sabato 27 febbraio 2010

Appello per la libertà e l’uguaglianza di genere in Iran


Sosteniamo quest'appello di femministe e attiviste dei diritti delle donne in Iran e invitiamo tutte a firmarlo.





Per mettere fine alla violenza, alla repressione e per ottenere il rilascio immediato di tutte le attiviste arrestate, chiediamo alle associazioni, alle organizzazioni per i diritti delle donne e alle femministe di tutto il mondo di mostrare la loro solidarietà con la lotta delle donne iraniane, organizzando iniziative in occasione dell’8 marzo 2010 con lo slogan “libertà e uguaglianza di genere in Iran” in segno di supporto con le donne iraniane

Da oltre 30 anni il movimento delle donne in Iran è impegnato in prima linea nella lotta per la libertà e l’eguaglianza. La discriminazione di genere si interseca con le altre subordinazioni basate sulle classe sociale,sull’etnia, sulle ideologie politiche, sulla religione ecc.

Il progresso del pensiero democratico è supportato innanzitutto dalla resistenza pacifica di uomini e donne in difesa dell’uguaglianza di genere nella sfera giuridica, culturale, sociale e economica. Da anni le donne iraniane usando metodi e mezzi differenti sia individuali sia collettivi organizzano campagne per cambiare le leggi discriminatorie e contribuiscono alla diffusione dell’uguaglianza di genere.

Così facendo rischiano minacce, arresti, processi e molte di loro sono ancora in prigione.

Il trentesimo anniversario della “Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne” (CEDAW) - a cui peraltro l’Iran non aderisce - è coinciso con quello di trent’anni di discriminazione contro le donne iraniane e in vista del quindicesimo anniversario (nel marzo 2010) della “Quarta Conferenza Mondiale delle Donne”, tenutasi a Pechino e alla quale l’Iran ha partecipato, si constata che l’Iran non si è impegnato a eliminare le discriminazioni contro le donne.

In tale delicata situazione risulta più che necessario sviluppare a livello globale la solidarietà femminile con le donne iraniane e in particolare con le attiviste che lottano per l'uguaglianza dei diritti e per stabilire la democrazia in Iran.

Invitiamo coloro che difendono i diritti delle donne, le associazioni, le organizzazioni femminili e le reti internazionali di donne alla solidarietà con le donne iraniane e il movimento per la democrazia in Iran.





Firmate la dichiarazione delle donne iraniane



Qui di seguito, vedete alcuni dei modi in cui è possibile dimostrare la propria solidarietà con le donne iraniane. Questi sono solo esempi, non esitate a essere creativi nelle vostre espressione di solidarietà.


  • Segnare l'8 marzo, concentrandosi sulla situazione delle donne in Iran in pubblicazioni, blog, conferenze pubbliche, manifestazioni e raduni nazionali e comunitari;
  • Organizzare eventi locali che si concentrano sulla lotta in corso in Iran come parte della Marcia Mondiale delle Donne
  • Rappresentare lo slogan "La libertà e l'uguaglianza di genere in Iran" su siti web, Op-Eds, volantini, pubblicità, manifestazioni pubbliche, così come in altre azioni innovative adottate dagli attivisti, artisti, femministe e intellettuali;
  • Resta in contatto (iran.genderequality@gmail.com) tramite il nostro blog, gruppo Facebook “Gender Equality” e la pagina di Twitter, dove si copriranno le notizie e le reazioni a livello mondiale per quanto riguarda le iniziative "libertà e uguaglianza di genere in Iran" .
  • Effettuare brevi filmati e scattare foto delle vostri azioni locali "la libertà e l'uguaglianza di genere in Iran" e mandarli a a href="mailto:iran.genderequality@gmail.com">



martedì 16 febbraio 2010

Non in Nostro Nome





La reazione di Israele su Gaza fu
giusta

Silvio Berlusconi



Il governo italiano, con la recente visita del premier Berlusconi in Israele, ha reso il nostro paese complice dell’oppressione del popolo palestinese e delle possibili escalation di guerra israeliana in Medio Oriente.

L’Italia sta fornendo ufficialmente armamenti, investimenti economici,
collaborazioni scientifiche al governo israeliano condannato dalle istituzioni internazionali per la costruzione del Muro di segregazione, per i crimini di guerra a Gaza e l’occupazione coloniale dei Territori Palestinesi

Noi, in quanto cittadini italiani, non accettiamo di essere considerati complici di questa politica di oppressione e di guerra

Per questi motivi

  • Chiediamo la revoca degli accordi militari, commerciali, scientifici, culturali tra le istituzioni italiane e quelle israeliane
  • Chiediamo la revoca della partecipazione italiana ed europea al vergognoso embargo contro la popolazione palestinese di Gaza ormai da quattro anni sotto assedio

Non c’è pace duratura senza giustizia

Per le adesioni all’appello “Non in nostro nome” scrivete a: noninostronome@libero.it

martedì 9 febbraio 2010

La parola alle donne afghane



In occidente c’è l’idea che l’Afghanistan sia liberato
e i fondamentalisti deposti, ma non è così; c’è un immagine dell’Afghanistan data dai media e c’è l’Afghanistan descritto dalle afgane




Ma chi far
à sentire le voci delle donne afghane?


RAWA (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan) da trent'anni lotta per la difesa dei diritti delle donne nell'ambito di uno stato laico e democratico, libero da fondamentalismi.

La fondatrice di Rawa,Meena, fu assassinata nel 1987 dagli agenti afghani dell'allora KGB.Da allora il destino delle opposizioni democratiche non è cambiato. Ancora oggi RAWA è costretta a lavorare in clandestinità con grave rischio della vita per le attiviste. RAWA è attiva sia sul piano sociale che politico. Numerose sono le attività sociali che le attiviste svolgono nel campo dell'istruzione, dell'assistenza sanitaria ,del microcredito per attività artigianali delle donne, mentre continuano a denunciare le violenze e le violazioni dei diritti umani,testimoniate nel sito www.rawa.org che sono riuscite a costruire da autodidatte.

Dopo gli ultimi 8 anni di guerra al terrorismo,con migliaia di morti in gran parte civili,la situazione in Afghanistan è peggiorata,con la povertà che colpisce l'80% della popolazione, la mancata ricostruzione civile e l'aumento della produzione di
oppio, arrivata ormai al 93% di tutto quello prodotto nel mondo.

La condizione delle donne afghane non è migliorata, anzi il tasso di rapimenti, stupri, vendita delle figlie, matrimoni forzati, prostituzione e suicidi ha raggiunto livelli senza precedenti.

Alle donne è vietato tutto (studiare, lavorare, uscire da sole) nonostante la Nuova Costituzione afghana del 2004 sancisca la parità dei diritti fra uomini e donne.

Le Donne in nero sostengono le donne afghane di RAWA fin dal 1999 con relazioni dirette,viaggi, incontri e sostegno a Campagne di finanziamento. Dal 2004 è attivo CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane), su iniziativa di Donne in nero, Associazioni
femminili e donne singole, costituita in Onlus per promuovere progetti di cooperazione internazionale a favore delle donne afghane.

Questo mese, Cisda ha organizzato una serie di iniziative con Mehmooda, attivista di RAWA, in diverse citta' italiane. A Ravenna, le donne in nero hanno organizzato due incontri per dare la parola alle donne afghane.
Intervista a Mehmooda, attivista della RAWA

Lo scorso dicembre, su richiesta dell’Assemblea Legislativa delle Marche e nell'occasione della la costituzione dell’Associazione “Università per la Pace”, le donne in nero di Fano hanno invitato Zoya, attivista di RAWA a portare la sua testimonianza.

Riportiamo qui alcuni punti dell’intervento di Zoya, che hanno fortemente impressionato noi e l’intero uditorio.



















8 anni fa l’Afghanistan fu occupato per tre motivi: si parlava di liberazione delle donne, di stabilire la democrazia e di guerra al terrorismo. Dopo 8 anni, dopo che 42 paesi stranieri sono penetrati in Afghanistan militarmente e con miliardi di dollari e di euro ancora questi tre postulati non sono stati realizzati.

Liberare le donne



C’è violenza domestica, stupri, rapimenti e tutti questi crimini restano impuniti perché spesso chi li compie è legato a gruppi di potere anche vicini al governo e alle forze dell’ordine; in occidente si dice che siamo state liberate, che è stato tolto l’obbligo del burka e che la legge ci permette di andare a scuola, ma molte ragazze vengono aggredite e buttano loro l’acido sul viso, perciò non vanno a scuola e si rimettono il burka. Il burka è scomparso soltanto a Kabul e dalle donne dell’elite.

Le donne sono molto povere, affamate, ci sono famiglie costrette a vendere le figlie per 400 dollari. Si dice che arrivino tanti dollari, ma dove vanno a finire? A causa della corruzione del governo vanno ai trafficanti di droga.In tutto questo cosa resta alle donne? Solo il suicidio ! E purtroppo sembra essere diventato una moda tra le giovani.


Portare la democrazia.

Non lo dice RAWA, ma l’ONU che le elezioni in Afghanistan sono state piene di brogli.

La libertà di parola di espressione non sono presenti, i giornalisti indipendenti hanno vita molto difficile, vengono anche uccisi. RAWA, ad esempio, non può parlare apertamente. Le voci democratiche che nel parlamento hanno denunciato i crimini di guerra sono state espulse.

la guerra al terrorismo.

Dopo 8 anni e miliardi di dollari l’80% dell’Afghanistan è sotto controllo dei talebani.All’inizio noi eravamo ottimisti dell’intervento occidentale; poi abbiamo capito che le forze occidentali stavano scendendo a compromessi, sostenendo altri gruppi di fondamentalisti




Voci di donne afgane:
Zoya: La mia Storia
Malalai Joya: Finche Avro' Voce