domenica 28 marzo 2010

Giornata della Terra- in difesa della terra e della memoria



Scrivi
sono arabo,
al quale hai rubato la vigna eredato dai nonni
la terra che abbiamo sempre coltivato
io e tutti i miei figli.





Altro non hai lasciato a noi,
né ai futuri nipoti,
che queste rocce...
e forse vero che il governo vostro
mi ruberà pure queste rocce,
come si sta dicendo?
d
Mahmoud Darwish: Carta di Identita'
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Il 30 marzo il popolo palestinese ricorda la Giornata della terra.


Gli eventi che commemorano questo giorno, risalgono al 30 marzo 1976, a partire dalla confisca, da parte dell’occupazione israeliana, di centinaia di ettari di terreni di proprietà palestinese in zone a maggioranza arabo-palestinese, in particolare in Galilea.

A seguito di questo atto, gli arabi nei territori occupati nel 1948 dichiararono uno sciopero generale, sfidando, per la prima volta dall’occupazione del 1948, le autorità israeliane.

La riposta militare di Israele fu forte: l’esercito ha invaso le cittadine palestinesi, uccidendo e ferendo diverse persone inermi.

Le proteste iniziarono il 29 marzo, con una manifestazione popolare a Deir Hanna, repressa con la forza, e seguita da un’altra, a Arraba, dove la reazione militare israeliana fu ancora più forte e portò all'uccisione di Khair Yassin e al ferimento di altre decine di cittadini.

La notizia dell’uccisione di Yassin amplificò le proteste in tutte le aree arabe. Il giorno successivo furono uccise altre cinque persone: Raja Abu Raia, Khader Khalaylah, Khadija Shawahneh, di Sekhnin; Muhsen Taha di Kufor Kenna, e Rafat al-Zuhairi di Ain Shama.

Da allora, nulla ha migliorato - anzi la politica di esproprio è stata estesa anche ai territori illegalmente occupato da 1967. Le confische di terre continuano ancora, cosi come i progetti coloniali. Giorno dopo giorno il Muro dell'apartheid ruba terreni palestinesi, dividendo orti, villaggi, città, famiglie. Nuovi insediamenti vengono costruiti e i vecchi vengono ampliati.

Crescono anche atteggiamenti razzisti che tentano a togliere i diritti politici e legali ai palestinesi e a cancellare la memoria storica del popolo palestinese. Il 26 febbraio scorso il parlamento israeliano ha approvato una legge che proibisce la commemorazione del Nakba, la catrastrofe dello sradicamento di centinaia di migliaia di palestinesi dalla Palestina con la creazione dello stato d'Israele. Saranno imposte penalità a chiunque mostri il 15 maggio, segni di tristezza e di lutto dentro i confini (indefiniti) di Israele. In quella data i palestinesi ricordano la creazione della crisi dei rifugiati.

Il gruppo israeliano
Zochrot (Ricordare) lotta contro tali atteggiamenti, insistendo che senza prendere coscienza del Nakba come parte intrinseca della creazione dello stato d'Israele, la pace non sia raggiungibile. Lavorano anche per portare la storia dei villaggi palestinesi agli israeliani e ai turisti, come si vede in queste video:





domenica 14 marzo 2010

Giornata Internazionale delle Donne - Niente da celebrare a Ciudad Juárez

Nel regno della no-giustizia
regna l'impunità
si impone il silenzio totale
si nascondano le identificazioni
Si ignorano le segnali,
i dati e le prove.

In un atto di complicità
le richieste non si ascoltano
Le udienze non si concedono
Le domande non si permettono
Le leggi non esistono

In un atto di negligenza
Agiscono come non c'e' stato mai
Corpo del delitto di
rapire, torturare, violare
Assassinare
ragazze povere, fragili e inermi



In un atto di impunità infame
Non c'e' chi scopre
Non c'e' chi accusa
Non c'e' chi giudica
Non c'e' chi castiga
L'assassino

In un atto di ingiustiza sovrana!





Da Marisa Ortiz della Campagna Nuestras Hijas de Regreso a Casa:

Attenzione ai diversivi offerti dai Governi per farci pensare, regalandoci un fiore o aprendo spazi per parlare, a com’è bello essere donna e darci ipocriti riconoscimenti; se davvero esiste questa coscienza di equità, invece di riconoscere UN GIORNO per le Donne, ci diano una vita e uno spazio sociale, familiare e lavorativo degni, trattandoci con tutto il rispetto e il riconoscimento per quel che facciamo e siamo, non un giorno, ma tutta la vita. Noi donne non abbiamo bisogno di un giorno di attenzioni carine né che ci dicano che siamo molto belle, né che consegnino un premio alla migliore dell’anno. Fare dibattiti e conferenze che ci fanno ricordare quanto è stata miserabile la vita per molte donne nel mondo, però... le nostre vite? si evita sempre di parlare del femminicidio. Non c’è un discorso che almeno lo riconosca, perché farlo implica la responsabilità di essere coerenti e agire di conseguenza.
Noi donne di Juárez serviamo la nostra comunità, il nostro paese, e ci sforziamo preparandoci ogni giorno per migliorare il nostro lavoro, pretendiamo solo equità. E che ci sia giustizia per tutte.

D’altra parte, cosa celebrare se gli atteggiamenti maschilisti dei nostri governi ed autorità continuano a favorire l’impunità e guardano da un’altra parte quando sanno che si continua ad assassinare donne e centinaia di ragazze sono state rapite da gente che si sa protetta, finora infatti non se ne è trovata nessuna come risultato di un’indagine e non abbiamo mai saputo chi sono i rapitori. Sappiamo perché, perché i loro corpi compaiono totalmente disfatti, e le loro profonde ferite ci parlano delle orrende torture e violenze a cui le sottopongono prima di strappare loro la vita.

Questi atteggiamenti del governo hanno incrementato sempre più gli assassinii di donne, perché non ci sono indagini effettive e non si puniscono mai i responsabili in quanto nemmeno si cercano. E quel che è peggio, fanno credere che le ragazze sono responsabili delle loro tragedie perché avevano relazioni con gente del mondo del narcotraffico, oppure tentano di danneggiare la loro reputazione con accuse false.

La violenza contro le donne in quanto donne continua, e basta vedere le cifre di CasaAmiga sulla violenza domestica, e le altre cifre mai riconosciute dal governo di innumerevoli donne rapite, violentate, torturate e assassinate come accade dagli anni ‘90, e questo senza contare le centinaia di scomparse, quelle che le loro famiglie non hanno nemmeno il conforto di poter visitare al cimitero portando un fiore e una preghiera perché di loro non si è mai saputo niente, ma giorno dopo giorno la speranza che siano vive si spegne.

Le autorità ormai non possono negare o nascondere che il problema persiste: ci sono 29 ragazze quasi tutte minorenni delle quali non si sa nulla; e una cifra simile l’anno scorso; e quest’anno, sono più di 30 le ragazze cercate dalle famiglie. E nemmeno quante siano le donne assassinate si sa, però l’anno scorso furono più di 80 le donne assassinate con estrema violenza, e non si parla nemmeno delle conseguenze di queste perdite per le famiglie: danni alla salute fisica e psichica, un tremendo logorio nella inutile ricerca della giustizia, disintegrazione della famiglia e gravi problemi economici e sociali, familiari, scolastici e di salute quando la vittima lascia figli e figlie.

Per fortuna l’Osservatorio Nazionale del Femminicidio di cui facciamo parte tiene un registro non solo di ogni città ma fa anche un conteggio in quelle parti del paese dove questo terribile fenomeno è più presente, e le cifre continuano ad essere allarmanti, solo l’anno scorso ci sono state 733 donne assassinate in 11 stati del paese.

Di fronte a ciò la domanda è: cosa celebrare? Sarebbe meglio che questa giornata la dedicassimo a onorare la memoria delle vittime, e d’ora in avanti porre i nostri sforzi da ciascuna delle nostre posizioni per quanto umili siano, per cercare di porre fine a queste condizioni misogine che hanno creato questo modello culturale che ha permesso e tollerato la violenza contro le donne in questa comunità che amiamo.

Un forte abbraccio a chi ama la vita e la difende come un diritto inalienabile, alle mie amiche e compagne; FELICE VITA







A Ciudad Juárez, Donne giovani, per la maggior parte di origine umile, sono rapite, mantenute in cattività e sottoposte a una violenza sessuale feroce, prima di essere assassinate.

Juarez-libro[1]
Ciudad Juarez, la violenza sulle donne in America Latina, l'impunita', la resistenza delle madri.

mercoledì 3 marzo 2010

Una giornata senza di noi - sciopero degli stranieri 1 marzo 2010


Cosa succederebbe se i quattro milioni e mezzo di immigrati che vivono in Italia decidessero di incrociare le braccia per un giorno? E se a sostenre la loro azione ci fossero anche i milioni
di italiani stanchi del razzismo?

Il 1 marzo 2010, almeno 300mila persone hanno colorato di giallo le piazze d'Italia: da Trieste a Siracusa, da Palermo a Torino. E tanti lavoratori, italiani e non italiani, hanno realmente incrociato le braccia, a riprova del fatto che gli strumenti costituzionali e legali di protesta non possono avere un copyright.

Sono state tutte manifestazioni partecipate e pacifiche. E il successo di ciascuna di esse non si misura solo in numero di partecipanti. Le 30mila persone di Milano o le 20mila di Napoli valgono come le centinaia che hanno sfilato per strada a Siracusa. Ogni realtà ha espresso quello che era possibile esprimere e ha dato il massimo.

Le donne in nero hanno participato, - straniere non tanto dal punto di vista anagrafico, ma perché estranee al clima di razzismo che avvelena l'Italia del presente.



Aderiamo con tutto il cuore al manifesto del movimento Primo Marzo 2010


Primo Marzo 2010, una giornata senza di noi è un movimento non violento che riunisce persone di ogni provenienza, genere, fede, educazione e orientamento politico.

Siamo immigrati, seconde generazioni e italiani, accomunati dal rifiuto del razzismo, dell'intolleranza e della chiusura che caratterizzano il presente italiano. Siamo consapevoli dell'importanza dell'immigrazione (non solo dal punto di vista economico) e indignati per le campagne denigratorie e xenofobe che, in questi ultimi anni, hanno portato all'approvazione di leggi e ordinanze lontane dal dettato e dallo spirito della nostra Costituzione.

Condanniamo e rifiutiamo gli stereotipi e i linguaggi discriminatori, il razzismo di ogni tipo e, in particolare, quello istituzionale, l'utilizzo stumentale del richiamo alle radici culturali e della religione per giustificare politiche, locali e nazionali, di rifiuto ed esclusione.

Ricordiamo che il diritto a emigrare è riconosciuto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e che la storia umana è sempre stata storia di migrazioni: senza di esse nessun processo di civilizzazione e costruzione delle culture avrebbe avuto luogo. La violazione di questo e di altri diritti fondamentali danneggia e offende la società nel suo complesso e non solo le singole persone colpite.

Vedere negli immigrati una massa informe di parassiti o un bacino inesauribile di forza lavoro a buon mercato rappresentano, a nostro avviso, impostazioni immorali, irrazionali e controproducenti.

La parte preponderante degli immigrati presenti sul territorio italiano lavorano duramente e svolgono funzioni essenziali per la tenuta di una società complessa e articolata come la nostra. Sono parte integrante dell'Italia di oggi.

La contrapposizione tra «noi» e «loro» , «autoctoni» e «stranieri» è destinata a cadere, lasciando il posto alla consapevolezza che oggi siamo «insieme», vecchi e nuov cittadini impegnati a mandare avanti il Paese e a costruirne il futuro.

Vogliamo che finisca, qui e ora, la politica dei due pesi e delle due misure, nelle leggi e nell'agire delle persone. Il nostro primo obiettivo è organizzare per il 1° marzo 2010 una grande manifestazione non violenta dal respiro europeo, non solo con la Francia che con la Journée sans immigrés, 24h sans nous ci ha ispirato, ma anche con la Spagna, la Grecia e gli altri Paesi che si stanno viavia attivando.

Vogliamo stimolare insieme a loro una riflessione seria su cosa davvero accadrebbe se i milioni di immigrati che vivono e lavorano in Europa decidessero di incrociare le braccia o andare via. Il 1° marzo faremo sentire la nostra voce in modi diversi, che saranno definiti, di concerto con i comitati territoriali, in base alla concreta praticabilità e all’efficacia.

Non ci precludiamo nessuno strumento, ma agiremo sempre nel rispetto della legalità e della non violenza

http://www.primomarzo2010.it