venerdì 30 dicembre 2011

Un'Altra Manovra E' Possibile?




Ci Dicono che a questa manovra non c'è alternativa



Ci dicono che tutte e tutti noi (tranne i ricchi!) dobbiamo fare sacrifici pesanti per “salvare l'Italia”. Ma non siamo convinte, e ci facciamo qualche domanda.

  • Perché in questo momento di grave crisi economica non un euro è stato tolto al bilancio del Ministero della Difesa? Perché il rigore vale per i/le pensionati/e e il welfare e non per i generali e le spese militari?
  • Perché sono stati confermati i finanziamenti per l’acquisto di 131 cacciabombardieri F35 con una spesa prevista di circa 15 miliardi di euro (che saranno certamente molti di più)?

Nel nostro paese, si spendono per le armi e la guerra:
76 milioni di euro ogni giorno,
3 milioni di euro ogni ora,
50.000 Euro al minuto

I 15 miliardi di € che si spendono per l’acquisto degli F35 equivalgono al 75% dell'ultima manovra del governo Monti, che prevede minori servizi sociali, aumenti delle tariffe e delle tasse, tagli alle pensioni e agli Enti Locali per un totale di 20 miliardi. Se teniamo conto delle manovre che abbiamo già subito nel 2011 dal governo Berlusconi si superano i 60 miliardi.

Con i 15 miliardi che si potrebbero risparmiare cancellando l’acquisto degli F35, si potrebbero costruire 2000 nuovi asili pubblici, mettere in sicurezza oltre 10.000 scuole, garantire un’indennità di disoccupazione di 700 € per 6 mesi ai lavoratori parasubordinati che perdono il posto di lavoro.



In tutta la discussion in atto sulla manovra finaziaria, quasi totale
è il silenzio di destra e sinistra e dei media sul nostro bilancio della difesa.


Perché nessuno descrive lo scenario provocato dalle guerre condotte anche dai nostri governi calpestando la Costituzione e il diritto internazionale? Guerre che vengono chiamate “missioni di pace” ma in realtà provocano lutti, terrore, disperazione, stragi di civili, accaparramento da parte delle potenze occidentali di risorse per mantenere il loro modello di sviluppo. La manovra Monti assegna 700 milioni di euro per le “missioni di pace” anche se proprio in questi giorni è stato accertato che la NATO, nella guerra di Libia, ha provocato la morte di decine (centinaia?) di civili, che diceva di voler proteggere. E la NATO ha dovuto ammetterlo.

L’unica cosa certa è che le numerose guerre degli ultimi 20 anni non hanno risolto alcun conflitto, anzi spesso hanno lasciato una situazione peggiore.

BASTA CON QUESTA POLITICA DI MORTE

TAGLIAMO LE SPESE PER LE ARMI E LA GUERRA

martedì 20 dicembre 2011

Novembre con Le Donne Colombiane


Teresa Aristizabal - Mujer de Negro della Ruta Pacifica di Medellin - è stata il Italia dal 29 al 28 ottobre, realizzando insieme a noi incontri in diverse città. Scrive Patricia, che ha dato l'avvio all'iniziativa e organizzato questo tour:

"E' stata una esperienza molto bella, abbiamo vissuto momenti molto speciali di incontro di Teresa con istituzioni, organizzazioni e associazioni o gruppi di donne, gente che partecipava agli eventi pubblici ma anche giornaliste/i. L'entusiasmo e l'interesse che Teresa ha sempre suscitato sono stati straordinari, così come è stato straordinario per me che l'ho avuta ospite in casa mia e per le DIN di Bologna e non solo, e mi azzardo a interpretare tutte le altre che l'hanno ospitata nelle loro città (Torino, Schio, Vicenza, Padova, Modena), il rapporto di vicinanza, di affettuosità, di scambio e apprezzamento reciproco. E' stata direi anche la prima vera occasione in cui dopo un incontro internazionale abbiamo potuto parlare in molti luoghi della nostra esperienza e dare voce a chi aveva ospitato il XV Incontro Internazionale DIN oltre a poter dare seguito a quanto ci siamo proposte lasciando l'incontro. Ora si tratta di raccogliere i frutti dei mille semi che tutte abbiamo sparso..."


I semi hanno dato frutto: nell'intorno del 25 Novembre, Giornata Internazionale per l'Eliminazione della Violenza sulle Donne, molti gruppi DiN hanno organizzato su questo tema le proprie tradizionali manifestazioni di donne in nero: unendovi performances, flash mob, iniziative pubbliche con altre e altri.


Mentre ci stavamo preparando (anche ad un eventuale collegamento diretto con Buenaventura), veniamo a sapere che la situazione in Colombia, e in particolare nella regione di Valle del Cauca, a causa del maltempo e della tensione in seguito agli ultimi avvenimenti, impedisce l'installazione prevista di uno schermo gigante che sarebbe dovuto arrivare da Bogotà; Martha ci scrive raccontandoci il programma delle attività che prevedono di svolgere a Buenaventura:
""25 ore il 25 Novembre contro la violenza NI UNA MAS: questo è il titolo. Non avremo uno schermo gigante ma 4 grandi schermi led ubicati una in ogni angolo della piazza.
Noi inizieremo alle 24 del 24 Novembre con 4 programmi radio di coscientizzazione sulla violenza contro le donne in cui molte nostre voci si ascolteranno attraverso queste onde sonore.
I programmi radio dureranno fino alle 05:00 del mattino. Questa ora la chiamiamo "Alborada" (o "amanecer") e sarà molto rumorosa per rendere visibile la nostra giornata nella comunità.
A partire da questo momento si iniziano attività nei diversi quartieri e istituzioni educative.
A mezzogiorno iniziamo nello spazio degli schermi nella piazza...
Alle 19 viene organizzato un atto centrale delle Donne in Nero e della Ruta Pacifica, atto molto importante perché dà inizio alle attività della notte che realizzeremo nel centro della città, visitando bar, "negocios de fiestas y ruidos", sfidando un po' il pericolo, per coscientizzare tutti su questo tema; staremo così fino all'una di notte."


Le nostre attività in Italia continuano: raccogliamo firme sulle lettere all'Ambasciata Colombiana e le spediamo; nelle nostre istituzioni locali cerchiamo contatti per invitarle a prendere posizione, a dichiarare solidarietà alle donne colombiane e a invitare le istituzioni corrispondenti a fare quanto previsto dalle leggi nazionali e internazionali; prepariamo lettere da inviare alle parlamentari e alle europarlamentari italiane, invitando anche altre Donne in Nero Europee a fare altrettanto in occasione del 25 novembre.

Per i collegamenti SKYPE, a causa dei fusi orari, conveniamo che sia meglio che il collegamento sia fatto da Bologna a nome di tutte noi; le altre città cercheranno di registrare sul web videomessaggi prima del 24, in modo che possano essere trasmessi a Buenaventura nella piazza dell'Alcaldia, o nei momenti che le nostre amiche riterranno più opportuni.

E da noi:



  • A BERGAMO le Din manifestano nel pomeriggio del 25 davanti al comune, per poi partecipare ad un incontro organizzato dal Consiglio delle Donne del Comune di Bergamo.
  • Ad ALBA nella manifestazione delle DiN c’era anche Amnesty con due appelli e le lettere per l’ambasciata di Colombia; e nel festeggiare i loro 20 anni registrano un breve videomessaggio che riguarda le compagne colombiane.
  • A BOLOGNA , oltre alla manifestazione, ci sono stati molti incontri e prese di posizioni ufficiali delle istituzioni; c’è un videomessaggio dalla Provincia inviato in Colombia, [www.provincia.bologna.it/probo/Multimedia/donneinneroprovincia.mp4], un altro video [http://youtu.be/cR3UEqZbF2s], uno del Comune [http://youtu.be/oXF-RsFyWzA], e finalmente quello della manifestazione.


    Dopo la manifestazione Patricia ci scrive "Purtroppo il collegamento SKYPE non è riuscito, quando mi sono collegata da casa con Martha, lei mi ha detto che le linee erano molto mal messe e per questo non si sono potute collegare. Abbiamo aspettato fino alle 9.00 al freddo rimanendo sempre più in poche ma purtroppo non è successo nulla. Abbiamo distribuito muñecas de proteccion che abbiamo fatto noi e qualche altra donna, sono state accolte molto bene.”
  • A COMO la presenza silenziosa del 25 è dedicata alle donne colombiane.
  • A FANO una prima manifestazione con striscione, le manine e un tavolino con materiale d'informazione e le lettere per l'Ambasciata Colombiana, poi un incontro pubblico, con proiezione di film; c'è stata partecipazione, ma soprattutto adesione e consapevolezza. Nella foto, appeso al tavolino dietro Roberta. si vede un grande cuore rosso, è il nostro forte abbraccio alle donne colombiane.
  • A MODENA nel consiglio provinciale mercoledì 23 ore 15,00 nel cui o.d.g. si ricordano le donne della Colombia; e c’è un appello della consigliera comunale in loro sostegno.
  • Anche a NAPOLI si è tentata la connessione senza riuscirci. Il 23, nell’uscita tradizionale, le DiN hanno invitato a partecipare all’evento del 25. Poi il 25 hanno prima partecipato al Consiglio Comunale tematico sulla violenza alle donne, e poi, all'interno del Maschio Angioino, insieme all'UDI hanno fatto l'incontro tutto dedicato alle donne di Buenaventura, con proiezione del filmato della Ruta, con il racconto e proiezione di foto dell'esperienza dell'incontro a Buenaventura. L'Assessora alla Pari Opportunità si é fatta carico, dopo la raccolta di molte firme, di convocare il Console di Napoli e consegnarle ufficialmente.
  • A PADOVA il 25 novembre ha visto al mattino un flash mob delle DiN e al pomeriggio l’uscita tradizionale, entrambe le iniziative sono state realizzato insieme con le donne del coordinamento provinciale “Senonoraquando”; oltre alle foto é stato realizzato un video che vuole essere un messaggio affettuoso per le donne colombiane.
  • A RAVENNA manifestazione con volantino, manine e cartelloni colorati, prendendo a prestito le parole e il linguaggio simbolico dei colori delle donne colombiane .
  • A SCHIO erano più di 35 donne in piazza; hanno preparato un mandala di rami verdi, fiori (ortensie, crisantemi gialli e bianchi, fiori profumati del nespolo giapponese). In mezzo la scritta STOP FEMMINICIDIO e la farfalla di Bogotà, e frasi scritte su cartoncino. Sulla parete del duomo hanno proiettato le immagini di Buenaventura. Hanno spiegato il significato della manifestazione e, prendendosi per mano, sono rimaste in silenzio. È stato importante coinvolgere tante donne (tante per Schio) e far approvare dal Consiglio Comunale l'o.d.g sulla violenza alle donne e il sostegno alle Donne di Buenaventura.
  • A TORINO nell’uscita del 18 si danno indicazioni dei successivi incontri: il 23 con le classi degli istituti superiori della circoscrizione 6, con Amnesty e i teatranti di Giallo Palo; il 25 con Amnesty; il 27 con Alma Terra, Giallo Palo, Amnesty. Proiezione di video, foto, racconti e testimonianze da parte nostra. Il videomessaggio è stato registrato il 23, per poterlo inviare in tempo.
  • A UDINE le Donne in Nero sono uscite in piazza con una performance molto suggestiva
  • A VERONA le Donne in Nero sono uscite con volantini e cartelli.

martedì 22 novembre 2011

25 ORE IL 25 NOVEMBRE CONTRO LA VIOLENZA - NI UNA MAS.

Il 25 novembre è il giorno stabilito dalle Nazioni Unite nel 1999 come Giorno Internazionale per l'Eliminazione della Violenza Contro le Donne: una data che ricorda l'assassinio nella Repubblica Dominicana nel 1960 delle tre sorelle Mirabal che si opponevano al dittatore Trujillo, per il cui ordine furono uccise. Purtroppo, in questi anni la situazione non è migliorata.
Insieme alle organizzazioni di donne di tutto il mondo, denunciamo la violenza sulle donne, quella politica e legata ai conflitti armati, così come quella domestica che in tutti i paesi è la prima causa di morte per le donne.


Quando in tutto il mondo le donne rivendicano la loro libertà di decidere della propria vita, molti, troppi uomini reagiscono con rabbia infliggendo umiliazioni, esclusioni, percosse e violenze. E’ proprio il persistere della disparità di potere tra uomo e donna a causare i conflitti più diversi, dall’ambito familiare, privato, a quello politico dei rapporti tra le nazioni.


Là dove imperversano guerre e conflitti armati, la voce delle donne è cancellata dal rumore delle armi: alle loro richieste di dignità, rispetto e libertà si risponde con violenze, stupri, omicidi. Non già incidenti di percorso, effetti collaterali, come molti, troppi uomini sostengono, ma strumenti deliberatamente pianificati.

Nell'agosto di quest'anno si è tenuto a Bogotà in Colombia il XV Incontro Internazionale delle Donne in Nero: abbiamo così potuto conoscere la difficile situazione delle donne colombiane in particolare quelle che vivono nella città di Buenaventura dove tutti gli attori armati sono presenti, dai paramilitari alla guerriglia, dai narcotrafficanti all’esercito, alla polizia, in lotta per il controllo del territorio. 
Ne deriva una pesante militarizzazione della vita civile, una concezione della sicurezza basata sul ricorso alle armi, la delazione, la violenza come forma di gestione dei conflitti, con gravi conseguenze sulla vita della popolazione, soprattutto femminile.

Ma le donne sono anche molto organizzate e reagiscono chiedendo giustizia con coraggio e tenacia.

Il 24-25 Novembre a Buenaventura 
Le donne colombiane della Ruta Pacifica lancieranno 25 ore di attività:

  • Programmi radio di coscientizzazione sulla violenza contro le donne. I programmi radio dureranno fino alle 05:00 del mattino. Questa ora la chiamiamo "Alborada" (o "amanecer") e sarà molto rumorosa per rendere visibile la giornata nella comunità.

  • Attività nei diversi quartieri e istituzioni educative.

  • A mezzogiorno saranno in piazza dove ci saranno degli schermi videomessaggi di solidarietà saranno mostrati

  • Alle 14:00 alla Camera Di Commercio i risultati dell'indagine sulle cifre della violenza sulle donne saranno resi pubblici. I saluti delle donne in nero italiane, spagnole, e statunitensi verranno ricevuti.
  • Alle 19 viene organizzato un atto centrale delle Donne in Nero e della Ruta Pacifica, atto molto importante perché dà inizio alle attività della notte che realizzeremo nel centro della città, visitando bar, "negocios de fiestas y ruidos", sfidando un po' il pericolo, per coscientizzare tutti su questo tema; staremo così fino all'una di notte.
Noi, come Donne in Nero, ci siamo impegnate a promuovere nei nostri paesi varie iniziative a sostegno delle donne della Colombia.

Cosa facciamo in Italia intorno al 25 novembre  



Si terranno vigil delle Donne in Nero sulla situazione delle donne colombiane;

18 Novembre a Torino

25 Novembre:

  • A Padova, Piazza dei Signori, ore 16.00

  • A Schio, Piazza A. Rossi, Ore 18.00

  • A Bergamo, davanti a Palazzo Frizzoni, Ore 16.30

  • A Bologna, Piazza Re Enzo , Ore 17.30

  • E anche a Como e Fano.
26 Novembre
  • A Alba, Via Maestra davanti a S. Damiano, Ore 18.00

  • A Udine, Piazza Belloni, Ore 16.30

  • E anche a Ravenna e Verona
Altre attività:
23 Novembre


  • Le Donne in Nero di Bologna avranno una connessione via Skype con la Ruta Pacifica a Medellin;

  • A Torino, incontro con studenti delle scuole superiori e con altre organizzazioni

25 Novembre

  • Saranno inviati videomessaggi alle donne colombiane dal Comune di Bologna e da altre città dei dintorni, organizzati con i gruppi e le associazioni che hanno incontrato Teresa Aristizabal durante il suo soggiorno in Italia.

  • A Fano, in serata, proiezione di un film contro la violenza sessuale nei conflitti armati.

  • A Napoli, attività con il Comune di Napoli e altre associazioni di donne, Maschio Angioino, Sala della Loggia, ore 16-19.

  • A Padova, si terrà un flash-mob che sarà registrato e inviato come videomessaggio in Colombia.

  • A Torino le Donne in Nero parteciperanno all'incontro organizzato da Amnesty International sulla loro campagna contro la violenza sulle donne in Colombia, Bistro Pausa Cafe, Corso Torino 78, Gruigliasco, ore 21.
27 Novembre
  • A Torino, incontro pubblico sulla violenza contro le donne, in Colombia e in Sud America.

Inoltre:

  • Continuiamo a raccogliere firme di singoli/e sulla lettera preparata per l'Ambasciata Colombiana in Italia, di cui abbiamo già spedito molte copie

  • Abbiamo anche preparato lettere che abbiamo inviato alle nostre Parlamentari e alle Palamentari EU;

  • Abbiamo anche chiesto a membri delle istituzioni locali, come il Comune, la Commissione pari Opportunità, o simili, di prendere posizione contro la violenza sulle donne e il femminicidio, e di scrivere una dichiarazione da inviare alle corrispondenti istituzioni in Buenaventura.

Videomessaggi

Torino abbraccia Buenaventura (3 parti)









Provincia di Bologna

martedì 15 novembre 2011

Liberate i Freedom Riders Palestinesi


Colui che accetta passivamente il male è tanto coinvolto quanto chi aiuta a perpetrarlo. Accettare il male senza protestare contro di esso è davvero cooperare con esso

Martin Luther King

Oggi, un gruppo di palestinesi ha messo in campo un'azione per protestare contro le politiche di segregazione, in West Bank, tentando di prendere un autobus per Gerusalemme, interdetto ai Palestinesi.

Sono riusciti a prendere il quinto autobus che è passato (gli altri non si sono fermati), arrivando fino al checkpoint di Hizma, seguiti dai soldati israeliani.
Una volta lì, l'autobus è stato fatto entrare, intenzionalmente, per pochi metri sul lato israeliano, l'autista è stato mandato via, i soldati hanno circondato l'autobus e ai Palestinesi sono stati controllati e ritirati i documenti. Inviati a scendere, i palestinesi hanno offerto una resistenza passiva, reclamando il proprio diritto ad andare a Gerusalemme. Poi i soldati li hanno fatto scendere con la forza.

Sono stati tutti portati al posto di polizia di Atarot. L'accusa è di "ingresso illegale" in Israele.

Scriviamo a Netanyahu e al Governo israeliano, chiedendo il rilascio dei "Freedom Riders" Huwaida Arraf, Fadi Quran, Mazen Qumsiyeh, Bassel Al Araj, Badee' Kweik e Nadeem Alsharbati:

bnetanyahu@knesset.gov.il
noc@tehila.gov.il

domenica 13 novembre 2011

Freedom Riders Palestinesi Sfidano la Segregazione


Attivisti palestinesi dei comitati popolari ripeteranno i viaggi del Movimento per i diritti civili negli Stati Uniti verso il Sud salendo in Cisgiordania sugli autobus pubblici israeliani segregati, verso Gerusalemme est occupata.


Quando:
martedì 15 novembre 2011 -
punto di incontro al Palazzo della cultura di Ramallah.




Martedì prossimo, attivisti palestinesi tenteranno di salire sugli autobus pubblici israeliani che andranno dalla Cisgiordania a Gerusalemme est occupata, come atto di disobbedienza civile ispirata dal movimento statunitense per i diritti civili degli anni '60.


Cinquanta anni dopo quei "viaggiatori per la libertà" che organizzarono percorsi di autobus con bianchi e neri per le strade del Sud statunitense segregato, i viaggiatori della libertà" palestinesi affermeranno il loro diritto alla libertà e dignità creando scompiglio nel regime militare dell'occupazione, attraverso la disobbedienza civile.




I viaggiatori della libertà intendono mostrare i tentativi di Israele di tagliar fuori Gerusalemme est occupata dal resto della Cisgiordania e il sistema di apartheid che Israele ha imposto ai palestinesi nei territori occupati.


Alcune compagnie israeliane, tra cui Egged e Veolia, gestiscono decine di linee che attraversano la Cisgiordania e Gerusalemme est occupate, molte di loro vengono finanziate dallo Stato. Attraversano diverse colonie israeliane, collegandole tra loro e con le città in Israele. Anche per alcune linee che collegano Gerusalemme ad altre città in Israele, come Eilat e Beit She'an, è previsto il passaggio attraverso la Cisgiordania.

Gli israeliani non subiscono quasi nessuna limitazione alla loro libertà di movimento nei territori occupati palestinesi ed è concesso loro perfino di insediarvisi, contro il diritto internazionale. Invece, ai Palestinesi non è consentito entrare in Israele senza un permesso speciale delle Autorità israeliane. Perfino il movimento dei palestinesi all'interno dei territori occupati è pesantemente limitato, poiché l'accesso a Gerusalemme est occupata e circa l'8% della Cisgiordania nell'area di confine sono vietati, senza analogo permesso.


Dato che ufficialmente non è proibito ai palestinesi di usare il trasporto pubblico israeliano in Cisgiordania, queste linee sono effettivamente segregate, dal momento che molte di loro passano attraverso insediamenti solo ebraici, ai quali è vietato l'accesso ai palestinesi per decreto militare.


http://www.popularstruggle.org/

sabato 12 novembre 2011

NO AGLI F35



L'acquisto e l'assemblaggio di cacciabombardieri F-35 nello stabilimento che Lockheed Martin ed Alenia stanno facendo costruire all'interno dell'aeroporto militare di Cameri, a pochi chilometri da Novara, costituiscono l'ennesimo spreco di soldi pubblici.

La ditta vicentina Maltauro, che ha vinto l'appalto per la costruzione dei capannoni dall'inizio del 2011, ha cominciato i lavori.

Mentre si tagliano spese sociali, sanità, pensioni, scuola, ecc., si spendono venti miliardi di euro per produrre strumenti di morte e distruzione (131 sono i cacciabombardieri che saranno acquistati dall'Italia).



Scarse saranno le ricadute occupazionali sul territorio; al contrario queste risorse saranno sottratte ad altre attività socialmente utili che creerebbero posti di lavoro e benefici sociali (energie pulite e rinnovabili, servizi sociali, istruzione, ricerca, cultura, difesa del territorio, ecc.)

Inderogabili ragioni morali contrarie alla guerra e a tutte le fabbriche di armi, unite alla pesante crisi economica, che viene fatta pagare ai cittadini (soprattutto ai ceti sociali più deboli) e tocca le tasche e la vita di tutti, ci costringono a prendere una posizione chiara e decisa.

Per questo continuiamo un percorso di decisa critica pubblica al progetto e proponiamo una Manifestazione di carattere nazionale da tenersi a Novara nella giornata di sabato 12 novembre 2011.


Chiediamo l'apporto plurale di diverse realtà che concordino nel contrastare la costruzione e l'acquisto dei cacciabombardieri F-35 (ed il relativo spreco di almeno venti miliardi dei nostri soldi) e rivolgiamo un appello a tutte/i ad aderire e partecipare.



lunedì 31 ottobre 2011

Que Verguenza la Guerra! Che Vergogna la Violenza



"In Colombia, le donne e le ragazze sono spesso trattate come trofei di guerra. Vengono stuprate e sono soggette ad altri abusi sessuali da tutte le parti in conflitto, per ridurle al silenzio e punirle"

Con queste parole, Susan Lee, direttrice del programma Americhe di Amnesty International, ha lanciato il nuovo rapporto di Amnesty sul conflitto in Colombia intitolato "Questo è ciò che pretendiamo: giustizia! L'impunità per la violenza sessuale contro le donne nel conflitto armato in Colombia", che mostra come i diritti alla verità, alla giustizia e al risarcimento di coloro che hanno subito violenza sessuale continuino a essere negati dalle autorità.

Dopo l'incontro internazionale delle Donne in Nero a Bogota' Colombia, un gruppo di 22 donne italiane e spagnole sono andate a Buenaventura,porto sulla Costa del Pacifico nella regione Valle del Cauca dove la violenza contro le donne ha raggiunto tali livelli che si deve parlare di femminicidio. Si sono impegnate a rompere il silenzio sulla violenza contro le donne e l'impunità con cui agiscono tutti gli attori armati e hanno steso questa dichiarazione:

Noi Donne in Nero, che abbiamo partecipato al XV Encuentro internazionale di Bogotà, siamo femministe contro la guerra e ogni forma di violenza, crediamo nella rete di sostegno reciproco tra le donne contro l’invisibilità, il silenzio, l’impunità e la complicità di fronte alla violenza e ai crimini contro le donne.

Considerando che:

  • Le morti violente e gli abusi di ogni tipo contro le donne a Buenaventura sono aumentate in modo sostanziale e che le risposte istituzionali sono state insufficienti favorendo impunità e dimostrando complicità;
  • il conflitto armato, la militarizzazione della vita civile, la povertà hanno aggravato ogni violenza specifica contro le donne;
  • questa violenza tanto drammatica non colpisce solo i corpi e le vite delle donne, ma anche impedisce loro di esprimersi liberamente e di immaginarsi un futuro senza paura
  • la mancanza di riconoscimento e del rispetto della vita e dei diritti delle donne provengono da una visione sessista e patriarcale associata alla violenza sulle donne.

Esigiamo:

  • giustizia per le donne, l’applicazione di tutte le leggi nazionali e le convenzioni internazionali relative al riconoscimento dei diritti delle donne;
  • che i crimini commessi contro le donne in quanto donne siano riconosciuti come femminicidio e che questo sia assunto nella legge colombiana come lo esigiamo in tutti i paesi del mondo;
  • che le autorità garantiscano la partecipazione delle donne alla vita sociale, politica, economica, il loro “empowerment”, sostenendo concretamente le organizzazioni delle donne che agiscono in questo ambito;
  • che le istituzioni prendano le misure adeguate nel campo dell’educazione e della comunicazione per sradicare ogni discriminazione e ogni forma di linguaggio che giustifichino e aggravino la violenza contro le donne.

Noi donne attiviste della Rete Internazionale delle Donne in Nero, ci impegniamo a denunciare questa situazione e a farla conoscere a tutti i livelli, sollecitando le istituzioni nazionali e internazionali a far pressione sul governo colombiano affinché rispetti i diritti delle donne.
Diamo tutto il nostro appoggio alle organizzazioni delle donne colombiane per un processo di uscita negoziata dal conflitto armato.

Rapporto del viaggio a Buenaventura

Durante il loro soggiorno in Colombia hanno invitato Teresa de Jesus Aristizabal Sanchez a visitare l'Italia. Teresa è una delle fondatrici della Ruta Pacifica de las Mujeres e si occupa dei diritti umani delle donne in Colombia, in particolare dei diritti sessuali e riproduttivi. Ha svolto intenso lavoro con le donne colpite da violenza sociale e politica in contesti di conflitto armato. Durante il mese di Ottobre ha participato a riunioni in diverse città italiane.




Invitiamo tutti a unirsi a noi a rompere il silenzio sulla violenza sulle donne in Colombia: Invia lettere all'ambasciata Colombia Ecco un esempio:

lettera ambasciata Colombia






Il 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
le donne in nero si uniranno alle donne della Ruta Pacifica nel esigere la fine
della guerra, della violenza, e dell'impunità. Unisciti a noi.

Ultime notizie dalla Libia “Liberata”

Abbiamo visto tutte e tutti le immagini dalla Libia “liberata” a colpi di bombe (tra 50.000 e 100.000 in circa otto mesi) e di che cosa si preoccupa Mustafa Abdul-Jalil, presidente del Comitato di Transizione Nazionale? Della distribuzione dell'acqua? Della ricostruzione di case, strade, ospedali? Del latte per i bambini?

No: il primo atto pubblico, il 23 ottobre 2011, è stato quello di dichiarare che in futuro le leggi libiche si baseranno sulla sharia, il codice islamico.

Ci spiace non sapere quale interpretazione verrà data della sharia, perché – come ci dicono le donne del WLUML (Women Living Under Muslim Law - Donne che vivono sotto le leggi Mussulmane):

Le leggi cosiddette islamiche, considerate conformi con la sharia, variano enormemente da paese a paese, provando così che sono fatte da uomini e non date da Dio. Inoltre includono elementi della cultura e delle tradizioni, che non hanno nulla a che fare con la religione, così come includono leggi coloniali quando queste si adattano meglio agli interessi del patriarcato locale.



Dove e quando è stata applicata la sharia, le leggi che ne sono derivate hanno colpito pesantemente i diritti delle donne: nel matrimonio, nel divorzio, nella poligamia, nell'eredità... tutto quello che riguarda la famiglia e la condizione di cittadine.

I diritti delle donne non fanno parte della democrazia?

E allora, perché i nostri paesi hanno fatto questa guerra?

Qualche sospetto ci è venuto leggendo che “nello stesso giorno in cui Gheddafi veniva ucciso, la marina militare [italiana] annunciava di aver ripristinato le strutture ENI per lo sfruttamento del gas libico e Finmeccanica riapriva, in Libia, lo stabilimento elicotteristico Agusta-Westland. ”

Del resto Sarkozy e Cameron hanno raccomandato agli imprenditori francesi e inglesi di andare in Libia e fare affari; si tratta di appropriarsi direttamente di quelle risorse che una volta erano ottenute attraverso accordi commerciali con Gheddafi. “Il suo petrolio alimentava gran parte dell'Italia automobilistica e il suo gas faceva funzionare, sempre nella Penisola, una buona porzione delle industrie. È ancora così. ”

Proprio cento anni fa, nell'ottobre del 1911, l'Italia iniziava la feroce guerra di conquista della Libia; adesso è tornata a suon di bombe con la NATO. Per di più la guerra attuale ha provocato grandi lacerazioni e conflitti anche all'interno della popolazione: il rais è morto, ma il paese è stremato e distrutto da una guerra civile non ancora conclusa. “L'odio seminato dalla presenza neocolonialista dell'Occidente provocherà ancora scontri e vittime."


Dichiarazione delle Donne che Vivono sotto le Leggi Mussulmane

76 laici e difensori dei diritti umani, tra cui Mina Ahadi, Nawal El Sadaawi, Marieme Hélie Lucas, Hameeda Hussein, Ayesha Imam, Maryam Jamil, Maryam Namazie, Taslima Nasrin, Farida Shaheed, Fatou Sow, e Stasa Zajovic hanno firmato un Manifesto per un Medio Oriente e Nord Africa liberi e laici. Alla luce dei recenti pronunciamenti del non-eletto Consiglio transitorio libico per le "leggi Sharia", le firmatrici del manifesto si oppongono con veemenza al dirottamento delle proteste da parte dell'islamismo o del militarismo guidato dagli stati uniti e sostengono in modo inequivocabile la richiesta di libertà e di laicità fatte da parte dei cittadini e in particolare delle donne della regione. La laicità è il presupposto minimo per un Medio Oriente libero e per il riconoscimento dei diritti e dell'uguaglianza delle donne.

Per sostenere la campagna:
Firma la petizione www.change.org/petitions/world-citizens-defend-a-free-and-secular-middle-east-and-north-africa

lunedì 3 ottobre 2011

XV Encuentro dell Donne in Nero: Provocazioni e Workshops




Alcune sessioni del Encuentro sono state divise fra provocazioni e workshops.

Qui sotto sono elencati le provocazioni e i workshops, cliccando un link si apre il rapporto:

Provocazioni






Workshops


Poi c'erano lavori di gruppo, divise per aree regionali, con l’obiettivo di fare il punto sulla situazione attuale delle donne che vivono “dentro” il conflitto armato. Le alternative e le sfide della rete delle Donne in Nero. Le Din Italiane hanno participato nel gruppo di Europa e i Balcani.

domenica 2 ottobre 2011

Racconto del XV Encuentro in Bogotà 15-20 agosto 2011


Questo racconto è stato costruito a partire dagli appunti e ricordi di Sue, WiB di Londra, e di Marianita, Giuliana, Odilla, Giannina, Manuela, Barberina, Mariangela, Anna, Elisabetta, che hanno partecipato all’Encuentro.

Le partecipanti internazionali sono state accolte all’aeroporto, un’accoglienza incredibilmente calda che ha dato il tono dell’intero evento (e Shima e Erica – le meravigliose organizzatrici della Ruta Pacifica – hanno passato tre giorni all’aeroporto per dare il benvenuto a donne da 15 paesi).

Sono venute circa 300 donne, 200 da 9 regioni della Colombia e circa 100 da: Belgio, Bosnia Erzegovina, Repubblica Popolare del Congo, Ecuador, Honduras, India, Israele, Italia, Palestina, Perù, Serbia, Spagna, UK, Uruguay e USA. Il contingente più grande è arrivato da Italia e Spagna.

Lunedì 15 agosto

Il benvenuto ufficiale per le donne internazionali si è svolto presso l’hotel Augusta, dove siamo alloggiate, lunedì 15, con 4 artiste mime-fate (Las Mima-Hadas) che hanno offerto fiori a ogni donna, ci hanno legato braccialetti neri al polso (eravamo invitate a esprimere un desiderio che si sarebbe avverato alla rottura del braccialetto); all’atto della registrazione ci è stata consegnata una borsa piena di regali (saponette, mappa di Bogotà, il programma, il badge, ecc. – tutto con il bel logo dell’ Encuentro). Così l’accoglienza è stata meravigliosamente calda, e ha superato le barriere linguistiche.

Martedì 16 agosto

Il martedì è iniziato con il benvenuto in tarda mattinata per le donne colombiane presso il loro albergo, l’Hotel Dan; a ciascuna è stato dato un rametto di olivo e regali, una donna per ciascuno dei 9 distretti ha portato un simbolo della propria regione (Bogotà, Bolivar, Antioquia, Santander, Risaralda, Chocò, Cauca, Valle del Cauca, Putumayo).

Pranzo, come anche nei giorni successivi, tutte insieme all’Hotel Dan.
Poi c’è stato l’atto inaugurale nella sede del convegno, il Centro culturale Gabriel Garcia Marquez, con il rituale di benvenuto da parte delle donne colombiane alle Donne in Nero del mondo: sulla pedana del palco ci sono fasci di rose e una rete con origami di fiori e farfalle; una donna per ognuno dei 15 paesi rappresentati ha formato un circolo e ha spento una candela mentre Clara (di Medellin) suonava le campanelle della pace.

Abbiamo assistito alla proiezione del bel video di Sofia Segura di Siviglia sui convegni passati delle DiN, abbiamo ascoltato un “canto di amicizia” e la lettura di un poema di denuncia del militarismo, entrambi della Colombia, donne colombiane hanno dato una rosa gialla a ciascuna delle internazionali: il giallo è il colore della verità – è stato detto – e per le colombiane è importante che si faccia verità sul conflitto armato.

Alla fine Marina Gallego, Coordinatrice Nazionale della Ruta Pacifica in Colombia, ha aperto l’Encuentro con un’introduzione che a nome della Ruta e delle DiN colombiane esprimeva la gioia di vedere presenti – in un paese in cui è in corso un conflitto armato e dopo tanti anni di impegno faticoso per organizzare il convegno – donne da tutto il mondo che si oppongono ai militarismi.

Sottolineava poi che il patriarcato, cui il femminismo si oppone, è cultura militarista, logica amico-nemico, autoritarismo, controllo verticale della società; in Colombia il conflitto armato prosegue da circa 50 anni, associato a militarismo e delazione. Vogliamo ribellarci reagendo in modo creativo, con l’empatia, la solidarietà, il femminismo. Il militarismo aumenta il rischio per le donne: le donne quindi devono essere unite per negoziare la fine delle cause strutturali della guerra. Qui esprimeremo le nostre denunce, gli effetti sulla vita, sulla società e specialmente sulle donne. Qui rafforzeremo la resistenza contro le guerre. Rifacendosi all’esperienza non solo delle donne colombiane, ma in generale dell’America Latina, accennava ai temi chiave:
  • Ribellione: capacità di reagire anziché disperarsi
  • Empatia e solidarietà
  • Capacità di agire unite rispetto alle cause strutturali della guerra: discriminazioni, razzismo, xenofobia, capitalismo, patriarcato
  • Rafforzamento delle DiN a livello locale, nazionale e internazionale
  • Ricerca di soluzioni negoziate al conflitto armato in Colombia col sostegno delle DiN.

Prima di iniziare con le relazioni, Shima Pardo, responsabile degli aspetti organizzativi, dà informazioni e consigli per i prossimi giorni; quindi Clara Inés Mazo, che insieme a Silvia Luna curerà la regia di tutto l’Encuentro, spiega il ruolo delle “Mima-Hadas” (o mimadas) che animeranno tutte le plenarie: “Mimas” perché tutte noi Donne in Nero abbiamo scelto il nero e silenzio perché i nostri corpi e i nostri gesti parlino; “Hadas”, cioè Fate, perché sono donne fantastiche che ci accompagnano nei nostri sogni, che ci proteggono; in Colombia la parola “mima-hada” indica una donna a cui piace molto l’affettuosità, l’amore, essere toccata e coccolata e a noi questo piace molto.

  • Piedad Cordoba [avvocata, fino a poco fa senatrice nel Congresso di Colombia] ringrazia la Ruta Pacifica per averla invitata, per il suo operato e per aver organizzato questo incontro a Bogotà, ringrazia tutte le partecipanti all’incontro.
  • Dal dibattito che è seguito, con le mimadas che portavano il microfono nella sala, mimando varie scene e un balletto.
Marina Gallego: ringrazia Dareen per averci illustrato la situazione palestinese e invita per domani alle 7.30 ad una colazione di lavoro all’Hotel Augusta con Piedad; è una donna molto minacciata e come Ruta Pacifica credono necessario darle protezione; vogliono sentire noi e chiedono il nostro appoggio.

Il pomeriggio si conclude con i canti di una donna, che viene presentata come molto vicina alle Donne in nero e capace di coinvolgere; è accompagnata con vari strumenti da due uomini.


Mercoledì 17 agosto

Colazione di lavoro con Piedad Cordoba si svolge nell’albergo, alle 7.30, la colazione con Piedad, che è stata illegalmente espulsa dal Congresso per la sua posizione sulla pace.


Marina Gallego e altre: si propone di firmare un testo di appoggio al lavoro di Piedad al termine dell'Encuentro, testo da far circolare anche in altri paesi. Ci sono già lettere di sostegno, firmate da nomi importanti, come Rigoberta Menchu, Isabel Allende, le Madres de Plaza de Majo.

[Nei giorni seguenti, a seguito del precipitare della situazione di Piedad, costretta a lasciare il paese in seguito ad accuse e minacce sempre più pesanti, si decide di non prendere subito posizione come internazionali, aspettando dalle donne colombiane, che seguono da vicino gli eventi, suggerimenti sui tempi e modi per farlo.]

Riprendiamo nella sede del Centro Culturale dove si svolge l’Encuentro; all’inizio dei lavori abbiamo visto il film delle WiB di Londra e quello delle Madri del Parco Laaleh a Teheran.


Mariangela Santini ha presentato la testimonianza delle donne italiane (gruppo "Donne NO dal Molin" e "Donne in rete per la Pace") contro la base USA a Vicenza, donne che da 5 anni ormai portano avanti questa lotta.

Testimonianze internazionali su situazioni di guerra e post guerra

In apertura appaiono le mima-hadas, che si muovono nella sala suonando vari strumenti. Introducendo le relatrici, Clara precisa che il primo intervento sarà fatto a nome anche delle Donne in nero del Nepal, che non sono potute venire perché avrebbero dovuto essere accompagnate dai mariti.

Clara commenta che è stato un tempo di ascolto duro, che fa male al cuore.

Seguono Cibo per il Pensiero – Provocazione e workshops

Giovedì 18 agosto

Inizia con il video Zombies, del gruppo Granberries, UK, poi il grande video Mujeres de Negro (Colombia); canti e parole; riprese dalle vigils di Medellin, ogni ultimo martedì del mese, con molte manifestazioni su tematiche diverse: protezione dalla violenza, aborto, diritti di bambine e bambini, giovani donne… ; poi scene da Yolombò, piccolo paese nel nord dell’Antioquia e dall’Università di Antioquia, perché sia un luogo di libero pensiero e non un fortino di guerra. Dalla sala si levano canti e slogans, molti di quelli ascoltati nel video.

Clara e Patricia Tough annunciano che Jenny Escobar Iglesias oggi pomeriggio sarà nominata Donna dell’anno dell’Uruguay, come donna in nero e la ringraziano perché ha scelto di essere qui anziché andare a ricevere il premio.

Jenny: ringrazia, da cuore a cuore, le DiN spagnole che le hanno insegnato cammino di pace e le israeliane che sono state le prime. Rende omaggio alle colombiane, che rischiano la vita.

Molte la abbracciano, poi c’è un atto simbolico delle mima-hadas.

Seguono testimonianze da Israel, i Balkani e America Latina

C’è un nuovo atto simbolico delle mimadas e si prosegue con Cibo per il pensiero – Provocazione e workshops.

La sessione si conclude con un breve video della Ruta regionale di Santander: giovani, donne, avvocate hanno lavorato sulla violenza sessuale.

Dopo il pranzo all’Hotel Dan, si riprende nel pomeriggio con un canto di donne del Chocò e un rituale di protezione, un video di Rosario Flórez con la canzone spagnola contro la guerra “No duraría”, un saluto delle mimadas.

Marina Gallego comunica che per questa sera sarà pronta la lettera da firmare a sostegno di Piedad Cordoba e che domani mattina ci sarà una riunione con alcune ambasciate e le Nazioni Unite; parteciperanno 12 donne, 7 internazionali, è importante che ci sia una donna dagli Stati Uniti. Sollecita tutte ad acquistare la maglietta preparata dalle donne del Chocò, da indossare alla manifestazione di domani; alle donne colombiane viene offerta dalla Ruta Pacifica.

Seguono Cibo per il pensiero – Provocazione e lavori di gruppo

Ritorniamo in plenaria, c’è un canto (Mambrù va alla guerra) poi vengono chiamate le relatrici per i vari blocchi di paesi.

In plenaria sono stati restituiti a tutte i lavori dei gruppi di cui sopra, poi le Mima-Hadas hanno introdotto con un atto simbolico la chiusura del nostro Encuentro.

Clara chiama sul podio Silvia Garcia, che era tra le persone incaricate di raccogliere le idee: molto felici di tante proposte concrete; rafforzarsi e coordinarsi è importante; come organizzatrici dell’Encuentro si impegnano a raccogliere tutto in un documento che riporti la forza vissuta qui. Cercheranno di rendere vive le proposte, di raggiungere i media, perché di qui esca una grande azione sui governi e sui parlamenti. Domani ci lasciamo, ma continueremo ad operare contro guerre e militarismi.

E’ stata letta la dichiarazione finale:

DeclaracionFinal_Italiano[2]

Ci sono molti applausi, slogans, una standing ovation. Le donne di Santander girano per la sala e danno a tutte le internazionali una bambolina di lana, simbolo della resistenza pacifica delle donne.

Clara chiama Patricia, a nome della commissione che ha preparato la dichiarazione finale, perché riferisca che cosa è stato detto sul prossimo incontro internazionale: India, già indicata a Valencia, oppure Uruguay; hanno pensato anche agli Stati Uniti, dove però le DiN non si sentono pronte. Corinne interviene per proporre l’Uruguay, ricordando il gesto eccellente con cui lo scorso anno si è messo da parte; Jenny risponde che lì hanno una struttura e molto sostegno, ma è bene andare in India, così tocchiamo tutti i continenti.
C’è stata un po’ di discussione e alla fine si è deciso per l’Uruguay.

E’ quindi iniziato il rituale di chiusura e protezione delle donne, ci sono stati gli Alabaos (canti tradizionali) delle Donne del Chocò, Colombia. A ognuna di noi è stata consegnata una girandola colorata, e – da parte delle donne del Cauca – un pacchettino contenente i principali semi della sovranità alimentare colombiana, da portare il giorno successivo nella manifestazione conclusiva.
Una donna del Cauca parla della resistenza pacifica di tante contadine della regione, che difendono la loro autonomia nel coltivare rispetto all’oppressione dei soldati.
Una donna del Putumayo – da cui sono state portate le lettere che ci vengono date – parla dei testi scritti da donne vittime di sofferenze e dolore: sono lacci di solidarietà.
Dal Chocò sono stati portati i canestri, dalla Valle del Cauca le farfalle-girandole che ripetono un rituale cui partecipano bambine/i di tutte le classi sociali.
Dopo i ringraziamenti conclusivi di Marina Gallego Paula Rios ha cantato “Mujeres de Negro” e la sala la ha obbligata al bis.

Alla sera abbiamo danzato con musica latinoamericana live eseguita da un gruppo di donne, “Grupo de mujeres AguaSalà” fino alle 2.00.

Venerdì 19 agosto

Manifestazione! Circa 300 donne con striscioni e cartelli in molte lingue e farfalle e fischietti, con il viso dipinto come nel manifesto dell’Encuentro e indossando le magliette dell’Encuentro, si sono incamminate dal nostro hotel fino alla piazza davanti alla chiesa di S. Francesco, poi si sono allineate deponendo un enorme quilt [un enorme striscione composto da tanti quadrati diversi] e altri striscioni e simboli, anche croci e bare che rappresentavano le donne che sono morte. Una donna vestita da farfalla – che simboleggia la speranza – danzava una rappresentazione di strada. Hanno parlato donne di ogni parte della Colombia, e intorno si affollavano persone per vedere e sentire.



Potete scaricare il racconto.

mercoledì 28 settembre 2011

DIECI ANNI DI BOMBARDAMENTI, OCCUPAZIONE E MISERIA IN AFGHANISTAN


8 ottobre 2001 – 8 ottobre 2011

Nel decimo anniversario dei bombardamenti USA/NATO sull’Afghanistan, il Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane (CISDA) denuncia il bilancio fallimentare della missione internazionale in Afghanistan.

L’8 ottobre 2001, a seguito del tragico evento dell’11 settembre, gli USA e i loro alleati iniziano l’occupazione dell’Afghanistan con pesanti bombardamenti con il pretesto di “sconfiggere il terrorismo”, abbattere il regime dei talebani responsabili di aver sostenuto Bin Laden, riportare la democrazia, liberare le donne, ricostruire un paese già devastato da 20 anni di guerra.

Gli USA scelgono di sfruttare sul terreno le milizie dell’Alleanza del Nord, gruppi di fondamentalisti islamici responsabili della guerra civile del 1992-1996 che ha devastato l’Afghanistan, facendo perdere la vita a 70.000 persone nella sola Kabul; gli stessi criminali di guerra già sostenuti, con grossi finanziamenti e forniture di armi, per cacciare le armate sovietiche che avevano occupato il paese nel 1979.

Quando cade il regime talebano, la comunità internazionale consente a questi criminali di guerra (tra i quali Sayyaf, Fahim, Rabbani - appena ucciso in un attentato dei talebani, con i quali stava avviando trattative “di pace” - Qanuni, Abdullah, Ismail Khan, Khalili, Mohaqiq) di occupare governo e Parlamento afgani e di riprendere il controllo del paese, negando invece sostegno e appoggio alle forze democratiche e laiche.

Nel marzo 2007 il governo Karzai vara una legge che garantisce l’amnistia per tutti i crimini di guerra commessi in Afghanistan negli ultimi vent’anni. Inoltre, il via libera dato ai signori della guerra ha fatto sì che dal 2001, in tutto il paese, si siano formati e abbiano spadroneggiato nelle aree sotto il loro controllo centinaia di nuove milizie e gruppi para-militari.

In Just don’t call it a milita, un recente rapporto di Human Rights Watch uscito nel settembre 2011, si dice che “gruppi militari di vari tipo hanno partecipato a rappresaglie tribali, omicidi, traffici illeciti ed estorsioni. Stupri di donne, ragazze e ragazzi sono frequenti. Le milizie sono solitamente controllate da capi locali o signori della guerra”.

La situazione delle donne afgane rimane drammatica. Nel 2009, cercando di garantirsi sostegno elettorale dalla comunità shiita, il governo Karzai vara una legge che prevede l’impossibilità per le donne shiite di rifiutare rapporti sessuali con il marito, di recarsi liberamente dal medico, a scuola o al lavoro senza il permesso del coniuge, pena il ritiro di qualsiasi sostegno finanziario. Tutt’ora ci sono donne che si suicidano dandosi fuoco, donne costrette a matrimoni forzati, donne ripudiate dalla famiglia se vittime di stupro perché motivo di vergogna.

Nel gennaio 2011 il Consiglio dei Ministri afghano approva una legge secondo la quale entro 45 giorni dalla sua entrata in vigore le case rifugio per donne maltrattate passano dalla gestione delle ONG al Ministero degli Affari Femminili. La legge accoglie una decisione della corte suprema afghana, secondo cui le donne che scappano di casa per maltrattamenti commettono reato. Le donne dovrebbero essere accompagnate al rifugio da un parente maschio (di solito l’artefice dei maltrattamenti) e sottoposte a umilianti visite per verificare la loro attività sessuale.

Dalla fine del 2001 al 31 dicembre 2010 sono stati deliberati dal nostro governo circa 516 milioni di Euro per la cooperazione civile (che costituiscono però solo circa il 2% del totale delle spese sostenute per le truppe) ma l’importo totale stanziato alla fine del 2010 è di circa 208,4 milioni di euro. Di questi, circa 81 milioni di euro sono stati impiegati per la riforma della giustizia in Afghanistan.

In Afghanistan mancano case, scuole, ospedali e lavoro; la produzione di oppio è arrivata a circa il 96% del totale mondiale. Sono questi i risultati dell’intervento internazionale in Afghanistan?In dieci anni di intervento militare i soli USA hanno speso più di 487 miliardi di dollari.La guerra in Afghanistan ha provocato la morte di 44 soldati italiani, circa 1.400 soldati alleati, 6 mila soldati e poliziotti afgani, circa 25 mila guerriglieri talebani e quasi 11 mila civili afgani (di cui oltre 3 mila vittime degli attacchi talebani e almeno 7 mila uccisi dalle truppe alleate - più di 3 mila civili morirono nei soli bombardamenti aerei del 2001-2002).

In totale, quindi, otto anni di guerra hanno stroncato circa 43 mila vite umane (fonte “Peace Reporter”). Mentre il governo italiano approva la nuova manovra finanziaria per strozzare ancora di più il nostro paese, lo stesso governo rifinanzia la missione italiana in Afghanistan (con il solo voto contrario dell’IDV) che nel primo semestre 2011 ha previsto una spesa di 410 milioni di euro e una presenza di 4.350 truppe. (fonte: Peace Reporter).

Il CISDA, raccogliendo la voce delle forze democratiche dell'Afghanistan quali RAWA (Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afgane), Hambastagi (Partito della Solidarietà), Malalai Joya, Saajs (Associazione Familiari delle Vittime) chiede il ritiro delle truppe italiane e straniere dall'Afghanistan, il congelamento delle spese militari, il sostegno delle vere forze democratiche del paese e la costituzione di un tribunale internazionale che smascheri i criminali di guerra seduti nel parlamento Afghano.


Milano, sabato 8 ottobre alle h. 16.00 si svolgerà un presidio in Via Mercanti angolo Piazza Cordusio


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