martedì 23 aprile 2013

Restistenza, Giustizia e Diritti


Per l'introduzione del reato nel codice penale italiano

Nessuna circostanza eccezionale, quale che essa sia, che si tratti di stato di guerra o di minaccia di guerra. di instabilità politica interna o di qualsiasi altro stato di eccezione, può essere invocata per giustificare la tortura.

Nessuno Stato Parte espellerà, respingerà o estraderà una persona verso un altro Stato nel quale vi siano seri motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta alla tortura.

Dalla Convenzione delle Nazione Unite Contro La Tortura

Il 25 aprile, festa della Liberazione dal nazifascismo, ci fa rivivere la Resistenza: quella data ha segnato la fine della guerra in Italia e nello stesso tempo ha riaperto la possibilità per tutte e tutti di pensare di avere dei diritti e di poterli esercitare. Noi Donne in Nero, antimilitariste e nonviolente, partecipiamo sempre con convinzione e consapevolezza di ciò che ha significato: la chiusura di una fase con cui dire mai più guerra, mai più orrori, mai più negazioni della dignità umana; per costruire un nuovo modo di stare al mondo.

In tutti questi decenni qualcosa si è fatto: sia nella legislazione italiana che in convenzioni e trattati internazionali sottoscritti da molti paesi (e anche dal nostro!) sono stati riconosciuti molti diritti individuali e collettivi. Proprio per questo ci è parso gravissimo che il Presidente della Repubblica, alla fine del suo mandato, abbia concesso la grazia all'ufficiale statunitense Joseph Romano, condannato a cinque anni per il rapimento dell'imam Abu Omar, avvenuto a Milano nel febbraio 2003.

Perché ne siamo indignate?

Abu Omar venne sequestrato in circostanze misteriose e dopo mesi si seppe che era stato portato al Cairo e torturato. La magistratura italiana ricostruì che si era trattato di una “extraordinary rendition”: sparizione forzata di una persona e suo invio in un paese in cui si possono verificare episodi di tortura, e si sono verificati.

Chi l'aveva attuata?

Agenti della Cia insieme con agenti dei servizi segreti italiani. Il processo, per quanto ostacolato dai governi che si sono succeduti, ha portato a incriminazioni e arresti e infine alla condanna dei 23 agenti della Cia, dell'ufficiale J. Romano, del numero 3 del Sismi Marco Mancini e del generale Niccolò Pollari, all'epoca responsabile dei nostri servizi segreti militari.

Lo Statuto della Corte Penale Internazionale, cui l'Italia ha aderito, include fra i crimini contro l'umanità la “sparizione forzata di persone” ed esclude che i responsabili possano invocare qualsiasi forma di immunità. E quindi, secondo noi, tanto meno in questi casi può essere accordata la grazia.

Il trattato internazionale che condanna la tortura è stato sottoscritto dall'Italia nel 1989 e da allora nessun Parlamento italiano ha prodotto una legge che riconosca la tortura come reato. Per stabilire la giustizia è attualmente in corso la raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare: “per quello che non doveva succedere, per quello che non è ancora successo, perché non accada mai più”.

Quindi c'è ancora molto da fare per costruire quel mondo di giustizia, di pace, di rispetto dei diritti umani, di solidarietà e convivenza civile: quella visione e quella promessa che il 25 aprile ci ricorda ogni anno.

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