sabato 24 novembre 2012

Se Questi Sono Gli Uomini

I femminicidi sono delitti annunciati, esecuzioni pubbliche, non sono delitti passionali né raptus. Perchè gli uomini uccidono le donne che non si sottomettono e perchè è così difficile in Italia oggi prendere atto di questa realtà?

Il 25 novembre, giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne e ancora una volta dobbiamo denunciare la violenza di genere: quella politica ed economica, legata ai conflitti armati, alle guerre del capitalismo globale; quella domestica, esercitata nell’ambito delle relazioni familiari e affettive, che in tutti i paesi è la prima causa di morte per le donne.

Nel 2012, in Italia, la violenza maschile sulle donne ha provocato più di un centinaio di vittime. E’ dunque ancora radicata, nel nostro paese, una mentalità patriarcale che autorizza gli uomini ad usare la forza per uccidere, le parole per ferire, la sessualità per offendere.
 
 


Dentro la crisi economica che estende la povertà e la precarietà sociale, le politiche di taglio della spesa pubblica e del welfare hanno tolto risorse alle case rifugio per le donne maltrattate, ai centri antiviolenza, che si sono trovati nell’impossibilità di garantire, nei diversi territori, il mantenimento di un servizio importante che stavano svolgendo.


Ma il contrasto alla violenza sulle donne non può essere demandato ai soli servizi sociali. Il problema non è quello di fornire tutele a un genere femminile pensato come debole. Va indagato invece l’universo maschile, generatore di tanta ferocia.

Sono uomini quelli che stuprano, picchiano, umiliano, uccidono. Non solo nella sessualità, ma anche nel rapporto di coppia, nel corteggiamento, nella gestione delle separazioni la violenza emerge quando la donna non corrisponde più, in forma complementare e speculare, al desiderio maschile inteso come unico motore della relazione.

In questo scenario, ad essere assente è la parola pubblica degli uomini. Il loro silenzio è tombale. Viene rotto solo da alcuni gruppi minoritari di maschi che in Italia hanno iniziato a sviluppare una riflessione sulla propria sessualità, sulla mascolinità e sugli stereotipi che l’accompagnano, sui rapporti con l’altro sesso.

Per tutti questi motivi, le Donne in Nero ritengono che la data del 25 novembre debba trovare una collocazione significativa nel calendario politico del nostro paese e sollecitare un confronto culturale ancora purtroppo mancante.


Plaudiamo all'annuncio delle Farc di cessate il fuoco

Bogotá, 19 novembre 2012. Noi Mujeres de la Ruta Pacífica plaudiamo all'annuncio delle FARC di cessate il fuoco, che comincerà da domani e si prolungherà fino all 20 gennaio 2013.

Siamo convinte che è una decisione giusta per avanzare nel cammino della pace, della riconciliazione, e che contribuisce a evitare più vittime nella popolazione civile, la più colpita dal conflitto armato.

Ancora una volta la Ruta Pacífica de las Mujeres ribadisce il suo impegno per la pace, il disarmo delle parole, convoca e esige dagli attori del tavolo di negoziazione che non si alzino, finché non abbiano firmato l'impegno a por fine al conflitto armato.

Oggi, i negoziatori iniziano le discussioni sui 5 punti dell'agenda: politica di sviluppo agrario integrale, partecipazione alla politica, 
soluzione al problema delle droghe illecite, il trattamento delle vittime e la fine del conflitto; noi Mujeres de la Ruta Pacifica ci dichiariamo attrici e osservatrici in questo negoziato e perciò esortiamo a prendere in considerazione le iniziative proposte dalle donne e dalla società civile.



Che vergogna la guerra
Tutti e tutte al tavolo dei negoziati
¡Negociación política ya!
 
 
 

lunedì 19 novembre 2012

A Gaza si muore

I morti non sono solo numeri, erano madri, padri, figlie, figli, nonne, nonni... e avevano nomi che ricordiamo qui
 
Ahmad Al-Ja’bary, 52 anni
Mohammed Al-hams, 28 anni
Rinan Arafat, 7 anni
Omar Al-Mashharawi, 11 mesi
Essam Abu-Alma’za, 20 anni
Mohammed Al-qaseer, 20 anni.
Heba Al-Mashharawi, 19 anni, incinta di 6 mesi
Mahmoud Abu Sawawin, 65 anni
Habis Hassan Mismih, 29 anni
Wael Haidar Al-Ghalban, 31 anni
Hehsam Mohammed Al-Ghalban, 31 anni
Rani Hammad, 29 anni
Khaled Abi Nasser, 27 anni
Marwan Abu Al-Qumsan, 52 anni
Walid Al-Abalda, 2 anni
Hanin Tafesh, 10 mesi
Oday Jammal Nasser, 16 anni
Fares Al-Basyouni, 11 anni
Mohammed Sa’d Allah, 4 anni
Ayman Abu Warda, 22 anni
Tahrir Suliman, 20 anni
Ismael Qandil, 24 anni
Younis Kamal Tafesh, 55 anni
Mohammed Talal Suliman, 28 anni
Amjad Mohammed Abu-Jalal, 32 anni
Ziyad Farhan Abu-Jalal, 23 anni
Ayman Mohammed Abu Jalal, 44 anni
Hassan Salem Al-Heemla’, 27 anni
Khaled Khalil Al-Shaer, 24 anni
Ayman Rafeeq sleem, 26 anni
Ahmad Abu Musamih, 32 anni
Osama Abdejjawad
Ashraf Darwish
Ali Al-Mana’ma
Mukhlis Edwan
Mohammed Al-Loulhy, 24 anni
Ahmad Al-Atrush
Abderrahman Al-Masri
Awad Al-Nahhal
Ali Hassan Iseed, 25 anni
Mohammed Sabry Al’weedat, 25 anni
Osama Yousif Al-Qadi, 26 anni
Ahmad Ben Saeed, 42 anni
Hani Bre’m, 31 anni
Samaher Qdeih, 28 anni
Tamer Al-Hamry, 26 anni
Gumana Salamah Abu Sufyan, 1 anno
Tamer Salamah Abu Sufyan, 3 anni
Muhamed Abu Nuqira
Eyad Abu Khusa, 18 mesi
Tasneem Zuheir Al-Nahhal, 13 anni
Ahmad Essam Al-Nahhal, 25 anni
Nawal Abdelaal, 52 anni
Mohammed Jamal Al-Dalou (il padre)
Ranin Mohammed Jamal Al-Dalou, 5 anni
Jamal Mohammed Jamal Al-Dalou, 7 anni
Yousef Mohammed Jamal Al-Dalou, 10 anni
Ibrahim Mohammed Jamal Al-Dalou, 1 anno
Jamal Al-Dalou,(il nonno).
Sulafa Al Dalou, 46 anni
Samah Al-Dalou, 25 anni
Tahani Al-Dalou, 50 anni
Ameina Matar Al-Mzanner, 83 anni
Abdallah Mohammed Al-Mzanner, 23 anni
Suheil Hamada
Mo’men Hamada
Atiyya Mubarak.
Hussam Abu Shaweish,
Samy Al-Ghfeir, 22 anni
Mohammed Bakr Al-Of, 24 anni
Ahmad Abu Amra
Nabil Ahmad Abu Amra
Hussein Jalal Nasser, 8 anni
Jalal Nasser
Sabha Al-Hashash, 60 anni
Saif Al-Deen Sadeq
Ahmad Hussein Al-Agha.
Emad Abu Hamda, 30 anni
Mohammed Jindiyya,
Mohammed Iyad Abu Zour, 4 anni
Nisma Abu Zour, 19 anni
Sahar Abu Zour
Ahed Al-Qattaty, 38 anni
Al-Abd Mohammed Al-Attar
Rama Al-Shandi, 1 anno
Ibrahim Suleiman al-Astal, 46 anni
Omar Mahmoud Mohammed al-Astal, 14 anni
Abdullah Harb Abu Khater 21 anni
Mahmoud Saeed Abu Khater, 34 anni
Rashid ‘Alyan Abu ‘Amra, 45 anni
Amin Zuhdi Bashir, 40 anni
Tamer Rushdi Bashir, 30 anni
Hussam Abdeljawad Ramadan
Ahmad Mahmoud, 20 anni
Mohammed Riyad Shamallakh, 23 anni
A’ed Radi
Ameer Al-Malahi
Ramez Harb
Salem Sweilem
Muhammed Ziyad Tbeil
Arkan Abu Kmeil
Ibrahim Al-Hawajri

 

No alla guerra elettorale!



No alla guerra elettorale!

Noi rifiutiamo la guerra e lo spargimento di sangue.

Rifiutiamo l'ondata di odio e di istigazione contro gli abitanti di Gaza.

Rifiutiamo l'abbandono del Sud per spinte politiche.

Unisciti a noi per manifestazioni e azioni di protesta in tutto il paese

Annuncio pubblicato dalla Coalizione di donne per la Pace, New Profile, il Centro di Informazione Alternativa e Yesh Gvul nella prima pagina del quotidiano Haaretz il 16 di novembre.

domenica 18 novembre 2012

GAZA, QUINTO GIORNO DI ATTACCHI - L'appello dei cooperanti italiani





Pubblichiamo l'appello dei cooperanti italiani che si trovano a Gaza









Siamo al quinto giorno di attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza.

Scriviamo questo comunicato nel mezzo del suono incessante dei bombardamenti, che proseguono ininterrottamente giorno e notte, tenendoci svegli e nel terrore assieme a tutta la popolazione di Gaza. Sentiamo sulle nostre teste il rumore continuo dei droni e dei caccia F16 che sorvolano il cielo della Striscia.

Ogni attacco di questa offensiva militare indiscriminata e sproporzionata riaccende i terribili ricordi di Piombo Fuso.

Al momento le strade di Gaza, solitamente caotiche e affollatissime, sono surrealmente deserte, la gente non può far altro che cercare rifugio nelle proprie case. L’esercito israeliano con l’operazione militare “Pilastro della Difesa” sta colpendo tutta la Striscia di Gaza, spesso in aree densamente popolate mettendo a rischio la vita dell’intera popolazione civile.


Da mercoledì 14 novembre le forze aeree israeliane hanno condotto più di 1000 bombardamenti, decine di attacchi dalle navi militari, portando a 50 il numero dei morti, di cui 13 bambini e 4 donne. Circa 500 persone sono state ferite dagli attacchi, l’80% dei quali sono civili e molte sono in condizioni critiche.

Nella notte del 18 novembre sono stati bombardati gli uffici dei principali organi di informazione palestinesi, un gravissimo attacco deliberato alla stampa e all’informazione che ha causato il ferimento grave di sei giornalisti.

Il Ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, ha dichiarato che l’escalation è iniziata con un’"enorme offensiva partita da Gaza" a cui Israele avrebbe legittimamente risposto con una reazione “molto dura, anche se ampiamente anticipata". Ha inoltre affermato che "è necessaria e urgente un'azione che riduca le tensioni, dia sicurezza a Israele e restituisca un minimo di tranquillità alla Striscia di Gaza".


Non possiamo condividere queste posizioni. Le ostilità sono cominciate giovedì 8 novembre con l’incursione via terra dell’esercito israeliano a est di Khan Younis che ha causato la morte di Hamid Abu Daqqa, un adolescente di 13 anni che giocava a pallone davanti casa. Quella israeliana non è una “dura reazione” ma piuttosto un’offensiva indiscriminata che colpisce principalmente la popolazione civile di Gaza, soggetta da sempre alle incursioni via terra, mare e aria sul suo territorio.

I bombardamenti di cui siamo testimoni in questi giorni colpiscono una popolazione imprigionata dal blocco israeliano, illegale secondo il diritto internazionale umanitario, che da cinque anni impedisce il movimento delle persone e isola quasi completamente la Striscia di Gaza dal resto del mondo.

Il lancio di circa 400 razzi dalla Striscia di Gaza ha causato 3 vittime tra i civili israeliani. Condanniamo ogni attacco nei confronti dei civili.

Non possiamo accettare che il Governo Italiano parli di piena sicurezza da un lato e di un “minimo di tranquillità” dall’altro. Crediamo però che anche la popolazione di Gaza così come quella israeliana abbia diritto ad una piena sicurezza e alla massima tranquillità. Ciò può essere possibile solo con la fine dell’assedio e dell’occupazione, con il pieno rispetto dei diritti umani e della dignità del popolo palestinese.

Ci appelliamo al governo italiano e alla comunità internazionale affinché si adoperino per mettere fine a questa aggressione illecita contro i civili palestinesi. Testimonianze da Ospedale Shifa a Gaza