Lettera aperta dal gruppo che e' stato in Palestina con l' Associazione per la Pace dal 18 al 26 Luglio, in appoggio al Freedom Theatre.
Il 27 luglio, il giorno successivo al nostro rientro dal viaggio dell’Assopace guidato da Luisa Morgantini in Israele e nei Territori Occupati Palestinesi, abbiamo appreso con sgomento che all’alba di quello stesso giorno militari dell’esercito israeliano avevano fatto irruzione al Freedom Theatre che si trova nel campo profughi di Jenin.
L’ennesima violazione, da parte di Israele, della legalità internazionale, perché Jenin, in base agli accordi di Oslo, è classificata come “area A”, a completa sovranità (anche militare) palestinese, dove quindi l’esercito israeliano non ha diritto di accesso.
C’eravamo stati sabato 23 luglio al Freedom Theatre. Ad accoglierci non c’era purtroppo Juliano Mer-Khamis, l’attore, regista e attivista “al cento per cento israeliano e al cento per cento palestinese” – come lui stesso teneva a definirsi - il quale nel 2006 ridiede vita allo “Stone Theatre”, raso al suolo nel campo profughi di Jenin dagli israeliani nel 2002, durante la Seconda Intifada, ribattezzandolo col nome di “Freedom Teatre”
Lo Stone Theatre il (Teatro delle Pietre), era stato fondato dalla madre di Juliano, l’attivista ed educatrice israeliana Anna Mer, che aveva sposato il palestinese di fede cristiana Samil Khamis. Un progetto, quello del teatro, inteso come strumento di educazione alternativa per i bambini del campo profughi segnati dai traumi dell’occupazione israeliana, delle morti e della violenza durante l’intifada, e spesso carichi di rabbia e desiderio di vendetta. Juliano era diventato l’insegnante di quei ragazzi, dei quali filmerà il percorso nel documentario “Arna’s Children” (2003).
La vita di Juliano è stata stroncata nell’aprile scorso dal proiettile di un fanatico.Un omicidio solo apparentemente senza senso: il teatro che ha coinvolto i ragazzi di Jenin ha permesso loro, attraverso la creatività, di elaborare la disperazione e i lutti subiti, trasformando la sete di vendetta in desiderio di giustizia e di liberta’ da rivendicare attraverso la pratica della cultura e della nonviolenza.
La morte di Juliano non è stata però sufficiente a far serrare le porte del Freedom Theatre, perché la sua energia, i suoi ideali, i suoi sogni, erano condivisi dalle persone intorno a lui. Tra loro Zakariya Zubeidi, ora trentacinquenne, un combattente della Seconda Intifada, l’unico superstite del gruppo di ragazzi del Teastro di Arna. Zakariya che ha scelto di deporre il fucile e abbracciare la lotta pacifica. Che ha il viso segnato dai sei attentati subiti dalle unità speciali dell’esercito israeliano. Che dopo la morte di Juliano temeva di essere in pericolo anche lui insieme agli altri suoi compagni nel campo di Jenin, ma che ora ha un solo desiderio: non veder morire più nessuno di morte violenta.
E allora questi ragazzi non si sono dati per vinti: sono riusciti ad ottenere nel campo la protezione della polizia palestinese (che non li salva pero’ dall’intervento dei soldati israeliani) e con l’aiuto e la solidarietà degli internazionali stanno proseguendo il lavoro del teatro, i corsi di recitazione, l’allestimento degli spettacoli Gli studenti del primo anno sono appena tornati dall’aver portato l’ultimo spettacolo in Francia.
Li abbiamo incontrati e ascoltati nella sala del teatro, sui loro volti la luce di chi ritrova il coraggio di non abbandonare i propri sogni, la gioia che nasce dalla forza di vincere la disperazione per raccogliere l’eredità di chi non c’è più. Per non farlo morire ancora una volta, per farlo continuare a vivere. Parlando con noi hanno ribadito il loro messaggio a chi ha assassinato Juliano: “Avete ucciso lui, ma non potete uccidere le sue idee e il bisogno di liberta’”. Era palpabile la loro potenza, l’energia prorompente di chi ha scelto di combattere nutrendo l’umanità, di non uccidenderla anche dentro di sé.
Tutti noi – con un groppo in gola – abbiamo sentito che quei ragazzi possono farcela. E il raid israeliano dimostra quanto la loro determinazione e il loro lavoro culturale facciano paura – più delle armi - ad Israele.
Ma non dobbiamo lasciarli soli! Il Freedom Theatre è un patrimonio che appartiene non solamente a chi combatte per la libertà della Palestina, ma anche a tutti coloro che si battono per la giustizia attraverso azioni non violente. È un piccolo prezioso tempio di pace e di speranza in un mondo più giusto e umano, e tutta la società civile dovrebbe farsi carico della sua difesa e della libertà delle persone che gli danno vita.
NON LASCIAMOLI SOLI !
- Facciamo circolare, inviamo messaggi di solidarietà al sito www.thefreedomtheatre.org
- Raccogliamo i fondi per l`affitto di un anno della nuova sala per la scuola del teatro.
Occorrono 8.000 euro (ottomila). Potete versare sul conto intestato: Associazione per la Pace su Banca Popolare Etica
IBAN: IT 27 F 05018 03200 000000504090
Causale: Teatro della Liberta’ – Jenin
Per info: lmorgantiniassopace@gmail.com
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