mercoledì 29 luglio 2009

Gaza - una discesa nella miseria e nella disperazione


Un rapporto del Comitato Internazionale della Croce Rossa ha descritto la situazione nella Striscia di Gaza come "1.5 milioni di persone intrappolate nella disperazione. Anche le ONG italiane, impegnate nella Striscia di Gaza esigono un cambiamento nella politica internazionale per affrontare l'emergenza politica e umanitaria.





Dal Rapporto del Comitato Internazionale Della Croce Rossa

Negli ultimi 2 anni un milione e mezzo di palestinesi residenti nella Striscia di Gaza sono stati intrappolati in un ciclo interminabile di deprivazione e disperazione.

In seguito ad elezioni considerate democraticamente svolte dai rappresentanti del parlamento europeo l’aver scelto una maggioranza appartenente ad Hamas ha fatto decidere il governo israeliano in modo unilaterale il blocco di merci e persone, per non parlare dell’acqua, dei pezzi di ricambio, dei medicinali che permettano alla popolazione inerme di Gaza di sopravvivere


Il comitato internazionale della croce rossa ha ripetutamente sostenuto che il diritto di Israele di difendersi deve essere bilanciato con il diritto della popolazione di Gaza a una vita normale e degna.
Per la legge internazionale, Israele e' obligata ad assicurare alimenti, acqua, case e cure mediche per la popolazione.

Il comitato internazionale della croce rossa richiede la fine delle restrizioni sui movimenti delle persone e dei beni come prima e urgente misura per mettere fine all'isolamento di Gaza e per permettere alla gente di ricostruire le proprie vite.

I quasi 4.5 migliaia di dollari promessi per la ricostruzione al summit internazionale svoltosi in Egitto nel marzo 2009 servira' a ben poco se materiali per la ricostruzione non possono essere importati a Gaza.


Ma la ricostruzione da sola non offre un modo sostenibile per rimettere in piedi Gaza. Tornare alla situazione prima dell'ultima operazione militare sarebbe inaccettabile, in quanto servirebbe solo a perpetuare la condizione intollerabile di Gaza. Una soluzione durevole richiede cambiamenti fondamentali nella politica israeliana, come permettere le importazioni e esportazioni, aumentare il flusso di beni e di persone al livello di maggio 2007, permettere ai contadini di accedere alla propria terra nella zona del confine, restituire ai pescatori l'accesso alle acque profonde.


Le azioni umanitarie non possono sostituire i passi politici che sono necessari per effettuare questi cambiamenti. Solo un processo politico onesto e coraggioso e che includa tutti gli stati, le autorita' politiche e i gruppi armati organizzati coinvolti puo' dare speranza alla situazione tragica di Gaza e restituire una vita degna alla sua popolazione.
L'alternativa e' una discesa nella miseria e nella disperazione che diventa piu' profonda ogni giorno che passa.













Tanti bambini sono stati testimoni
alla violenza e adesso sono traumatizzati.














Il livello spaventoso di poverta' e'
collegato direttamente alla chiusura.
La situazione e' diventata cosi' severa
che anche se i valichi si aprissero domani,
ci vorebbero anni per ricupare.
















Khalili non può ricostruire la sua casa
perché il blocco ai confini della Striscia
non permette l’arrivo di materiale per la
ricostruzione.














La marina israeliana permette ai
pescatori di Gaza di uscire solo fino
a 3 miglia nautiche dalla costa.
Questo significa che il pescato è
quasi sempre scarso .



Apello delle ONG Italiane su Gaza:

SEI MESI DOPO L'OPERAZIONE MILITARE ISRAELIANA "PIOMBO FUSO"
A GAZA NULLA E' CAMBIATO

Gerusalemme, 22 luglio 2009

Le Organizzazioni non governative italiane impegnate nella promozione e nella tutela dei diritti del Popolo Palestinese rilanciano l’appello promosso da una coalizione di organizzazioni umanitarie tra cui Oxfam International, Care West Bank and Gaza, War Child Holland e Medical Aid for Palestinians UK, in cui si chiede alla comunità internazionale e in particolare all’Unione Europea, di compiere maggiori sforzi per rispondere concretamente ai bisogni della popolazione di Gaza colpita dall’ultima offensiva militare israeliana.

Sono trascorsi sei mesi dalla fine dell'attacco militare israeliano a Gaza e centinaia di migliaia di persone non hanno ancora una casa e non hanno accesso ai servizi di base, come l’acqua potabile. L’economia, incluso il settore agricolo, è quasi al collasso e la ricostruzione sembra un’impresa impossibile. L’Operazione Piombo Fuso (Cast Lead) ha distrutto il tessuto economico già fortemente indebolito dall’embargo imposto dal Governo Israeliano.

Non ha senso continuare a privare le persone dell’opportunità di lavorare e sostenere le proprie famiglie. I valichi di frontiera devono essere aperti subito in modo da facilitare la ripresa delle attività economiche nel più breve tempo possibile.

La ricostruzione è attualmente fortemente limitata a causa del divieto imposto dal Governo israeliano di far entrare nella Striscia di Gaza materiali come cemento e ferro. Ciò significa che 20,000 famiglie le cui abitazioni sono state rase al suolo o severamente danneggiate durante l’ultimo conflitto, non possono riprendere una vita normale. Molti sono costretti a vivere in campi profughi o in abitazioni improvvisate e del tutto precarie. Inoltre, circa 35,000 persone non hanno accesso all’acqua potabile e a un sistema sicuro di trattamento delle acque reflue. La ricostruzione di scuole, ospedali, università e di molte altre infrastrutture pubbliche non ha ancora avuto inizio. Cibo e medicine passano, in modo irregolare, solo attraverso il valico di Kerem Shalom e molte scorte di medicinali sono in fase di esaurimento.

Nessun passo in avanti è stato compiuto dalla comunità internazionale per garantire l’entrata a Gaza degli aiuti e dei materiali di costruzione. E’ giunto il momento che i leader mondiali intraprendano azioni concrete volte a fare pressioni sul Governo Israeliano affinché i valichi vengano aperti e garantiscano l’entrata degli aiuti e dei materiali per la ricostruzione. Le restrizioni e i divieti imposti da Israele sono misure che violano i diritti umani della popolazione civile di Gaza. Tutto questo è inaccettabile.

Pertanto facciamo appello all’Unione Europea affinché:

  • congeli il rafforzamento dell’accordo di associazione UE-Israele, accordo che ha come prerequisito da parte dello Stato di Israele il rispetto “dei principi della Carta delle Nazioni Unite, in particolare il rispetto dei diritti umani, dei principi democratici e la libertà economica” (“EUROMEDITERRANEAN AGREEMENT” – Preamble);
  • compia tutti gli sforzi diplomatici necessari per garantire il pieno rispetto del diritto internazionale tenendo fede agli impegni presi per rilanciare il processo di ricostruzione a Gaza.

Richiediamo, inoltre, al Governo Italiano che ha stanziato quattro milioni di euro per aiuti di emergenza indirizzati alla popolazione della Striscia di Gaza di esercitare le pressioni necessarie sul Governo di Israele affinché garantisca l’apertura dei valichi di frontiera ed il passaggio dei beni necessari per realizzare le attività ed i progetti di ricostruzione e di riabilitazione finanziati attraverso tali fondi. Come affermano le agenzie delle Nazioni Unite nei loro rapporti, il miglioramento delle condizioni della popolazione della Striscia di Gaza non è possibile senza l’apertura dei valichi di frontiera che permettano il passaggio di merci necessarie per la ricostruzione, come il cemento, e la ripresa delle attività commerciali e produttive.



I Firmatari
ACS
CISP
CISS
COSPE
CRIC
CENTRO INTERNAZIONALE CROCEVIA
DISVI
EDUCAID
MEDINA
OVERSEAS
TERRE DES HOMMES - ITALIA
VIS

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