giovedì 18 novembre 2010

Le Donne Dicono NO alla NATO


Un anacronismo della Guerra Fredda

La NATO è stata fondata da Stati Uniti, Canada, Regno Unito e altri 9 paesi dell’Europa fra cui l’Italia come alleanza contro i paesi del blocco sovietico. L’Unione Sovietica è crollata nel 1990 ma la NATO è ancora qui e si è espansa, inserendo paesi dell’Europa centrale e orientale e dei Balcani.


… che diventa sempre più grande

Attualmente i membri della NATO sono 28 e c’è il tentativo di aggiungere Finlandia, Svezia, paesi del Mediterraneo, del Nord Africa e stati arabi. Il Medio Oriente, compreso Israele, è nei suoi orizzonti.


… contraria ai principi delle Nazioni Unite

I Segretari Generali della NATO e dell’ONU hanno firmato una Dichiarazione Congiunta di Cooperazione, senza autorizzazione dell’ONU. Ciò mette in pericolo l’indipendenza dell’ONU e la possibilità di sostenere la legislazione internazionale.

… una forza sempre pronta alla guerra

La NATO ha combattuto guerre fuori dei propri confini, in Kosovo e ora in Afghanistan e sta diventando sempre più una minaccia per la pace mondiale. I tre quarti delle spese mondiali militari sono effettuati dai paesi NATO.

… è un bunker nucleare
La NATO controlla oltre 11.000 testate nucleari inglesi, francesi e statunitensi, dislocate in varie località europee fra cui l’Italia con 90 testate atomiche, in spregio al Trattato di Non Proliferazione Nucleare (1975) e alla raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare per rendere l’Italia zona libera da armi nucleari ignorate dal nostro Parlamento.


Perché le donne protestano contro la NATO

Nel nostro paese le spese militari per la NATO e non solo, sono sempre crescenti a fronte di una grave riduzione delle spese per i beni e i servizi primari necessari, cosa che incide pesantemente prima di tutto sulla vita delle donne . In un paese di catastrofi, terremoti e allagamenti e incuria come l’Italia si continua con un crescendo di militarizzazione invece di investire per una civiltà degna di questo nome.



La guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente. Bertolt Brecht

Con le basi e le presenze militari aumentano lo sfruttamento sessuale e la violenza contro le donne. Ad esempio le guerre nei Balcani hanno prodotto una enorme industria del sesso e traffico di donne.


Le donne soffrono di più per gli effetti della guerra. Sono loro la maggioranza delle vittime civili, le rifugiate e le sfollate. Migliaia sono prive di mezzi di sopravvivenza come in Afghanistan dove oltre allo spreco di risorse per una guerra di cui non si conosce né il senso né il fine, si porta distruzione e morte

Ma le donne NON accettano il ruolo di VITTIME . Piuttosto, le donne hanno e possono sempre più avere un ruolo chiave nella prevenzione dei conflitti, nella riconciliazione e nella costruzione di processi di pace.


Come donne NON riconosciamo alla NATO alcun ruolo per la nostra sicurezza, che può scaturire solo da negoziati pacifici e dalla composizione nonviolenta dei conflitti.

Perché le donne protestano oggi

Nel Vertice della NATO che si tiene dal 19 al 21 novembre a Lisbona sarà adottato un nuovo concetto Strategico. Impegnerà sempre di più la NATO nelle strategie di militarizzazione, e, fra l’altro dovrebbe essere ratificata la decisione di trasferire ad Aviano e in Turchia tutte le testate nucleari USA sparse in Europa. E, mentre il governo turco pone per lo meno delle condizioni, il governo italiano si adegua in silenzio.







In decine di città, in Italia e in Europa, in questi giorni si protesta contro la NATO e le sue politiche sempre più minacciose. L’esportazione di armi, gli armamenti nucleari, le basi militari, e la sudditanza agli interessi USA sono tutti inquadrati nella NATO.




Conoscendo dalle donne afgane le sofferenze causate dalla guerra, a nostro e a loro nome chiediamo con forza il ritiro delle truppe italiane e di tutte le truppe dall’Afghanistan.

mercoledì 17 novembre 2010

Corpi e Territori senza guerre ne' violenze



Care amiche Donne in Nero nel mondo,

Prima di tutto desideriamo inviarvi i nostri saluti, con la convinzione che, in ogni angolo del pianeta, noi donne di questa Rete, stiamo opponendoci alla corsa agli armamenti, al militarismo, alle guerre ed anche alle violenze, perche' qualsiasi azione violenta contro altri esseri umani ed anche contro la natura e un affronto all’umanita' e al pianeta, per queste ragioni ci impegnamo a sradicarle dalle nostre vite e dai nostri corpi. Sappiamo che questa posizione politica ci mantiene unite.
Scriviamo questa lettera per comunicarvi che purtroppo non ci sono le condizioni per realizzare il nostro Incontro della Rete delle Donne in Nero nel mese di novembre di quest’anno. Ci siamo viste obbligate a prendere questa decisione dato che, a un mese e mezzo dall’evento, si erano iscritte solo 6 donne. Abbiamo lanciato un SOS e le iscrizioni sono salite a 16. Ci sarebbe piaciuto che un numero significativo di donne avesse risposto, ma non e' stato cosi'.

Siamo coscienti delle difficolta' causate da questa decisione, specialmente per le donne che hanno gia' acquistato il biglietto, speriamo che possano ottenere una nuova prenotazione. Abbiamo riflettuto e abbiamo ritenuto che un incontro con 16 partecipanti internazionali fosse insufficiente per realizzare un compito di questa natura, riteniamo infatti che questi incontri servono a ridefinire, scambiare, mantenere attivo il movimento nel mondo. Nel contempo, per noi donne colombiane, l’Incontro costituisce un’iniziativa internazionale che ci accompagna contro la guerra, in un conflitto armato interno che dura da piu' di 45 anni e ha lasciato piu' di 4 milioni di vittime e un forte degrado umano e ingiustizia sociale.

Riguardo alle preoccupazioni manifestate da alcune donne della Rete, sulla nostra capacita' di realizzarlo, vogliamo dire loro che non e' per mancanza di capacita' bensi' per mancanza di partecipazione da parte delle donne della Rete che abbiamo preso cuesta decisione; come hanno spiegato bene alcune che hanno scritto, e' un aspetto che va analizzato a partire dalla corresponsabilita', perche' in questo processo abbiamo sentito molti silenzi da parte di tutte: ci aspettavamo piu' sostegno dalla Rete, specialmente nel sollecitare le donne a venire all’Incontro affinche' questo potesse svolgersi con una rappresentanza internazionale adeguata.

La Ruta Pacifica de las Mujeres fa parte della Rete DiN dal 2001 e la nostra partecipazione era assicurata da circa 300 donne e forse piu'. Ma in realta' non si tratta di un evento per la Ruta PacÌfica, si tratta di realizzare il XV INCONTRO INTERNAZIONALE DELLE DONNE IN NERO e per questo abbiamo richiesto il concorso di tutte.
Avevamo svolto le attivita' necessarie per realizzare l’Incontro, praticamente lo avevamo gi‡ preparato, abbiamo un sito, visibilita', le strategie per pubblicizzarlo, abbiamo intrapreso molteplici iniziative, riservato luoghi per accogliervi, proposto i temi, la metodologia, i simboli, predisposto le traduzioni… ; per questo vi confermiamo la nostra disponibilita' a realizzarlo nella terza settimana di agosto 2011, ovviamente se la Rete e' d’accordo.
Tuttavia, se ci sono altre proposte vi preghiamo di comunicarle al piu' presto. Vi preghiamo anche di comunicarci la disponibilita' a venire nelle date proposte per il 2011, comprenderete infatti che sarebbe molto costoso per noi, a tutti i livelli, se si ripetesse la stessa situazione anche l’anno prossimo.

Inoltre, ci piacerebbe davvero molto che si concretizzasse la proposta delle donne di Londra che, quelle che hanno gia' il biglietto, vengano in novembre: sarebbe di grande aiuto se potessimo incontrarci e contribuire alla preparazione di questo Incontro che per noi e' di grande importanza ed anche partecipare ad alcune attivita' per il 25 novembre, Giornata del No alla Violenza contro le donne.
Restituiremo quanto versato per l’iscrizione alle donne che lo richiedano; se decidete di rinviare la vostra venuta per favore fatecelo sapere.

Vi ricordiamo che la data a cui viene rinviato il XV Incontro Internazionale delle Donne in Nero e' dal 15 al 20 agosto 2011.

Un abbraccio in sorellanza dalla Colombia.


Care amiche,
abbiamo provato anche noi molto dispiacere per il rinvio al 2011 dell’incontro internazionale della rete delle Donne in Nero.
Ci rendiamo conto che deve essere stata per voi una decisione difficile, ma pensiamo che siate stante sagge e coraggiose nel valutare che la partecipazione dagli altri continenti era troppo bassa per mantenere la data di novembre 2010.
Restiamo convinte che quella fatta a Valencia era stata una buona scelta e perciÚ pensiamo che vada mantenuto l’impegno di realizzare l’incontro a Bogota'; abbiamo anche molto apprezzato come voi lo stavate organizzando, sia sul piano pratico sia per la proposta di programma dei lavori che ci avevate inviato e che ci e' parsa molto ben articolata ed efficace.
In un nostro incontro nazionale di fine ottobre ci siamo interrogate sulle ragioni per cui e' stata cosi' scarsa la risposta, in particolare dall’Europa e ci siamo dette che Ë una responsabilita' collettiva, di cui Ë giusto che ci facciamo carico per il futuro, non avere scambiato per tempo opinioni, informazioni e proposte, tanto che Ë giunta del tutto inaspettata la notizia che erano cosÏ poche le iscritte.
Riteniamo che per l’agosto 2011 occorra un coordinamento molto piu' intenso; e' vero che la crisi economica ha aumentato i vincoli, ma in passato c’e' sempre stata una solidarieta' attiva, per cui le situazioni in condizioni migliori hanno messo a disposizione risorse per chi invece e' in maggiore difficolta'. Crediamo che questo vada fatto in modo organizzato, facendo circolare in rete entro la primavera 2011 sia le intenzioni di iscriversi all’incontro dai vari paesi sia l’informazione sui contributi che qualche gruppo puo' dare per l’organizzazione del convegno e perche' anche dai “luoghi difficili” siano possibili i viaggi in Colombia.
Vi ringraziamo anche per avere proposto agosto come mese del prossimo incontro; effettivamente questo puo' agevolare molto quante abitano nell’emisfero Nord, perche' e' piu' facile disporre di tempo libero da impegni di lavoro.
Secondo noi e' pero' molto importante che ci sia la presenza di tante donne dall’America Latina, perche' e' con le vostre realta' e con le caratteristiche peculiari dei vostri movimenti e delle vostre visioni e modalita' di azione che tutte vorremmo avere occasione di confrontarci.
Abbiamo molto apprezzato la proposta di Rebecca e speriamo che le donne che avevano gi‡ acquistato il biglietto possano davvero trovarsi a Bogota' per un primo scambio di idee in vista del convegno; pensiamo che questa riflessione potra' essere molto utile a tutte noi.
Nella speranza che d’ora in avanti si svolga un buon cammino che ci porti in Colombia il prossimo agosto, vi inviamo la nostra amicizia e riconoscenza per quanto avete fatto e farete. Nello stesso tempo, vi preghiamo di farci sapere che cosa vi aspettate dalla rete internazionale, in modo che la nostra collaborazione possa andare nella direzione che voi ci indicherete.
Con i saluti piu' affettuosi
La rete italiana delle Donne in nero.

venerdì 12 novembre 2010

NO ALLA GUERRA- SI ALLA CULTURA


Sabato 6 novembre, davanti alla prefettura di Novara, a partire dalle 15 e per tutto il pomeriggio, il Comitato docenti e ata precari e sottoprecari di Novara e USN, Unione Studenti Novaresi, hanno tenuto il presido 'No alla guerra, Sì alla cultura', per contestare i tagli, effettuati dal Ministro Gelmini a scuola, a università e ricerca; mentre, di contro, il Ministero della Difesa provvede all'acquisto di 131 cacciabombardieri F35 e le spese militari ammontano a 20 miliardi annui.


In piena crisi economica il governo Berlusconi ha sferrato il più grande attacco che un governo di questa Repubblica abbia mai condotto al futuro dei giovani.

Meno 7,3 miliardi di euro. A tanto ammontano i risparmi che il Ministro dell’Istruzione Gelmini vuole realizzare. Un miliardo e seicento milioni nel solo 2010.

Destino analogo per università e ricerca che quest’anno vedono ridursi di 810 milioni il proprio stanziamento.

A questo si aggiungano i 232 istituti culturali ai quali il Ministero della Cultura ha già tagliato i fondi statali.

E mentre si fa cassa sulla pelle di studenti e lavoratori accade che, sempre nel 2010, il bilancio del Ministero della Difesa stanzierà 20 miliardi di euro di spese militari mentre nei prossimi anni spenderà ben 13 miliardi per l’acquisto di 131 cacciabombardieri F35.

Il tutto nonostante la nostra Costituzione reciti: “L’Italia ripudia la guerra”.

Curiosa coincidenza vuole poi l’inizio dei lavori di assemblaggio degli F35 proprio all’avvio di questo difficile anno di nuovi tagli. Il recinto dell’aeroporto di Cameri, presso Novara, è solo uno dei luoghi destinati all’operazione.

CHE FUTURO VOGLIAMO?

Per opporsi a tutto questo, a un anno di distanza dall’invito rivolto alle scolaresche dal Provveditore agli studi di questa Provincia ai festeggiamenti per il centenario dell’aeroporto di Cameri, il Comitato docenti e ATA precari e sottoprecari di Novara e USN- Unione studenti novaresi- dichiarano con fermezza:
  • NO all’insegnamento dell’uso delle armi e della cultura militare nelle scuole come proposto dal protocollo dei Ministri Gelmini-La Russa;
  • ad una scuola di qualità con: laboratori, aule sicure, classi non sovraffollate, didattica al passo coi tempi;
  • NO all’acquisto dei caccia bombardieri F35 e ad ogni altra inutile spesa militare;
  • ad un’università di qualità e ai finanziamenti alla ricerca;
  • NO alla cultura della paura e ad una falsa retorica della sicurezza che crea eserciti inutili;
  • ad un esercito di cittadini consapevoli educati alla cultura della legalità e della non violenza;
  • NO ai teatri di guerra che lasciano dietro di sé morti, sfollati e macerie;
  • ai teatri, alla musica, e a quanto nutre la coscienza civile di una società e del suo popolo;
  • NO ad una scuola che taglia sul sostegno lasciando soli gli alunni disabili e le loro famiglie;
  • ad una scuola che insegni il valore dell’integrazione e del dialogo tra i popoli.

giovedì 4 novembre 2010

Siamo in Guerra?



Questa è la domanda che è stata posta in Parlamento dopo le ultime uccisioni di militari italiani in Afghanistan. E dire che dal 2003 in poi si è parlato di “missione di pace”; in realtà la missione è sempre stata sotto comando militare, in particolare della NATO e le logiche con cui è stata portata avanti sono sempre state logiche di guerra: e se ne vedono gli effetti.





Disegno da un 12enne Afgano



Un dato molto significativo è come è cresciuto negli anni l’impegno italiano in termini di uomini e di spesa: dal contingente di 1000 militari nel 2003 si arriva a 3900 nel 2010, con una previsione di 4500 per il 2011, mentre i costi sono passati da 100 milioni di euro nel 2003 a 675 milioni di euro nel 2010. Tra il 2003 e oggi hanno ruotato nel teatro delle operazioni 90.000 uomini con turni di avvicendamento passati da quattro a sei mesi, mentre dall’inizio della missione il costo complessivo è stato di 3 miliardi e 100 milioni di euro

Per farci un’idea di cosa accadrebbe se rovesciassimo la logica, come scrive il coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo, “la spesa militare è uno svantaggio… Disarmo e pace non sono solo giusti per chi ci crede, ma anche convenienti: in dieci anni le spese militari mondiali sono cresciute del 50%, da 1000 a 1500 miliardi e l’industria bellica ha avuto una flessione dei posti di lavoro”, mentre quegli stessi soldi investiti nella società permetterebbero “un raddoppio dei posti di lavoro e la crescita di 1,5 volte per lo sviluppo economico in generale”.

Oltre ai costi esorbitanti, sappiamo che nell’informazione corrente è stata nascosta la realtà di quanto stava accadendo, e chi, come Emergency, faceva conoscere la verità, è stato esposto a censure, critiche e attacchi. Adesso cominciano a uscire documenti, tenuti finora segreti, sulle decine di migliaia di vittime civili e sulle responsabilità delle truppe dei vari paesi, italiani inclusi.

Per anni, hanno detto che lo scopo della missione era riportare in Afghanistan la democrazia e la pace e promuovere i diritti delle donne. Soltanto attraverso le relazioni dirette con associazioni di donne afgane abbiamo potuto seguire nel tempo la situazione con cui si confrontavano e conoscere la capacità di resistenza attiva e non armata della popolazione e il coraggio delle donne che permette loro di dire apertamente che vogliono la fine di ogni azione di guerra, dell’occupazione militare e del potere dei signori della guerra e dell’oppio, ormai chiaramente sostenuti dagli Stati Uniti.

Queste donne sono punto di riferimento per intere popolazioni per la capacità che hanno dimostrato di sapere interpretare il loro dolore e cogliere le loro necessità: di qui la fondazione e la gestione diretta di associazioni per le donne, per l’istruzione di bambine e bambini, che già clandestinamente era portata avanti sotto il regime dei talebani e l’impegno politico e umanitario irto di difficoltà e gravi rischi.

Con i combattimenti in corso le donne vengono espropriate della possibilità di esprimersi, insieme ai bambini sono il bersaglio del massacro dei civili, ma sono consapevoli della sua inutilità e crudeltà.

Dobbiamo sostenere le donne afgane e la società civile e chiedere fermamente la fine dell’occupazione dell’Afghanistan e il ritiro delle truppe italiane e di ogni paese.

lunedì 1 novembre 2010

Solidarieta' con le Madri in Lutto in Iran


Le Donne in nero italiane esprimono la loro solidarietà alle Madri di Park Laleh(Madri in lutto in Iran) che sostengono Zhila Mahdavian madre di Hesan Tarmasi e Akram Neghabi madre di Saeed Zeinali, imprigionate per aver difeso i loro figli incarcerati nelle dure prigioni iraniane. Chiedono che vengano liberate il più presto possibile e che il governo iraniano rispetti i diritti umani,i diritti delle donne e il diritto delle madri di difendere i loro figli.

Akram Neghabi e' la madre di Saeed Zeynali- uno studente che e' stato arrestato 11 anni fa. Finora, sua madre non ha ricevuto nessuna notizia di lui.

Zhila Mahdavian e' la madre di Hesam Tarmasi; Hesam e' stato arrestato dalle forze di sicurezza durante una protesta dopo le elezioni. E' stato rilasciato ma da allora e' stato in ospedale con problemi gravi di reni e fegato.


Queste madri e famiglie cercano la verita' sull'uccisione, incarcerazione e sparizione dei loro cari. Vogliono risposte dal governo e chiedono la liberazione incondizionata di tutti i prigionieri politici e prigionieri di coscienza.

Liberate la Pace

L'11 Ottobre, Abdallah Abu Rahmah ha ricevuto la sentenza del tribunale militare israeliano che lo condanna a 12 mesi di carcere per il suo coinvolgimento nella lotta popolare nonviolenta di Bil’in contro il Muro e gli insediamenti.

Abdallah Abu Rahmah, coordinatore del Comitato Popolare di resistenza nonviolenta di Bil’in contro il Muro e gli insediamenti, è stato arrestato lo scorso anno dai soldati durante un raid notturno nella sua abitazione. È stato successivamente incriminato davanti ad una Corte militare Israeliana con accuse prive di fondamento, tra cui quella di aver tirato pietre contro i soldati durante le manifestazioni, oltre al possesso di armi.

Abu Rahmah è stato prosciolto da entrambe le accuse, ma condannato per aver organizzato manifestazioni illegali ed aver incitato la popolazione a partecipare. Quello di Abu Rahmah è un caso esemplare del cattivo utilizzo del sistema legale militare israeliano in Cisgiordania, che ha il chiaro proposito di mettere a tacere il legittimo dissenso politico della popolazione.

La sua condanna è stata oggetto di forti critiche anche a livello internazionale: Catherine Ashton, Alto Rappresentante dell’UE per la Politica Estera e di Sicurezza Comune, e Vicepresidente della Commissione, ha espresso la viva preoccupazione “che la possibile condanna del signor Abu Rahmah sia volta ad impedire, a lui o ad altri palestinesi, il legittimo esercizio del loro diritto di protesta”, dopo che i diplomatici dell’Unione Europea erano stati presenti a tutte le udienze del processo. Alle dichiarazioni di Catherine Ashton ha fatto seguito quella, non dissimile, del Parlamento Spagnolo.

Purtroppo, il governo italiano non ha fatto una simile dichiarazione. Il gruppo americano, Jewish Voices for Peace, hanno organizzato una campagna di lettere diretta a molti governi, incluso quello italiano.
Clicca qui per mandare una lettera a Franco Frattini.




"Liberta' - Senza Muri, Senza Confini"

si legge sullo striscione di attivisti durante una protesta al centro di Tel Aviv per la liberazione di tutti i prigionieri politici.