mercoledì 16 giugno 2010

Di ritorno da Palestina e Israele - Giuliana e Marianita

Dal 19 al 27 aprile abbiamo partecipato al viaggio in Israele e Palestina organizzato dall’Associazione per la Pace con Luisa Morgantini.

Molto tempo era passato dai nostri precedenti viaggi (Giuliana dal 2005 per l’Incontro internazionale delle Donne in Nero a Gerusalemme, Marianita da un viaggio a cavallo tra il 2000 e 2001, all’inizio della seconda Intifada).

E’ stata una settimana pienissima, durante la quale abbiamo potuto partecipare a eventi importanti come la V° Conferenza internazionale per la resistenza popolare nonviolenta a Bil’in, e incontrare e visitare persone, gruppi, luoghi significativi.

Nel documento alla fine potrete leggere tutto il racconto dettagliato del viaggio. Ora vogliamo solo comunicare quello che più ci ha colpito.

Innanzi tutto un’impressione che ci ha sconvolto: la Palestina non c’è più, è stata un po’ alla volta rosicchiata, inghiottita, divorata dal muro, dalle strade, dai checkpoint ma soprattutto dalle colonie che dominano il paesaggio della Cisgiordania, dove città e villaggi isolati tra loro affiorano come isole in un mare di occupazione. Anche Gerusalemme, “la santa”, “la città della pace”, è soffocata in una morsa di arroganza e sopraffazione che si fa cemento e muro e case demolite o rubate e nuovi insediamenti.

Ma se la Palestina sta scomparendo, i Palestinesi e le Palestinesi esistono e resistono: a Bil’in e nei comitati popolari di altri villaggi che hanno scelto la via della resistenza non armata, della lotta per i loro diritti portata avanti con tenacia nonostante gli arresti, le botte, le reazioni violente dell’esercito israeliano che non si vergogna di sparare contro civili disarmati, ferendoli e a volte anche uccidendoli; nella Valle del Giordano dove accerchiati da colonie che rubano la terra, l’acqua, la vita, continuano a cercare di coltivare la poca terra che ancora non gli è stata sottratta; a Nablus dove nel campo profughi di Balata o in città si organizzano attività per dare speranza di un futuro a bambine e bambini, ragazze e ragazzi che ancora sognano una vita “normale”, a Hebron – soffocata da insediamenti che si insinuano nel cuore della città – dove si restaurano le vecchie case e si tenta di ridare vita al vecchio mercato.

E con le Palestinesi e i Palestinesi continuano a resistere e lottare anche quelle Israeliane e quegli Israeliani che ogni venerdì affrontano con i comitati popolari palestinesi i soldati di Tsahal a Bil’in e non solo, o a Gerusalemme est protestano al ritmo di tamburi di fronte alle case rubate dai coloni e protette dalla polizia.

Dedichiamo questo racconto a tutte e tutti loro:

alla gente di Bil’in, di Nil’in e degli altri villaggi

alle famiglie di Sheik Jarrah rimaste senza le loro case e alle ragazze e ai ragazzi israeliani che li sostengono

a Fathy Khdirat che ci ha accompagnato lungo la Valle del Giordano

agli animatori del Yafa Cultural Center di Balata e della Human Supporters Association di Nablus

a Rauda Basir che continua a lottare per le donne e con le donne

alle ragazze e ai ragazzi di Nablus e dintorni che hanno ballato e suonato per noi

a Nurit Peled e Rami Elhanan del Parents Circle che dalla consapevolezza del dolore traggono la forza di ascoltare l’altro e costruire insieme la strada lunga e tortuosa della pace

a Nayla Ayesh che è venuta con noi a Haifa da cui mancava da 15 anni

alle attiviste e agli attivisti del Massawa Center per i diritti dei cittadini palestinesi di Israele in Haifa e alle donne di Isha Isha e di Aswat sempre ad Haifa

ai Combattenti per la pace che abbiamo incontrato a Giaffa e in particolare a Liri che sogna di sposarsi a un check point

ai responsabili dell’Hebron Rehabilitation Committee che con determinazione cercano di ricostruire il tessuto sociale del vecchio centro di Hebron

alle donne che lavorano e che hanno trovato rifugio nel Mehwar Center di Beit Sahour

a Nidé, a Tariq, a Sahaladdin, a tutte quelle e quelli di cui non ricordiamo il nome ma di cui non dimenticheremo il volto, la voce, il messaggio.

A Luisa per la passione con cui continua a vivere tutto ciò nonostante il dolore che tutto ciò significa e a Cecilia per la sua gentile disponibilità.

Viaggio in Palestina

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