con questa missione complicata sia legalmente che politicamente. Eravamo arrivati a credere che effettivamente al mondo importasse di noi.








La dichiarazione alle Nazioni Unite del suo ambasciatore, la sig.ra Susan Rice, ha trasmesso un messaggio differente: che al mondo, o almeno agli Stati Uniti, non importa di noi.

La sig.ra Rice ha suggerito che l'attenzione doveva essere sul futuro e non sul passato e che il compito attuale deve essere quello di rafforzare il progresso verso la ripresa dei negoziati di pace Israele - Palestina. Questa separazione di giustizia e pace è fuorviante: le due sono intimamente unite. Se c'è una cosa che la storia c'insegna, è che quando ai potenti è permesso di venire meno alla responsabilità, essi continueranno a violare la legge, e le persone innocenti ne pagheranno il prezzo.

Al Cairo lei ha detto: “L'America non volterà le spalle all'aspirazione legittima dei Palestinesi alla dignità, all'opportunità, e ad un proprio stato”. Lei ha anche parlato del desiderio dell’applicazione della legge e di un’amministrazione paritaria della giustizia, sostenendo che queste “non sono solo idee americane, sono diritti umani, e che questo è il motivo per cui noi le sosterremo ovunque”. Queste parole sono state benvenute, ma richiedevano azione. Responsabilità e responsabilità criminale sono componenti fondamentali della giustizia. Tutti coloro che sono responsabili devono affrontare un processo; i diritti delle vittime devono essere sostenuti; la sofferenza non può essere ignorata.

Presidente Obama, come lei ha detto una volta citando il Dr. Martin Luther King:

'l'arco della morale universale è lungo ma piega verso la giustizia, ma non si piega da solo a meno che ciascuno ed ognuno di noi non metta le mani sull'arco'.

Sostenga le raccomandazioni della Missione per la ricerca dei fatti delle Nazioni Unite.


Il rapporto della missione guidata da Richard Goldstone include queste conclusioni:

  • Le forze israeliane hanno commesso violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario corrispondenti a crimini di guerra e, in alcuni casi, anche a crimini contro l'umanità. In particolare, le indagini su numerosi attacchi contro la popolazione civile od obiettivi civili hanno rivelato che gli questi sono stati intenzionali e che alcuni sono stati lanciati al fine di spargere il terrore tra la popolazione e senza alcun giustificabile obiettivo militare. Le forze israeliane hanno inoltre usato civili palestinesi come scudi umani;
  • Le forze israeliane hanno commesso gravi violazioni della IV Convenzione di Ginevra, in particolare compiendo uccisioni, torture e trattamenti inumani con intenzioni dolose, procurando volutamente gravi sofferenze e gravi danni fisici e alla salute, causando vaste distruzioni di proprietà non giustificate da necessità militari, in modo illegale e sconsiderato. Per queste azioni vanno accertate le responsabilità individuali;
  • Israele ha violato l'obbligo di rispettare il diritto della popolazione di Gaza a un adeguato standard di vita, che comprende l'accesso a cibo, acqua e alloggio adeguati. Il rapporto fa riferimento, in particolare, ad azioni che hanno privato gli abitanti di Gaza dei mezzi di sostentamento, del lavoro, dell'abitazione, dell'acqua nonché della libertà di movimento e del diritto di entrare e uscire dal proprio paese e, infine, che hanno limitato l'accesso a un rimedio efficace. L'insieme di queste azioni può corrispondere al crimine di persecuzione, che è un crimine contro l'umanità;
  • I gruppi armati palestinesi hanno violato il principio di distinzione lanciando razzi e mortai che non possono essere diretti con sufficiente precisione contro obiettivi militari. Questi attacchi, contro insediamenti civili che in alcun modo potevano essere considerati obiettivi militari, costituiscono deliberati attacchi contro i civili, in quanto tali sono crimini di guerra e in alcuni casi possono costituire crimini contro l'umanità;
  • I gruppi armati palestinesi non hanno sempre agito in modo tale da distinguersi dalla popolazione civile e hanno esposto quest'ultima a rischi inutili, lanciando razzi da luoghi situati vicino ad abitazioni civili o a edifici protetti;
  • Non ci sono prove per sostenere gli accusi che i gruppi armati palestinesi abbiano trasferito la popolazione civile verso zone poi sottoposte agli attacchi israeliani o che l'abbiano costretta a rimanere nei pressi, né sul accuso che le strutture ospedaliere siano state usate dall'amministrazione de facto di Hamas o dai gruppi armati palestinesi per nascondere attività militari, né che le ambulanze siano state usate per trasportare combattenti né, infine, che i gruppi armati palestinesi abbiano preso parte ad attività militari dall'interno degli ospedali o delle strutture delle Nazioni Unite usate come rifugi.


>Per leggere il rapporto in inglese clicca qui

>Per leggere la traduzione italiana del sunto esecutivo, clicca qui.

Siamo Tutte Donne in Resistenza


Fin dal primo giorno del colpo di stato militare, il 28 giugno 2009, la politica mediatica del regime golpista ha cercato di dare al paese un’immagine di assoluta normalità. Le enormi marce e le proteste sarebbero una semplice espressione di alcuni pazzi che hanno perso contatto con la realtà.

Dopo le condanne internazionali, i principali mezzi informativi hanno abbandonato il paese. Le continue mobilitazioni delle organizzazioni sociali, popolari e sindacali non fanno piu' notizia. La comunità internazionale sembra non volere passare dai discorsi e proclami ai fatti concreti, legata a un processo di mediazione che non ha futuro e che dipende dall’ambiguità del governo statunintense e che fa parte del processo di normalizzzione.
Il silenzo internazionale ha aperto le porte ad una forte repressione contro le organizzazioni popolari che continuano a chiedere la restaurazione dell’ordine costituzionale e come sempre, le donne sono quelle piu' vulnerabile. Donne coinvolte nella resistenza sono sottoposte a violenze e insulti sessuali.


Ma le proteste hanno continuato, e la risposta e' stata una ripressione sempre piu' dura. Il 22 settembre, le Feministas en Resistencia, che dai primi giorni del regime fanno parte attivissima della resistenza, hanno pubblicato quest'appello:



Con la presente, le Feministas en Resistencia dell'Honduras denunciano la repressione brutale che oggi e' stata attuata contro le persone che sisono riunite pacificamente di fronte all'ambasciata del Brasile in Honduras, dopo avere appreso che il presidente Presidente Manuel
Zelaya si e' rifugiato là.
La gente e' stata attaccata nella prima mattinata con gas, acqua e un apparecchio che emette rumori assordanti. Alcuni sono stati feriti e portati in ospedale.


Ieri il governo de facto ha proclamato un coprifuoco nazionale a cominciare alle ore 16, quando la maggior parte degli operai honduregni sono ancora al lavoro. Il coprifuoco e' durato fino alle 7
del mattino. Nel frattempo il governo ha proclamato un nuovo coprifuoco dalle 7 alle 16 di oggi.

Vogliamo diffondere, nel modo più ampio possibile, il fatto che abbiamo paura per le nostre vite, a causa dell'aggressione continua e crescente dimostrata dall'esercito contro quelli che richiedono la restaurazione dell'ordine costituzionale.


Negli ultimi giorni, la situazione in Honduras è peggiorata.Il 28 settembre e' stato emesso un decreto che permette arresti e perquisizioni senza accuse o autorizzazioni, e che abroga i diritti di libertà di assemblea, di movimento, di stampa e di parole.

Canale 36 e Radio Globo sono stati chiusi il 29 dopo che il governo de facto ha pubblicato un decreto sospendendo 6 articoli della costituzione per un periodo di 45 giorni. Le due emittenti sono state invase dalle forze armate e di polizia, che sono entrate alle 5.30.

Fascicoli e apparecchi sono stati confiscati da Radio Globo. Canale 36 e' stato circondato dall'esercito e le trasmissioni sono state bloccate. Alcuni giornalisti hanno dovuto scappare dalle finestre.

Il decreto autorizza la chiusura di "ogni media che minaccia la pace e l'ordine pubblico" o che "attacca la dignita' umana di ufficiali pubblici o decisioni del governo.” Richiede l'arresto di "persone considerate sospette" aggiungendo che devono essere portate nei "centri di detenzione, legalmente stabiliti".

Si dice che il governo ha ordinato l'arresto di attivisti e la loro detenzione in uno stadio.

Centinaia di soldati hanno disperso una manifestazione all' Universidad Pedagógica Nacional- Francisco Morazán, dove centinaia di persone si sono riunite per marciare verso l'ambasciata del Brasile. Soldati sono stati dispiegati nei punti chiave di Tegucigalpa e in tutto il paese per bloccare la gente che voleva andare alla manifestazione.

Per ulteriori informazioni: Ni Golpe de Estado, Ni Golpes Contra Las Mujeres

sabato 26 settembre 2009

Beato il mondo quando non avra' piu' bisogno di eroi


La manifestazione per la libertà di informazione e' stata rinviata per non sovraporre alla giornata di lutto nazionale per i soldati italiani uccisi a Kabul.

Per noi questa decisione e' stata sbagliata e disonesta. Abbiamo dato la nostra adesione alla manifestazione perche' riteniamo la liberta' d'informazione un fattore importantissimo nella lotta contra le guerre e la violenza e nella lotta per i diritti delle donne - lotte che non si puo' separare.

Mi dispiace molto vedere i
governi mettere a rischio le vite
dei soldati in nome della
democrazia. Il fatto e' che
i soldati servono gli interessi
della Casa Bianca e le
conseguenze della loro
occupazione sono devastanti
per il mio popolo.

Malalai Joya



Se crediamo davvero nell'importanza della liberta' d'informazione, dovrebbe essere chiaro che la mancanza d'informazione seria sui motivi e le consequenze della missione militare in Afganistan ha giocato un ruolo importante nell'uccisione dei 6 solidati italiani.

Ritirarci e restare in silenzio mentre la tragedia che ha colpito questi uomini e i loro cari viene strumentalizzata proprio da quelli che li hanno mandati a morire non e' segno di rispetto - anzi.

Percio nonostante la pioggia e la decisione di molti di rimandare la manifestazione, a Bergamo le Donne in Nero hanno mantenuto l'appuntamento, vestite in nero per il lutto che portiamo per le guerre, per ogni guerra.

Se l'informazione desse le giuste notizie e documentazioni sui motivi di ogni guerra forse ci sarebbe più pace.

Estendiamo anche la nostra solidarieta' a Simonetta Salacone, dirigente scolastica della scuola Iqbal Massih di Roma, che ha rifiutato di participare in ancora una strumentalizzazione - il minuto di silenzio per i caduti in Afghanistan. Simonetta Salacone ha spiegato la sua decisione con chiarezza e eloquenza:
Clicca il testo per leggere la lettera intera.

domenica 13 settembre 2009

Guerra in Afganistan - alleanza con assassini e stupratori

Di solito, uno dei "vantaggi" piu' citati dell'intervento Nato e' proprio l'aver migliorato la condizione delle donne afgane, ma Malalai Joya non e' d'accordo: "Cosi' come i raid aerei non hanno portato sicurezza agli afgani, cosi' l'occupazione non ha portato sicurezza alle donne afgane. In realta' si e' trattato dell'esatto contrario. La ora tristemente famosa legge sul diritto di famiglia non e' che la punta dell'iceberg della catastrofe che ha colpito i diritti delle donne nel nostro paese occupato. L'intero sistema ora, in special modo la magistratura, e' infettato dal virus del fondamentalismo e percio' in Afghanistan gli uomini che commettono crimini contro le donne possono farlo impunemente".

I soldati occidentali combattono i Talebani, causando "danni collaterali" alla popolazione civile, mentre i governi occidentali hanno anche le loro vittime di danno collaterale - i diritti civili di tutta la popolazione afgana, ma sopratutto i diritti delle donne, vengono sacrificati alle alleanze cono integralisti e signori della guerra che possano portare una stabilita' superficiale, che permettera' a loro perseguire le loro interesse, ma non portera' ne' pace ne' sicurezza al popolo afgano.

Poco dopo le elezioni del 20 agosto, Malalai Joya ha scritto:

Come mllioni di Afghani, non ho nessuna speranza nei risultati delle elezioni. In un paese controllato dai signori della guerra, dalle forze di occupazione, da terroristi Talebani attraverso i soldi della droga e le armi dafuoco, nessuno potrebbe aspettarsi una votazione equa. Gli osservatori internazionali parlano di frode e di intimidazione, ma fra la gente si dice solo che il vincitore e' gia' stato scelto dalla Casa Bianca.
Il Presidente, Hamid Karzai, ha cementato alleanze con signori della guerra brutali e con integralisti per mantenere la sua posizione.Secondo la nostra costituzione ai criminali di guerra è vietato occupare cariche istituzionali, ma Karzai ha nominato Karim Khalali e Mohammed Qasim Fahim alla vicepresidenza - tutti e due sono accusati di atroctita' contro il nostro popolo.

Accordi sono stati fatti con innumerevoli integralisti. Questasettimana il signore della guerra Rashid Dostum e' tornato dall'esilioe all'estremista filoiraniano Mohammad Mohaqiq, accusato di crimini di guerra, sono stati promessi cinque posti nel gabinetto del governo peril suo partito, come risarcimento per il suo appoggio a Karzai.

Altro che democrazia, quelli che abbiamo in Afghanistan sono accordi segreti fra signori della guerra nemici giurati dellademocrazia e della giustizia. Il presidente ha anche continuato a tradire le donne afghane.

Anche dopo le proteste internazionali - e quelle coraggiose nelle strade di Kabul - Sr Karzai ha introdotto la legge dello stupro, contro le donne sciite, per avere il sostegno degli integralisti nelle elezioni. Aveva promesso di rivedere la legge, ma alla fine, e' stata approvata con pochi emendamenti e le dichiarazioni misogine non sono state rimosse. Come ha dichiarato Human Rights Watch: "Karzai hafatto un accordo vergognoso, vendendo le donne afghane per avere l’appoggiodegli integralisti. "

E i due principali sfidanti non offrono niente. Ashraf Ghani e Abdullah Abdullah sono stati ministri in questo governo screditato, e nessuno dei due gode di sostegno tra la gente. Noi Afghani sappiamo che quest'elezione non cambiera' nulla e che fa parte di uno spettacolo di finta democrazia fatto per e dall'Occidenteper rendere legittimo il suo governo fantoccio in Afghanistan. Sembra che siamo condannate a una continuazione del governo corrotto e mafioso.

La democrazia non verra' dalla canna di un fucile, o dalle bombe a grappolo lanciate dalle forze straniere. La lotta sara' lunga edifficile, ma i valori di una democrazia vera - diritti umani ediritti della donna - possono essere conquistati solo dal popolo Afgano. Quindi, non lasciatevi ingannare per questa finta democrazia.

I governi occidentali non ascoltano neanche l'opinione pubblica dei propri paesi, dove sempre più numerosi sono contro la guerra. Nelle mie visite nei paesi che hanno soldati in Afghanistan, ho incontrato tanti genitori che hanno perso i loro cari nella guerra nelmio paese. Mi dispiace molto vedere i governi mettere a rischio le vite dei soldati in nome della democrazia. Il fatto e' che i soldati servono gli interessi della Casa Bianca e le conseguenze della loro occupazione sono devastanti per il mio popolo.

Credo che se la gente normale in Afganistan e nei paesi della NATO potesse votare ed esprimere la propria volonta', questa occupazione infinita cesserebbe e ci sarebbe una possibilita' per creare la pace in Afganistan.

martedì 4 agosto 2009

Fermare la pulizia etnica a Gerusalemme Est

Domenica, 2 agosto all'alba, le forze israeliane hanno espulso due famiglie delle loro case nel quartiere di Gerusalemme Est occupata, Sheikh Jarrah- l'ennesimo esempio della politica di pulizia etnica nei territori occupati, e sopratutto a Gerusalemme Est.

Il seguente appello contro le espulsioni di palestinesi dalle case di Sheik Jarrah e di altri quartieri di Gerusalemme Est sara' inviato alla stampa e alle rappresentanze diplomatiche in Israele/Palestina. Manda anche tu il messaggio al nostro governo e rappresentanti diplomatici in Israele: presidenza.repubblica@quirinale. it, gabinetto@esteri. it, luigi.mattiolo@ esteri.it, luciano.pezzotti@ esteri.it


BASTA ESPULSIONI DI PALESTINESI DA GERUSALEMME EST

Domenica 02 agosto e' stato reso esecutivo l'ordine di sfratto pendente su due famiglie palestinesi di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est. Alle prime ore del mattino i soldati dell'IDF hanno costretto con la forza le famiglie al Ghawi e al Hanoun, gia` profughi nel `48, a lasciare le loro case nel quartiere di Sheikh Jarrah, dove risiedevano dal 1956. Al loro posto sono gia' entrati nelle abitazioni coloni israeliani.



“Deploro le azioni totalmente inaccetabili di Israele, per cui le forze israeliane hanno espulso famiglie palestinesi - profughi registrati con l'UNRWA - dalle loro case nel quartiere arabo di Sheikh Jarrah in Gerusalemme Est per permettere dei coloni a prendere possesso degli edifici. Tali azioni sono contrarie alle disposizioni delle Convenzioni di Ginevra riguardanti territori occupati. Le Nazioni Unite respinge le pretese israeliane che questo sia un assunto per le autorita' comunali e tribunali nazionali. Richiedo Israele ad aderire alla legalita' internazionale, fermando e revocando tali azioni provocatorie e inaccetabili."

Robert Serry, Coordinatore Speciale dell'ONU per il Processo di Pace.


Siamo inorriditi dalle espulsioni a Gerusalemme Est. La posizione israeliana che l'imposizione di coloni estremisti in un quartiere antico arabo sia un assunto dei tribunali o il comune e' inaccetabile. Tali azioni sono incompatibili con il desiderio per la pace dichiarato da Israele.

Consulato Britannico a Gerusalemme.


Da settimane la presenza di cittadini e attivisti per i diritti umani palestinesi, israeliani ed internazionali ha sostenuto la determinazione
delle famiglie a non lasciare le proprie case e a non divenire vittime delle politiche di pulizia etnica dello Stato di Israele.

Secondo il Diritto Internazionale Gerusalemme Est fa parte dei Territori Palestinesi Occupati da Israele dal 1967 e la comunita' internazionale e' tenuta a far rispettare le risoluzioni delle Nazioni Unite che vietano il trasferimento di popolazioni cosi' come ogni intervento atto a modificare lo status quo della citta' (cfr. Convenzioni di Ginevra (1949) e Risoluzioni ONU (n. 242 del 1967, 252 del 1968, 267 del 1969, 271 del 1969, 298 del 1971, 465 del 1980, 476 del 1980, 478 del 1980).









La condizione degli abitanti palestinesi a Gerusalemme Est si fa sempre piu' insostenibile a causa delle politiche discriminatorie del Governo occupante che hanno come obiettivo la giudeizzazione della citta' di Gerusalemme creando continuita' territoriale tra Gerusalemme Ovest e gli insediamenti israeliani illegali che circondano Gerusalemme Est.


Dal 1967 ad oggi sono stati costruiti 17 insediamenti che occupano circa il 35% del territorio di Gerusalemme Est, nei quali vivono piu' 200,000 coloni. Fonti OCHA (Office for Coordination of Humanitarian Affairs www.ochaopt.org/) riportano che tra il 1967 e il 2006 sono state demolite piu' di 8500 case palestinesi. Nei soli primi 4 mesi del 2009,OCHA ha registrato la demolizione di 19 strutture a Gerusalemme Est, che comprendono 11 abitazioni civili. Di conseguenza 109 palestinesi, tra cui 60 bambini, si ritrovano sfollati.


Le dirette conseguenze sulla societa' palestinese di tali azioni del Governo Israeliano sono la frammentazione territoriale dei diversi
quartieri di Gerusalemme Est nonche' l'isolamento di Gerusalemme Est dal resto della Cisgiordania, creando di fatto le condizioni per cui Gerusalemme diventi la capitale 'unica ed eterna' dello Stato di Israele in violazione del Diritto Internazionale e delle Risoluzioni ONU.

L'unica difesa a cui possono ricorrere i palestinesi di Gerusalemme e' il sostegno e il supporto della comunita' internazionale, l'unica che puo' esercitare pressione sul Governo Israeliano per revocare immediatamente gli ordini di espulsione dei palestinesi di Gerusalemme Est (Sheikh Jarrah, Citta' Vecchia, Silwan, Bustan, Ras al Amud) e per fermare i piani di costruzione di nuovi insediamenti a Gerusalemme.

Le famiglie al Ghawi, al Hanoun e al Kurd, quest'ultima cacciata dalla propria abitazione nel novembre 2008, sono solo le prime tra le 28 famiglie (500 persone) residenti nel quartiere di Sheikh Jarrah, che sono a rischio di espulsione.

La nuova amministrazione statunitense e l'Unione Europea hanno condannato la confisca, la demolizione delle case palestinesi a Gerusalemme Est e la costruzione di nuovi insediamenti. Chiediamo pertanto al Governo Italiano e piu' direttamente alla rappresentanza diplomatica del Consolato Generale di Italia a Gerusalemme di condannare severamente il governo israeliano per le espulsioni delle famiglie al Ghawi e al Hanoun, e di richiedere al Governo Israeliano che venga cancellato l'ordine di espulsione, che le famiglie cacciate possano rientrare nelle proprie case, che vengano cancellati gli ordini di espulsione per le altre famiglie e che vengano fermati i piani di costruzione degli insediamenti a Gerusalemme Est, come previsto dal rispetto del Diritto Internazionale.


In quanto cittadini italiani chiediamo al Consolato Generale di Italia a Gerusalemme di visitare le famiglie al Ghawi, al Hanoun e al Kurd per portare un messaggio di solidarieta' e sostegno umano e soprattutto politico, come gia' fatto da altri rappresentanti diplomatici europei e statunitensi.