giovedì 25 ottobre 2012

ARMI, ILLEGALITÀ E TANGENTI ECCO PERCHÉ DOBBIAMO FARE SACRIFICI


Nei mesi scorsi denunciavamo lo spreco di denaro pubblico per l'acquisto di 90 cacciabombardieri d'attacco F-35, mentre si chiedono forti sacrifici a tutti e tutte noi con nuove tasse, tagli agli enti locali, alla sanità, alle pensioni, all’istruzione.





Ecco le ultime notizie in merito:
Ci sembrava che la spesa prevista fosse già altissima, invece si è aggiunto un aumento del 60% per cui ciascun F-35 anziché 80 milioni di dollari ne costerà 127: sarà un aumento di spesa di 3 miliardi e 200 milioni di euro.

In Italia la Corte dei Conti non ha sollevato alcuna obiezione a una così enorme crescita di spesa, mentre perfino negli Stati Uniti l'organismo equivalente ha richiamato il Congresso perché ai costi troppo alti e crescenti si aggiungono problemi tecnici che preoccupano perfino il Pentagono. Il rigore di Monti vale per esodati/e, pensionati/e studenti, insegnanti, precari/e ma non per le armi.

Di recente è stato firmato un accordo tra Italia e Israele che prevede da parte dell'Italia la fornitura di 30 aerei M346, un affare da circa 1 miliardo di dollari che saranno compensati da acquisti italiani dello stesso importo e dello stesso tipo: un satellite spia e due velivoli per la guerra elettronica.

Tutto ciò in palese violazione della legge italiana, che vieta la vendita di armi a paesi in guerra e/o responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali sui diritti umani: Israele occupa militarmente dal 1967 i Territori Palestinesi, ha violato decine e decine di Risoluzioni delle Nazioni Unite, mantiene la Striscia di Gaza sotto assedio, sotto le bombe, i droni, gli attacchi “mirati”; e appena una nave internazionale cerca di portare aiuti umanitari, navi e aerei militari israeliani la attaccano in acque internazionali con un atto di vera pirateria, sequestrando nave, passeggeri e beni trasportati. È già successo tre volte, e l'ultima è di qualche giorno fa.

Gli M346 sono prodotti da Finmeccanica, che è la maggiore azienda italiana nella produzione di armi e proprio in questi giorni a proposito di Finmeccanica stanno venendo alla luce brutte storie di corruzione. Sembra, da quanto si sa delle indagini in corso, che per ogni affare concluso ci sia un 11% che finisce in mazzette e tangenti.

Siamo molto preoccupate di questi fatti, perché se ne parla troppo poco, perché sembra che se ne ignori il peso e l'importanza, sia da parte dell'opinione pubblica che dei mezzi di comunicazione: così le decisioni rimangono soltanto nelle stanze del potere.

Eppure ciascuna e ciascuno di noi può cercare di contrastare scelte che non solo ricadono sulla nostra vita quotidiana, togliendoci risorse, ma ci imprigionano in una società sempre più militarizzata facendoci credere che accettare le armi, l'uso della violenza, la guerra sia un male inevitabile.


La nostra visione è quella di un mondo di pace.

 


Rifiutiamo di vivere nel terrore delle armi, e rifiutiamo una continua corsa agli armamenti.
 

 





Rifiutiamo che il denaro pubblico - scarso per la scuola, la salute, la previdenza - venga sprecato in armi e imprese militari.




 
 

Vogliamo che le relazioni tra le persone e i popoli siano improntate a democrazia e cooperazione pacifica, per costruire un mondo più sicuro e giusto.



La Violenza degli Uomini sulle Donne Ci Riguarda Tutte




Il 12 febbraio 2012, in una discoteca di Pizzoli (L'Aquila), una giovane donna di 20 anni è stata stuprata e ridotta in fin di vita e le sono state procurate lesioni gravissime e permanenti.





Il 18 ottobre all'Aquila si tenuta la prima udienza del processo a Francesco Tuccia, (un militare in servizio all'Aquila per l'operazione “Strade Sicure” partita dopo il terremoto) accusato di violenza sessuale e tentato omicidio.

Davanti al Tribunale dell'Aquila, donne e uomini hanno manifestato contro la violenza sulle donne, e dentro il tribunale, il centro antiviolenza dell'Aquila ha chiesto e ottenuto l'ammessione nel procedimento come parte civile - perche questa violenza ci riguarda tutte.


CI RIGUARDA TUTTE l’efferatezza e la viltà degli uomini che in una notte di febbraio hanno massacrato il corpo e la vita di una donna lasciata sulla neve a morire.
CI RIGUARDA TUTTE il massacro del corpo e dei desideri di ogni donna, di ogni età condizione e luogo, che viene disprezzata, usata, maltrattata, percossa, uccisa, stuprata.
CI RIGUARDA TUTTE l'uso che si fa dei nostri corpi in nome di una sicurezza che non ci tutela ma , anzi, ci usa per emettere leggi razziste e repressive. Non ci stancheremo mai di dire che la violenza degli uomini sulle donne non dipende dalla nazionalità/cultura/religione, né dalla classe sociale di appartenenza.
CI RIGUARDA TUTTE perché non vogliamo più doverci difendere da padri, fidanzati, amici, vicini di casa, datori di lavoro, fratelli, zii, medici, maestri, militari….
Affermiamo la voglia e il diritto di autodeterminare le nostre vite.

venerdì 19 ottobre 2012

La Tavola di Appoggio sostiene il dialogo fra il Governo e le FARC per il conseguimento della pace in Colombia

La piattaforma in difesa dei Diritti Umani chiede che si appoggi la partecipazione delle donne al processo aperto recentemente Atelier/Valencia, 10 Ottobre 2012.

La Tavola di Appoggio per la Difesa dei Diritti Umani delle Donne e la Pace in Colombia, formata da più di una ventina di organizzazioni di donne, della cooperazione e dei diritti umani in Spagna e Colombia, esprime il suo appoggio al processo di dialogo iniziato dal Governo e dalla guerriglia delle FARC al fine di arrivare ad un accordo definitivo di pace in Colombia.

La Piattaforma reclama anche che si appoggi la partecipazione delle donne al processo secondo quanto viene esplicitato nella Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU su Donna, Pace, Sicurezza. I soggetti che fanno parte della Tavola esprimono il loro appoggio e solidarietà ai colombiani e alle colombiane che lavorano in difesa dei diritti umani, in special modo delle donne, e portano avanti azioni efficaci per frenare la violenza nel paese.

Allo stesso tempo la piattaforma con sede a Valencia condivide e difende la posizione delle donne per la pace e di coloro che cercano una uscita politica negoziata dal conflitto che si vive in Colombia per le cui conseguenze in più di 50 anni le donne hanno vissuto sofferenze sproporzionate.

Fin dalla sua creazione la Tavola di Appoggio ha auspicato la via politica negoziata a favore di una pace giusta e duratura In questo senso chiede al Governo che tenga conto dell’apporto e dell’esperienza delle donne che lavorano per la pace.

La Tavola di Appoggio piu' di organizzazioni di donne, con lo scopo di mantenere un'azione permanente di solidarietà internazionale volto a denunciare la violazione dei diritti umani delle donne in Colombia e a diffondere le raccomandazioni delle organizzazioni femminili e le agenzie internazionali nelle settore politiche pubbliche.

Della Tavola di Appoggio fanno parte:

Oganizzazioni della Spagna:
Atelier, Centro de Estudios de la Mujer de la Universidad de Alicante, Asociación de Mujeres Marxa 2000 de Valencia, Fundación Isonomía – Universitat Jaume I de Castellón, Secretaría de la Mujer de CC OO del País Valencia, Mujeres de Negro (Valencia),Asociación de Mujeres Inmigrantes (Valencia), Themis –Asociación de Mujeres Juristas, Mujeres en Zona de Conflicto (Córdoba), la Federación de Organizaciones de Defensa y Promoción de los DD HH, el grupo Mujer de la Asociación Pro Derechos Humanos y el grupo de acción y desarrollo solidario “Gades”, Intersindical Área de la Dona, Cátedra de estudios de las mujeres ‘Leonor Guzmán’, Asociación Por Tí Mujer.

Oganizzazioni della Colombia:
Sisma Mujer; Asociación Nacional de Mujeres Campesinas, Negras e Indígenas de Colombia (Anmucic); Organización Femenina Popular; Red Nacional de Mujeres; Indepaz, Ruta Pacífica de las Mujeres, Asociación Construyendo Nuestro Futuro y Movimiento Social de mujeres contra la guerra y por la Paz; Corporación Colombiana de Teatro.

mercoledì 17 ottobre 2012

No all'Accordo UE-Israele. No allo Sfruttamento della Popolazione Palestinese

Lo scorso mese, organizzazioni e attivisti in tutta Europa si sono mobilitati per convincere la Commissione per il Commercio Internazionale del Parlamento europeo a bloccare un nuovo protocollo commerciale con Israele. Migliaia di persone hanno firmato petizioni e altre centinaia hanno scritto ai loro europarlamentari. Il margine di approvazione è stato molto ristretto: se un solo deputato in più avesse votato con noi, l’accordo sarebbe stato bloccato.

L'accordo deve ancora essere approvato in seduta plenaria del Parlamento europeo che si terrà il 23 ottobre. Se approvato, l'Accordo per la valutazione della conformità e l'accettazione dei prodotti industriali (ACAA) eliminerebbe le barriere agli scambi tra Israele e gli Stati membri nel settore dei prodotti industriali, in particolare i prodotti farmaceutici.

La relazione: "l'industria farmaceutica e l'occupazione israeliana - economia prigioniera" del progetto di ricerca israeliano Who Profits [whoprofits.org]dimostra come l'industria palestinese farmaceutica è, per molti aspetti, prigioniera del sistema israeliano dal momento che Israele controlla i confini del Territori Palestinesi Occupati (OPT) e molti dei suoi affari economici che incidono sul commercio: le aziende farmaceutiche palestinesi dipendono da enti governativi israeliani, doganali e di mercato. Gli standard israeliani sono uno dei tanti strumenti utilizzati per impedire all’industria farmaceutica palestinese di accedere ai mercati. A causa dell’annessione di Gerusalemme Est, illegale secondo il diritto internazionale, le istituzioni palestinesi che vi si trovano sono obbligate ad acquistare le merci prodotte da compagnie israeliane.

La relazione rivela inoltre come il dominio diretto di Israele dei territori occupati permette lo sfruttamento della sua terra e delle sue risorse. La politica dell'occupazione crea una disuguaglianza strutturale, in cui è estremamente difficile per i palestinesi importare materie prime ed esportare prodotti farmaceutici, mentre i produttori israeliani possono importare i loro prodotti senza posti di blocco, controlli di sicurezza o permessi speciali.

Il controllo israeliano sulla terra palestinese, gli ostacoli alla circolazione delle merci e delle persone, lo sfruttamento delle risorse naturali e la dipendenza dai regolamenti e le politiche israeliane, tutto contribuisce a questa situazione iniqua.

Questo accordo rafforzerebbe le relazioni UE-Israele e premierebbe Israele per le sue continue violazioni del diritto internazionale. È probabile che il voto avrà un margine esiguo.

Il Coordinamento Europeo dei Comitati e delle Associazioni per la Palestina (ECCP) chiede ai sostenitori dei diritti dei palestinesi che sono cittadini o residenti nell'Unione europea di scrivere ai loro deputati esortandoli a votare contro il nuovo accordo.

Attivati per i diritti umani dei palestinesi, bloccando l'adozione dell'accordo. Ci vogliono solo pochi minuti per scrivere agli europarlamentari cliccando qui.

 
Captive Economy

domenica 14 ottobre 2012

Un Carico di Tenerezza per La Fine del Blocco di Gaza

Una settimana fa ci siamo ritrovati a Napoli sul Molo Beverello mentre la nave Estelle salpo' verso Gaza.

Il suo carico è piccolo - un paio di centinaia di palloni, strumenti musicali, un ulivo, un po 'di cemento - e la nostra solidarietà e tenerezza per il popolo di Gaza, tenuto sotto assedio per tanti anni.

Ieri, il ministero degli Esteri finlandese ( l'Estelle batte bandiera finlandese) ha comunicato di aver ricevuto un messaggio da Israele "“nel caso in cui la Estelle tentasse di rompere il blocco marittimo di Gaza (20miglia marine), Israele interverrà usando la forza. Se ciò accadesse, la sicurezza delle persone a bordo potrebbe essere compromessa”.

Finlandia ha tuttavia sottolineato che si tratta di una nave civile e ha chiesto moderazione.

Esortiamo Israele di non usare la forza contro una nave che si avvicina pacificamente. L'Estelle fa parte di un'azione della società civile internazionale per i diritti umani. Né il veliero né i passeggeri costituiscono alcuna minaccia contro alcuno. Attaccare l’imbarcazione con la forza è una scelta che Israele può benissimo non fare. Ci auguriamo che le persone e i governi del mondo si schierino dalla parte dei diritti umani e della non violenza.

Il blocco di Gaza è illegale, disumano e controproducente per Israele: non impedisce alle armi di entrare nella Striscia, nè ai missili di essere sparati, non ha impoverito Hamas. Al contrario. Il blocco è un evidente impedimento per una pace sostenibile e giusta.

E’ altrettanto evidente che molti dei nostri politici sono assenti quando si tratta di dichiarazioni sui diritti umani o difesa del diritto internazionale. Quindi, è giunto il momento per l'azione civile. Il nostro messaggio è semplice:

i Palestinesi sono esseri umani con diritti umani!
Basta con l’assedio!
Lasciateli muovere




mercoledì 10 ottobre 2012

La Forza della Nonviolenza

Al momento della votazione per l'art. 11, cioè quello contro la guerra - "L'Italia ripudia la guerra”, è stato scelto il termine più deciso e forte - tutte le donne che erano lì, 21, siamo scese nell'emiciclo e ci siamo strette la mano tutte insieme, eravamo una catena, e gli uomini hanno applaudito. E per questo, quando ora vedo tutti questi mezzucci per giustificare i nostri interventi italiani nelle varie guerre che aborriamo, io mi sento sconvolta perché penso a quel momento, penso a quelle parole e penso che se non sono le donne che difendono la pace prima di tutto non ci sarà un avvenire per il nostro paese e per tutti i paesi del mondo.
Da un'intervista a Teresa Mattei a Radio3 Mondo, 2 giugno 2006


La prima settimana di ottobre è aperta con la giornata internazionale della nonviolenza- 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi. Ha chiuso con il triste anniversario di 11 anni di guerra e occupazione militare in Afghanistan.


Una guerra che non ha raggiunto ne uno dei suoi obiettivi dichiarati (lotta al terrorismo, portare democrazia e sicurezza, liberare le donne).

Una guerra in cui sono stati uccisi oltre 40.000 civili, in cui i talebani hanno ripreso il controllo dei due terzi del paese, e che si è estesa al Pakistan.

Una guerra e occupazione in cui i signori della guerra e dell’oppio comandano e la povertà colpisce ormai l’80% della popolazione, in cui l’aumento della produzione di oppio è arrivato ormai al 93% di tutto quello prodotto nel mondo, in cui dilaga la corruzione.

Una guerra e occupazione in cui la vita delle donne è peggiorata al punto che i suicidi sono aumentati a livelli senza precedenti (donne fra i 18 e i 35 anni si danno fuoco per sottrarsi alla violenza insopportabile del loro destino).

Una guerra e occupazione che costa 50.000 Euro al minuto.

Una guerra e occupazione le cui consequenze ci confirmano nel nostro impegno per la nonviolenza.

Nonviolenza significa resistenza attiva ad ogni forma di violenza e, innanzitutto, alla guerra, espressione massima della violenza umana.

Nonviolenza vuol dire RIPUDIO DELLA GUERRA: oggi in Italia ciò significa uscire dalle guerrefatte in nome nostro contro il dettato costituzionale (art.11).

Senza armi e strutture militari non ci sarebbero guerre.

Il nostro governo, anche in questo momento di grave crisi economica, continua a sperperare risorse in spese militari. Solo qualche dato:
Il bilancio 2011 delle forze armate è stato di 23 miliardi di euro: con questi soldi si sarebbe coperta la spesa sanitaria della Regione Veneto per due anni e mezzo.
Per la missione in Afghanistan si spengono più di 2 milioni di euro al giorno: 500 giorni di missione costano come un anno di spesa sociale della Regione Veneto.
La Difesa spende 10 miliardi di euro per l’acquisto di 90 cacciabombardieri F35: con il costo di un solo aereo si potrebbe pagare l’indennità di disoccupazione mensile a 150.000 lavoratori.

Senza la diffusione di una cultura militarista che crea continuamente un nemico da temere e che ritiene normale, anzi giusto, il ricorso alle armi, non ci sarebbero guerre.

Noi pensiamo che l’uso della violenza e la cultura delle armi siano le più assurde, le più stupide, le più crudeli attività che l’uomo abbia messo in campo nel corso della storia. Ci chiediamo: perché nessuno descrive lo scenario provocato dalle guerre da noi supportate? Lutti, terrore, disperazione, stragi di civili, tabula rasa dei diritti costituzionali e internazionali, accaparramento da parte delle potenze occidentali di risorse per mantenere il loro modello di sviluppo. L’unica cosa certa è che le numerose guerre degli ultimi 20 anni non hanno risolto alcun conflitto, anzi spesso hanno lasciato una situazione peggiore.

Nel ricordo di Gandhi che ha insegnato e praticato la lotta nonviolenta contro l’ingiustizia e l’occupazione straniera rifuggendo dal ricorso alle armi, invitiamo a riflettere sullo sperpero di risorse per perpetuare la logica della guerra che produce solo morte odio e altra violenza.

Nonviolenza significa opporsi a ogni pratica di guerra con pratiche di pace.
 
 

Nella prima settimana di ottobre abbiamo anche vissuto due esempi di pratiche di pace: La permanenza della nave Estelle in acque italiane prima di salpare per Gaza portando solidarietà a gente che vive sotto un assedio crudele,

e la manifestazione a Niscemi, Sicilia contro il MUOS (Mobile User Objective System), un sistema di comunicazione satellitare che attraverso enormi parabole permetterà il flusso planetario di comandi militari bellici ad uso esclusivo delle forze armate statunitensi. 

 


NON PIÙ TERRA, NON PIÙ SOLDI, NON PIÙ FABBRICHE PER LA GUERRA!