venerdì 17 aprile 2015

Donne in prima linea contro gli attacchi in Yemen

Noi avremmo voluto che i paesi del Golfo, invece di affrettarsi a bombardarci, privilegiassero il dialogo ed invitassero le due parti a un negoziato. Avremmo anche preferito che la comunità internazionale utilizzasse i mezzi di pressione diplomatica, ad esempio che l’Onu esigesse dai ribelli Houthi il disarmo. Invece di ciò, essa ha dato la sua benedizione agli attacchi contro i loro magazzini di armi, senza tener conto dei civili.
Angela Abu Asba, docente al’Università di Sanaa ed attiva nell’associazione femminista “Donne unite".

Meno di una settimana dopo l’inizio dell’offensiva aerea condotta dalla coalizione di 9 paesi arabi contro i ribelli Houthi in Yemen, la popolazione aveva già pagato un pesante tributo: più di 50 civili sono morti negli attacchi, quando decine di donne yemenite sono scese in piazza, sperando ancora di poter frenare la spirale di violenza

Le manifestanti hanno chiesto la fine degli attacchi sullo da parte della coalizione guidata dall’Arabia Saudita, che appoggia le forze fedeli al presidente yemenita Abd Rabbo Mansour Hadi contro i ribelli Houthi e hanno esortato gli Houthi a rinunciare alla guerra.

Angela Abu Asba, ha partecipato ad un raduno di donne a Sanaa per denunciare gli attacchi:

Noi facciamo appello a tutte le donne dello Yemen perché diventino costruttrici di pace. Noi abbiamo organizzato questo raduno perché in quanto donne, sorelle, madri, noi non possiamo restare in silenzio di fronte a questa situazione.
 
Tutti i QG degli Houthi che sono bombardati a Sanaa, le caserme, il palazzo presidenziale, sono situati in quartieri residenziali. Sono state spazzate via case, e sono morti dei civili innocenti, in questi attacchi. Le scuole e la maggior parte delle attività commerciali sono chiuse. La gente è atterrita. Non osano più uscire di casa, e anche dentro non sono al sicuro.

Le ragazze rappresentano più del 70% degli studenti che frequentano l’istituto di lingue in cui lavoro. Da 5 giorni, non vengono più ai corsi. L’università per loro era una boccata di ossigeno e una speranza di futuro in questa società conservatrice. L’edificio non ha chiuso i battenti, ma ormai i loro genitori non le lasciano più venire. E’ una situazione incresciosa!

La nostra iniziativa unisce donne di ogni tipo, insegnanti, attiviste di partiti politici, professioniste. Ma noi condividiamo lo stesso obiettivo: vogliamo la pace per il nostro paese e facciamo appello a tutte le donne dello Yemen perché diventino costruttrici di pace.

Certo, noi denunciamo questo intervento straniero nel nostro paese, ma ce l’abbiamo anche con gli Houthi, che stanno mettendo a ferro e fuoco il sud del paese, le province di Aden, Lahj, Ad Dali’. Se siamo qui oggi è a causa di Abdelmalek Al-Houthi (il leader della rivolta houthi) e del presidente Hadi. L’uno è nascosto da qualche parte al sicuro e l’altro è confortevolmente alloggiato nei saloni sauditi, mentre gli Yemeniti sono massacrati.

Nel nostro paese hanno cominciato a diffondersi discorsi settari.  Noi avremmo voluto che i paesi del Golfo, invece di affrettarsi a bombardarci, privilegiassero il dialogo ed invitassero le due parti a un negoziato. Avremmo anche preferito che la comunità internazionale utilizzasse i mezzi di pressione diplomatica, ad esempio che l’Onu esigesse dai ribelli Houthi il disarmo. Invece di ciò, essa ha dato la sua benedizione agli attacchi contro i loro magazzini di armi, senza tener conto dei civili.

Ieri, ho preso alcune foto di una collina della periferia di Sanaa, dove erano state bombardate le armi. Le schegge sono arrivate fino alle case del mio quartiere e fatto tremare le finestre. Non oso immaginare cosa sia capitato ai civili che vivono vicino a quella collina.

In questi ultimi tempi, nel nostro paese hanno cominciato a diffondersi discorsi settari, discorsi di una contrapposizione fra sunniti e sciiti che non esiste nelle tradizioni della nostra società. Noi facciamo appello a tutte le donne dello Yemen perché lottino contro i discorsi di odio e vengano in aiuto alle vittime. Noi continueremo la nostra mobilitazione contro questa guerra immonda. Se occorre usciremo nelle strade, formeremo degli scudi umani per fermare questo conflitto fratricida.”

Oggi sulla sua pagina facebook, Angela Abu Asba ha fatto un appello a tutte le organizzazioni della società civile e alle agenzie umanitarie del mondo.

Oltre 25 milioni di yemeniti stanno affrontando una catastrofica crisi umanitaria nel vero senso della parola. Necessità come cibo, acqua e medicine non sono accessibili. A causa di lunghe interruzioni della fornitura di energia elettrica, ospedali non possono funzionare.

Facciamo appello a voi di mettere tutti i vostri sforzi per fermare questa guerra e le lotte intestine che sono causati da interessi politici regionali e internazionali. politico.

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