domenica 12 luglio 2015

A 20 anni dal genocidio, non dimentichiamo mai Srebrenica

"...Chi ci ha separati o resi infelici per sempre?
Volesse il cielo che tutto si tramutasse in pietra per loro e,
come la pietra, restasse ad ammonimento di questo popolo innocente,
fatto di gente comune, che è uno solo,
perché sono tutti di sangue e di carne.
Prego le rondini e gli uccelli e tutti gli esseri viventi con le ali
di volare fino alla mia città
e che salutino le mie compagne e i compagni di lavoro,
e gli amici, se sono vivi."
Ljubica Trikulja, profuga bosniaca

Srebrenica, Bosnia Erzegovina, 11 luglio 1995: oltre 10.000 maschi tra i 12 e 76 anni vengono catturati, torturati, uccisi e inumati in fosse comuni. Stesso destino hanno alcune giovani donne abusate dalla soldataglia. Le vittime sono bosniaci musulmani, da oltre tre anni assediati dalle forze ultranazionaliste serbo-bosniache agli ordini di Ratko Mladić e dai paramilitari serbi.

L'ipocrisia, il cinismo e l'indifferenza della politica interessata solo al potere, fanno sì che ancora, a Srebrenica, le vittime degli orrori debbano vedersi quotidianamente davanti, impuniti, arroganti, beffardi, minacciosi – spesso trasformati in eroi, molti dei loro carnefici o quelli dei loro cari.

Riflettiamo di come l'Unione europea fissò criteri di natura fiscale per la integrazione dei paesi formata dopo le guerre, Mentre guarda impassibile la recrudescenza della violenza nazionalista e gli attacchi contro gli attivisti per i diritti umani in Serbia.

I sopravvissuti, le donne stuprate, le famiglie delle vittime non trovano giustizia e pace a distanza di venti anni.

Il Tribunale delle Donne (Sarajevo, 7-10 maggio 2015) ha esaminato gli effetti della guerra sulle donne e sulla società - effetti che i tribunali ufficiali non hanno tenuto in conto.

Le guerre nazionalistiche nei Balcani hanno voluto cancellare la memoria condivisa tra le donne. Non ci sono parole adeguate per commentare l'orrore di queste guerre, se non quelle delle donne sopravvissute a cui vogliamo dare voce.

Queste sono alcune scritte esposte nell’atrio del Centro Culturale Bosniaco, sede del Tribunale delle Donne ; le autrici sono testimoni del Tribunale:

  • "Non voglio che nessuno mi commiseri. Sono una donna orgogliosa. Lotto. Mi batterò insieme a voi per far sentire le nostre voci.” (Kada, Srebrenica, Bosnia Erzegovina)
  • Tutte le donne qui hanno una missione. Le donne continuano la missione dell’umanità, della giustizia e dei diritti umani.” (Kada, Srebrenica, Bosnia Erzegovina)
  • Mi chiedo come sono sopravvissuta a tutto questo e sono rimasta normale. E’ difficile, ma andiamo avanti.” (Suvada, Dulici, Bosnia Erzegovina)
  • Oggi mi batto per la pace e la giustizia. Finché vivo mi batterò contro l’odio.” (Majka Mejra, Bihac, Bosnia Erzegovina)
  • Io oggi mi sento orgogliosa di raccontarvi la mia vera storia di come sono vissuta e sopravvissuta…” (Zumra, Srebrenica, Bosnia Erzegovina)
  • Sono rimasta viva per raccontare. Come potranno rispondere dei loro crimini se non parleremo?” (Sehida, Srebrenica, Bosnia Erzegovina)
La memoria del genocidio di Srebrenica. Dichiarare! Dichiarare! Dichiarare!

Le donne in Nero di Belgrado dicono che per cambiare la mentalità di ritenere utile la violenza, si deve sapere che la violenza non è la via d'uscita. Con essa non ci sono vincitori. L'unica soluzione è il dialogo e la negoziazione; insistere che i diritti umani sono indivisibili e universali . Chi sceglie la nonviolenza e il dialogo inizia il percorso e assume la responsabilità di difendere tali diritti