lunedì 1 dicembre 2008

Non possiamo aggredire nel nome della difesa o incarcerare nel nome della libertà

Con queste parole si chiude la lettera degli studenti e delle studentesse che rifiutano il servizio militare nei territori palestinesi occupati.

Raz Bar-David Varon è una delle firmatarie della lettera di rifiuto del servizio militare dei maturandi delle scuole superiori nel 2008, ha dichiarato il suo rifiuto a servire nell'esercito israeliano.

Raz è stata condannata a 21 giorni di carcere militare. E' la quinta donna condannata tra i maturandi delle scuole superiori che nel 2008 hanno firmato la lettera di rifiuto del servizio militare e per questo condannate al carcere militare negli ultimi tre mesi. Omer Goldman, Tam
ar Katz e Mia Tamarin hanno finito il loro secondo periodo di carcere e sono in attesa delle decisioni dell'esercito su di loro.

In una breve dichiarazione nel giorno del suo arresto, Raz ha detto:

Oggi sono qui per rifiutare il servizio militare nell'esercito israeliano. Sono stata testimone dell'opera di devastazione, di spari e di umiliazioni inflitta da questo esercito a persone che io non conosco ma che ho imparato a rispettare per la loro capacità di andare avanti giorno dopo giorno nonostante questi orrori. La realtà è complessa ovviamente.

C'è la storia, la politica, ci sono i politici, i confini, le bandiere. Si suppone vi sia una buona ragione per tutto ciò. Una ragione che viene addotta per la mia in
columità. Mi viene da urlare: 'Tutto questo non mi difende affatto! Invece mi fa male!' Mi fa male vedere quel popolo, i palestinesi, che viene così brutalizzato e mi fa male quando essi rivolgono il loro odio contro di me a causa di tutto ciò.

Non sono venuta al mondo per fare il soldato di un esercito che occupa un'altra terra e la lotta contro questa occupazione è anche la mia lotta. E' una lotta per la speranza, per un mondo che a volte sembra così lontano da realizzare. Io ho una responsabilità verso questa società. Quella di rifiutarmi di fare il soldato.


Queste ragazze che si rifiutano "di fare il soldato" perché vogliono costruire un mondo di pace fra due popoli sulla base della conoscenza e del rispetto reciproco hanno rotto il silenzio sulla grave situazione in Palestina. Una situazione in cui siamo complici tutti noi, per il nostro silenzio e il silenzio dei nostri governi.

Per mandare un messaggio al ministro della difesa israeliano esigendolo ad ascoltarle invece di incarcerarle, clicca qui

La situazione dei territori occupati palestinesi è sempre più tragica:

Soprusi e umiliazioni, violazione di tutti i diritti umani e del diritto internazionale, morte e distruzione sono div
entati la realtà quotidiana.

Crescono gli insediamenti israeliani sulla terra palestinese, cresce il muro che divide brutalmente quartieri, città, famiglie e comunità, separa i villaggi dai centri urbani e gli agricoltori dalle loro terre.

Centinaia di posti di blocco impediscono alle persone di muoversi liberamente e avere una vita normale.

La striscia di Gaza è un grande carcer
e dove né esseri umani né merci possono né uscire né entrare, dove la popolazione è privata di cibo, acqua, energia elettrica, farmaci e cure mediche.

L'ambiente palestinese oggi è una combinazione di privazioni, povertà, rabbia, sentimenti di impotenza e disperazione che rischiano di sfociare in una maggiore violenza e conflitti. La punizione collettiva che israele infligge agli abitanti della striscia di gaza è un crimine. Secondo la legge umanitaria internazionale le persone non possono essere punite per reati che non hanno personalmente commesso, tale divieto si riferisce a punizioni inflitte a persone e gruppi interi di persone, in contrasto con i più elementari principi di umanità, per atti che queste persone non hanno commesso.

Di fronte a questi crimini governi, unione europea, ONU non si assumono la responsabilità di condannare la politica crudele ed illegale del governo israeliano, politica che non si può giustificare con motivi di “sicurezza” e che non porterà mai alla pace.

Raccogliendo il messaggio delle studentesse israeliane che rifiutano di fare il soldato e di quante e quanti in israele e in palestina con la loro resistenza nonviolenta rappresentano l’unica speranza di cambiamento;

il mercoledì 3 dicembre le Donne in Nero di Padova saranno alle 17 in piazza Garibaldi

Con la nostra presenza vogliamo rompere il silenzio sulla negazione dei diritti delle donne e degli uomini palestinesi ed esprimere la nostra solidarietà a chi continua a lottare per una pace giusta.

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