Relato dell'incontro internazionale delle Donne in Nero a Montevideo, Uruguay, da Patricia Tough, donna in nero di Bologna
Care tutte,
Questo incontro è stato molto movimentato, incalzante e un po' confuso anche per i continui spostamenti da un luogo all'altro per le varie attività organizzate e una certa mancanza di organizzazione in particolare nella distribuzione degli incarichi da parte delle organizzatrici il tutto in una atmosfera di grande condivisione, affetto e allegria.
Le plenarie e i workshop si sono susseguiti e tutte le pause sono state riempite da incontri in café, ristoranti e case (quella di Ana Valdès, perlopiù) in cui la discussione continuava per cui non c'è stato un momento di tregua se non negli ultimi due giorni dopo la chiusura dell'incontro che però abbiamo usato in parte per riscrivere il documento finale dopo le modifiche apportate in plenaria il giorno precedente e in parte con le Mujeres de negro Uruguay e le Women in black inglesi e statunitensi, la belga, e poi Taghrid e Jerstin, rispettivamente palestinese e israeliana che hanno voluto come noi trascorrerli conoscendo la città e partecipando a iniziative organizzate a margine dell'incontro.
E' apparsa immediatamente chiara la diversità dei temi posti al centro del loro impegno da parte delle Mujeres de negro dell'Uruguay cioè finora prevalentemente la violenza domestica, il diritto all'aborto, il femminicidio che del resto erano i temi su cui le donne di quel paese sentivano maggiormente bisogno di attivarsi.
In questo senso le Mujeres de negro hanno lavorato molto bene e creato un'attenzione da parte delle istituzioni locali e del governo. Sono state capaci anche di promuovere manifestazioni molto partecipate di donne che hanno accettato di usare il simbolico delle Donne in nero (il nero e il silenzio) in modo “disciplinato” cioè non come accade alle volte nelle nostre uscite dove fatichiamo ad avere una uniformità su questi aspetti. Hanno posto il tema del destino degli orfani/e del femminicidio ottenendo una legge in proposito che garantisce aiuto socioeconomico a questi bambini così colpiti nei primi anni di vita.
Ana Valdès, tornata a vivere in Uruguay dopo un lungo esilio in Svezia, ha portato nel gruppo i temi del militarismo, della memoria di quanto accaduto nella dittatura, della necessità di verità, giustizia e riparazione anche se con una certa difficoltà a trovare una consonanza. Le/i torturate/i incontrano per la strada i loro aguzzini e “sono loro”, le vittime, a dover abbassare lo sguardo” come dice Ana. L'uscita dalla dittatura è stata infatti patteggiata nel 1985 fra militari e tupamaros con un accordo che ha portato alla “ley de caducidad” che ha voluto dire “impunità” cioè una pietra tombale su quanto accaduto.
Su nostra richiesta Ana, rimasta prigioniera della dittatura per 4 anni, ha organizzato un incontro con altre due exprigioniere, Anahit, di origine armena, rimasta in carcere per 11 anni e Elena per 4. Abbiamo pensato di fare loro una intervista in cui abbiamo chiesto della loro esperienza, come era nato il loro impegno politico, come avevano vissuto la reclusione, l'essere in balia totale dei torturatori ma anche la solidarietà, la capacità di continuare a discutere e a progettare il futuro anche se in cattività e continuo controllo da parte dei militari, anche lo stupore di fronte alle condanne loro comminate, alla estrema violenza della dittatura dentro e fuori dalle carceri, la gioventù e l'entusiasmo per un progetto di cambiamento che attraversava tutta America Latina e poi la delusione per l'esclusione dalle decisioni, il bisogno di verità e giustizia negato. In ogni caso il tema delle dittature è entrato in maniera prepotente nell'incontro e nei temi delle DIN con la presenza di Argentina, Cile, Guatemala, Uruguay.
L'Uruguay è un paese laico, la legge sul divorzio è del 1907 e non c'è religione di stato, non si insegna religione nelle scuole e queste sono pubbliche e obbligatorie per tutte/i oltre che gratuite fino all'università, il secolarismo diffuso si sente chiaramente nell'atmosfera che si respira in questo paese dove però una legge sul diritto all'aborto è stata ottenuta solo da poco tempo ed è caratterizzata da regolamenti che mostrano una mancata rinuncia al controllo sul corpo delle donne (e quindi sulla natalità e ai fini del controllo sociale) a dimostrazione che il patriarcato anche nel secolarismo limita, se può, le libertà femminili ma le donne non si perdono d'animo e hanno intenzione di far cambiare la legge. La gioventù è istruita c'è molto interesse per teatro, opera, musica classica, la legge permette i matrimoni omosessuali, la legalizzazione delle droghe leggere sotto controllo dello stato, il tutto molto recente. Nel centro di Montevideo, come a Bologna esiste la Zona della diversità sessuale con un edificio affidato alle organizzazioni gay e lesbiche, transgender e in generale lgbt.
Le donne partecipano attivamente alla politica, Montevideo ha una sindaca che ha proclamato Montevideo “città della pace” per tutta la durata del nostro incontro (6 gg.) e ha voluto che l'inaugurazione assumesse un carattere ufficiale, Durante questo evento abbastanza partecipato, Stasa ha preteso e ottenuto che venisse tolta la bandiera serba che ingenuamente era stata messa, insieme a quelle riferite alle altre delegazioni presenti (certo questo ha messo in luce una mancanza di consapevolezza del nostro sentire sulle questioni che riguardano nazioni/nazionalismo però hanno capito subito di aver fatto un errore). Il governo ha definito il nostro incontro di “interesse nazionale”.
Montevideo è una città politicizzata, in vari luoghi della città si propagandano in vari modi le ultime leggi sui diritti civili anche con proiezioni sulle pareti dei palazzi, Insomma questo incontro è stato immerso nella realtà locale, in modo un po' inusitato e anche questo sta a testimoniare modalità e approcci diversi fra le varie realtà in cui sono presenti nel mondo le donne in nero, si capiva anche che in determinati ambienti c'era interesse rispetto alla nostra realtà di donne in nero.
Da quello che abbiamo capito ci sono state diverse realtà che hanno chiesto di incontrarci, ad esempio abbiamo incontrato una delle 19 Comuna Mujer, luoghi gestiti da donne, dipendenti e volontarie, che offrono accoglienza e consulenza legale e psicologica alle donne che vivono nel dipartimento cui afferisce ogni Comuna (un “consultorio” per più quartieri). Il servizio è molto interessante e prevede anche attività di formazione e empowerment, hanno anche ricevuto la visita di Rigoberta Menchù cosa di cui sono molto orgogliose. Per quanto riguarda i casi di violenza in famiglia per cui la donna sia costretta ad allontanarsi dalla casa, il servizio/rifugio viene fornito direttamente dal governo attraverso “hogares” temporanei e segreti.
Abbiamo avuto la presenza di un gruppo di attiviste cilene di cui forse vi avevo già accennato, erano otto (una è arrivata da solo in macchina attraversando la Cordigliera delle Ande e hanno trovato molto stimolante la nostra proposta, più avanzata rispetto ai soli temi pur importantissimi della violenza sulle donne (femminicidio) dell'autonomia del corpo delle donne (depenalizzazione aborto -attuato con metodo farmacologico quindi a casa-; in Cile c'è la legge più restrittiva in tal senso), e in generale dei diritti sessuali e riproduttivi.
Loro sembrano molto interessate a sviluppare anche i nostri temi a partire dalla lotta contro la guerra come prodotto del patriarcato, e la violenza sistematica sulle donne nella guerra oltre che contro il militarismo che in particolare in Cile è un tema importante da da porre nell'agenda femminista. Ci hanno ringraziato per il valore che abbiamo dato loro e per aver aperto loro un nuovo orizzonte di impegno.
C'era una ragazza che rappresentava le donne in nero Armenia che ha portato video
sulle mobilitazioni che fanno nel loro paese, molto simboliche ma anche molto giovani non mancano infatti performance con musica e ballo.
Vorrei descrivervi anche le giornate dell'incontro per ora vi dico come si è svolta la prima giornata cioè il 19/8/2003 Jenny Escobar che alcune di noi conoscono ha introdotto l'incontro invitando i vari gruppi a presentarsi illustrando i temi prevalenti del loro impegno e le pratiche politiche.
Tutti i gruppi hanno portato il loro contributo che è stato sempre permeato anche dalla voglia di condividere, dell'importanza della rete e della forza che può dare a tutte noi, dell'importanza di incontrarci, di abbracciarci, parlarci, darci valore. In pomeriggio siamo andate all'inaugurazione ufficiale di cui ho già parlato in parte. Ha avuto luogo nel municipio dove siamo intervenute come delegazioni presenti per testimoniare lo sviluppo della nostra rete a partire dal primo gruppo in Israele poi Italia, Serbia, Spagna, Colombia.
Nessun commento:
Posta un commento