mercoledì 29 luglio 2009

Gaza - una discesa nella miseria e nella disperazione


Un rapporto del Comitato Internazionale della Croce Rossa ha descritto la situazione nella Striscia di Gaza come "1.5 milioni di persone intrappolate nella disperazione. Anche le ONG italiane, impegnate nella Striscia di Gaza esigono un cambiamento nella politica internazionale per affrontare l'emergenza politica e umanitaria.





Dal Rapporto del Comitato Internazionale Della Croce Rossa

Negli ultimi 2 anni un milione e mezzo di palestinesi residenti nella Striscia di Gaza sono stati intrappolati in un ciclo interminabile di deprivazione e disperazione.

In seguito ad elezioni considerate democraticamente svolte dai rappresentanti del parlamento europeo l’aver scelto una maggioranza appartenente ad Hamas ha fatto decidere il governo israeliano in modo unilaterale il blocco di merci e persone, per non parlare dell’acqua, dei pezzi di ricambio, dei medicinali che permettano alla popolazione inerme di Gaza di sopravvivere


Il comitato internazionale della croce rossa ha ripetutamente sostenuto che il diritto di Israele di difendersi deve essere bilanciato con il diritto della popolazione di Gaza a una vita normale e degna.
Per la legge internazionale, Israele e' obligata ad assicurare alimenti, acqua, case e cure mediche per la popolazione.

Il comitato internazionale della croce rossa richiede la fine delle restrizioni sui movimenti delle persone e dei beni come prima e urgente misura per mettere fine all'isolamento di Gaza e per permettere alla gente di ricostruire le proprie vite.

I quasi 4.5 migliaia di dollari promessi per la ricostruzione al summit internazionale svoltosi in Egitto nel marzo 2009 servira' a ben poco se materiali per la ricostruzione non possono essere importati a Gaza.


Ma la ricostruzione da sola non offre un modo sostenibile per rimettere in piedi Gaza. Tornare alla situazione prima dell'ultima operazione militare sarebbe inaccettabile, in quanto servirebbe solo a perpetuare la condizione intollerabile di Gaza. Una soluzione durevole richiede cambiamenti fondamentali nella politica israeliana, come permettere le importazioni e esportazioni, aumentare il flusso di beni e di persone al livello di maggio 2007, permettere ai contadini di accedere alla propria terra nella zona del confine, restituire ai pescatori l'accesso alle acque profonde.


Le azioni umanitarie non possono sostituire i passi politici che sono necessari per effettuare questi cambiamenti. Solo un processo politico onesto e coraggioso e che includa tutti gli stati, le autorita' politiche e i gruppi armati organizzati coinvolti puo' dare speranza alla situazione tragica di Gaza e restituire una vita degna alla sua popolazione.
L'alternativa e' una discesa nella miseria e nella disperazione che diventa piu' profonda ogni giorno che passa.













Tanti bambini sono stati testimoni
alla violenza e adesso sono traumatizzati.














Il livello spaventoso di poverta' e'
collegato direttamente alla chiusura.
La situazione e' diventata cosi' severa
che anche se i valichi si aprissero domani,
ci vorebbero anni per ricupare.
















Khalili non può ricostruire la sua casa
perché il blocco ai confini della Striscia
non permette l’arrivo di materiale per la
ricostruzione.














La marina israeliana permette ai
pescatori di Gaza di uscire solo fino
a 3 miglia nautiche dalla costa.
Questo significa che il pescato è
quasi sempre scarso .



Apello delle ONG Italiane su Gaza:

SEI MESI DOPO L'OPERAZIONE MILITARE ISRAELIANA "PIOMBO FUSO"
A GAZA NULLA E' CAMBIATO

Gerusalemme, 22 luglio 2009

Le Organizzazioni non governative italiane impegnate nella promozione e nella tutela dei diritti del Popolo Palestinese rilanciano l’appello promosso da una coalizione di organizzazioni umanitarie tra cui Oxfam International, Care West Bank and Gaza, War Child Holland e Medical Aid for Palestinians UK, in cui si chiede alla comunità internazionale e in particolare all’Unione Europea, di compiere maggiori sforzi per rispondere concretamente ai bisogni della popolazione di Gaza colpita dall’ultima offensiva militare israeliana.

Sono trascorsi sei mesi dalla fine dell'attacco militare israeliano a Gaza e centinaia di migliaia di persone non hanno ancora una casa e non hanno accesso ai servizi di base, come l’acqua potabile. L’economia, incluso il settore agricolo, è quasi al collasso e la ricostruzione sembra un’impresa impossibile. L’Operazione Piombo Fuso (Cast Lead) ha distrutto il tessuto economico già fortemente indebolito dall’embargo imposto dal Governo Israeliano.

Non ha senso continuare a privare le persone dell’opportunità di lavorare e sostenere le proprie famiglie. I valichi di frontiera devono essere aperti subito in modo da facilitare la ripresa delle attività economiche nel più breve tempo possibile.

La ricostruzione è attualmente fortemente limitata a causa del divieto imposto dal Governo israeliano di far entrare nella Striscia di Gaza materiali come cemento e ferro. Ciò significa che 20,000 famiglie le cui abitazioni sono state rase al suolo o severamente danneggiate durante l’ultimo conflitto, non possono riprendere una vita normale. Molti sono costretti a vivere in campi profughi o in abitazioni improvvisate e del tutto precarie. Inoltre, circa 35,000 persone non hanno accesso all’acqua potabile e a un sistema sicuro di trattamento delle acque reflue. La ricostruzione di scuole, ospedali, università e di molte altre infrastrutture pubbliche non ha ancora avuto inizio. Cibo e medicine passano, in modo irregolare, solo attraverso il valico di Kerem Shalom e molte scorte di medicinali sono in fase di esaurimento.

Nessun passo in avanti è stato compiuto dalla comunità internazionale per garantire l’entrata a Gaza degli aiuti e dei materiali di costruzione. E’ giunto il momento che i leader mondiali intraprendano azioni concrete volte a fare pressioni sul Governo Israeliano affinché i valichi vengano aperti e garantiscano l’entrata degli aiuti e dei materiali per la ricostruzione. Le restrizioni e i divieti imposti da Israele sono misure che violano i diritti umani della popolazione civile di Gaza. Tutto questo è inaccettabile.

Pertanto facciamo appello all’Unione Europea affinché:

  • congeli il rafforzamento dell’accordo di associazione UE-Israele, accordo che ha come prerequisito da parte dello Stato di Israele il rispetto “dei principi della Carta delle Nazioni Unite, in particolare il rispetto dei diritti umani, dei principi democratici e la libertà economica” (“EUROMEDITERRANEAN AGREEMENT” – Preamble);
  • compia tutti gli sforzi diplomatici necessari per garantire il pieno rispetto del diritto internazionale tenendo fede agli impegni presi per rilanciare il processo di ricostruzione a Gaza.

Richiediamo, inoltre, al Governo Italiano che ha stanziato quattro milioni di euro per aiuti di emergenza indirizzati alla popolazione della Striscia di Gaza di esercitare le pressioni necessarie sul Governo di Israele affinché garantisca l’apertura dei valichi di frontiera ed il passaggio dei beni necessari per realizzare le attività ed i progetti di ricostruzione e di riabilitazione finanziati attraverso tali fondi. Come affermano le agenzie delle Nazioni Unite nei loro rapporti, il miglioramento delle condizioni della popolazione della Striscia di Gaza non è possibile senza l’apertura dei valichi di frontiera che permettano il passaggio di merci necessarie per la ricostruzione, come il cemento, e la ripresa delle attività commerciali e produttive.



I Firmatari
ACS
CISP
CISS
COSPE
CRIC
CENTRO INTERNAZIONALE CROCEVIA
DISVI
EDUCAID
MEDINA
OVERSEAS
TERRE DES HOMMES - ITALIA
VIS

giovedì 23 luglio 2009

Solidarietà con le madri in lutto in Iran


Rispondiamo all'appello di Shirin Ebadi, premio Nobel per la Pace, ed esprimiamo la nostra solidarietà alle madri iraniane e a tutte le donne che, in Iran e ovunque nel mondo, anche a rischio della loro vita, scendono in strada per esigere giustizia e verità, perché non scenda il silenzio sulle vittime della repressione e del potere che usa la forza delle armi per mettere a tacere chiunque lotti per il rispetto dei propri diritti.

Mentre estendiamo la nostra solidarietà alle madri di Iran, alziamo anche le nostre voci perche' la loro sofferenza non venga usata per giustificare "soluzioni" militari alla crisi in Iran, come e' stata usata la ripressione delle donne di Afghanistan per giustificare la guerra, lanciata in 2001 che continua ancora oggi.






Messaggio di Shirin Ebadi alle Donne del Mondo chiedendo Solidarietà con le madri in lutto in Iran

Donne libere del mondo,

La situazione in Iran è peggio di quello che pensavamo.

La gente che era contro i risultati delle elezioni in Teheran e le altre città iraniane è andata in strade e in modo pacifico ha manifestato il suo dissenso, la risposta per loro sono state pallottole e bastoni, qualcuno ha potuto scappare ma in un'altra occasione sono stati arrestati di nuovo.


Radio e televisione ufficiali iraniane hanno confermato all'inizio 8 morti e dopo hanno parlato di 11 morti. 25 giorni dopo si è visto che tante persone non erano arrestate ma decedute senza informare le loro famiglie.


Le madri angosciate sono andate dappertutto per avere notizie del loro figli ma non hanno avuto risposte; ora che le madri pian piano prendono le salme del loro figli, si capisce che il numero dei morti era molto più grande di quello che era stato annunciato ufficialmente e nel momento della consegna delle salme dicono che non dovete parlare con nessuno. Ma non si può nascondere la verità per sempre e non si può tenere il dolore nel petto a lungo, per questo ogni giorno le dimensioni del disastro davanti agli occhi degli iraniani appaiono più vaste.


Le madri che hanno perso i loro cari figli o i cui figli sono dispersi o in prigione hanno creato un comitato. I membri di questo comitato e le altre donne che sono solidali con loro ogni sabato pomeriggio alle ore 19.00 per un'ora si riuniscono in un parco in Teheran con vestito nero in segno del lutto e in silenzio fanno sentire il loro dolore ai passanti.


Con le mie condoglianze a tutte le madri che hanno perso i loro cari figli per la libertà e la democrazia e con la mia solidarietà con le madri che ancora stanno cercando i loro figli dispersi e con il mio dispiacere perchè tanti giovani iraniani solo per loro attività civile e pacifica sono in prigione, chiedo a tutte le donne libere del mondo, di riunirsi ogni sabato sera dalle 19 del pomeriggio alle 20 in un parco della vostra città vestite di nero e far sentire la vostra solidarietà con le madri in lutto in Iran facendo sentire la loro voce al mondo.


Shirin Ebadi

Luglio 2009

martedì 21 luglio 2009

In Memoria di Natalia Estemirova

Il 15 luglio Natalia Estemirova è stata sequestrata e assassinata da sconosciuti a Grozny, la capitale della Cecenia. Madre di una figlia, lavorava per l’organizzazione dei diritti umani Memorial ed era amica della giornalista Ana Politkovskaya, anch’essa assassinata nel 2006.

Un’attivista dei diritti umani è assassinata come un cane, un’esecuzione, gettata e umiliata davanti agli occhi di un milione di persone che sanno che quel che stava dicendo era la verità, corretto, onesto e appropriato.



Io mi dichiaro apertamente pacifista, perché so cosa comporta per i giovani il militarismo e le guerre. Sono contro tutte le guerre e la violenza ed ho molto chiaro cosa significano per le donne, come pure conosco la loro capacità di ricostruire la vita, difenderla e disarmarla.


In Cecenia, tutto il peso della guerra è ricaduto sulle donne. Quando sono cominciati i sequestri, siamo state noi donne ad affrontarli denunciando questi crimini. Nel 1995 abbiamo organizzato una marcia pacifica da Mosca a Grozni. E non abbiamo denunciato solo i crimini e la violenza del governo russo, anche la violenza del nostro governo e dei gruppi armati.

Il ruolo delle donne è indispensabile, è stato indispensabile in tutto questo tempo, se no la Cecenia sarebbe sparita. Immaginate come è cambiata la nostra vita: di colpo, la famiglia tradizionale cecena fortemente patriarcale, ha a capo una donna che deve assumersi tutte le responsabilità.

Abbiamo dimostrato con il nostro lavoro di resistenza pacifica che la Cecenia può sopravvivere senza Russia.E' inimmaginabile pensare le diverse situazioni che abbiamo dovuto affrontare, le risorse e le strategie messe in atto per andare avanti. Sole e disarmate!

Se pensiamo a a quel che gli uomini considerano atti di eroismo, le nostre azioni sí che sono atti di eroismo: il lavoro quotidiano per la sopravvivenza. Ricordo quando non avevamo cibo e non ci arrivava nessun tipo di alimento, le donne trovarono il modo di superare i controlli militari e trasportare alimenti per le loro famiglie. Prima negoziando con i militari e con un veicolo, tentando di arrivare a Grozni, senza che ci sparassero. Poi abbiamo affittato un blindato e poi un elicottero. Abbiamo convertito le armi della guerra e della distruzione in strumenti per la vita. Nonostante il ruolo importante delle donne cecene, la Cecenia è una società molto tradizionale, conservatrice e patriarcale.

Resta molto lavoro da fare, per andare avanti. Innanzitutto credo che è indispensabile avere un paese, poi ricostruirlo; ricostruire la vita delle persone, che possano recuperare dopo tanti anni di guerra e violenze. E' vero, noi donne abbiamo una opportunità importante per la pace e il futuro della Cecenia.

Natalia Estemirova


A volte i presidenti dicono: si deve aprire un’inchiesta seria su questo caso. La violenza contro i giornalisti non è permessa. Cos’altro possono dire? Oggi, quando le parole non significano nulla in confronto all’escalation di violenza, all’annichilimento umano.

Dov’è la solidarietà, la nostra cultura quotidiana, quella degli esseri umani normali, che sappiamo che la libertà per comportarsi in modo umano, con tutti i diritti umani dell’habeas corpus, è sfidata ogni giorno nelle strade, nei luoghi di lavoro - non solo nelle guerre, nei campi di battaglia, nelle fosse comuni? Perché in nessuna città la gente è accorsa in massa nei parchi come ha fatto per la morte di Michel Jackson o di qualsiasi altro idolo dei media? Siamo diventati tanto stupidi e ciechi da permettere gli assassinii come parte della nostra vita quotidiana? E’ questa la nostra normalità di oggi? e se lo è, qual è il nostro futuro?

Quando sento parlare Natalia, non ho da salvare malintesi culturali, razziali o di linguaggio. So esattamente cosa sta dicendo e chi sta interpellando. Non abbiamo bisogno di essere russi o di parlare russo per capire che siamo tutti nella stessa barca.

L’abuso contro i civili da parte di armati all’ombra dello Stato sta accadendo ovunque. I regimi democratici hanno lasciato il controllo dello Stato all’apparato militare; i moderni pistoleri sono privatizzati, extraterritoriali, clandestini e non riconosciuti. Le voci migliori, le azioni migliori non vengono dai politici ma da attivisti, giornalisti e avvocati instancabili. Sono le nostre Ipazie del secolo XXi: le voci della ragione e della scienza. Non sono guru, non sono visionari, non sono leader, non sono star. Resistono testimoniando con le loro vite e scrivendo quel che sanno di prima mano. Dobbiamo essere chiari e onesti su quel che significa per tutti noi che degli assassini brucino i loro libri e i loro corpi, come streghe, come testimoni di verità scomode.

Jasmina Tesanovic, Donne in Nero Belgrado 19 luglio 2009.


Natalia, nostra amica attivista per i diritti umani e femminista di Cecenia è stata sequestrata e assassinata.

Natalia, come anche Anna Politkoskaia, è stata assassinata ma la sua vita e le sue parole ci aiutano a seguire il suo cammino, a continuare a impegnarci per la pace e la nonviolenza, per i diritti umani delle persone, e per le persone che per difenderle ha perso la vita.

Esigiamo dal governo russo e ceceno indagini e chiarezza su questo mostruoso assassinio.

NATALIA, ANNA, non vi dimentichiamo, i vostri sorrisi e le vostre azioni saranno sempre con noi

martedì 14 luglio 2009

Un argomento femminista contro la NATO come attore internazionale.


Donne in Nero di diversi paesi europei hanno partecipato alla mobilitazione contro la NATO durante il summit dell'inizio di aprile a Strasburgo.

Lì abbiamo tenuto, insieme a altri gruppi di donne per la pace, un workshop per il quale abbiamo ricevuto diversi testi che abbiamo riassunto per la presentazione e la discussione come "Feminist case against NATO".

Un argomento femminista contro la NATO come attore internazionale e' la prima parte.



Un aspetto importante dell’argomento femminista contro la NATO è come attore sulla scena internazionale - la scena mondiale della diplomazia, delle relazioni internazionali e della politica militare. La NATO crea un blocco di nazioni. La logica dei blocchi è la vecchia logica della sicurezza dell’era della Guerra Fredda, continuata disastrosamente nel presente. Ma le donne non si riconoscono in questa logica di ‘Alleanza Atlantica’, ‘Fortezza europea’ e ‘civiltà occidentale’. Per definizione indicherà alcuni come Altri, minacciando una grande insicurezza per coloro che sono fuori della coalizione condiscendente.

La NATO rafforza l’idea che gli stati nazione sono le sole unità che contano nei fatti del mondo. Insieme all’idea della nazione come ‘patria’ c’è l’idea razzista del sangue e dell’appartenenza che il femminismo rifiuta assolutamente perché divide le donne sul piano etnico le definisce come riproduttrici della razza e della cultura, coloro che trasmettono la linea di sangue della nazione ai propri figli. In secondo luogo rafforza la sensazione che quelle nazioni sono in una gerarchia naturale di forti e deboli. Nella NATO gli USA si rappresentano come protettori dei partner deboli più giovani - le donne non amano questo ‘paternalismo’ che hanno sperimentato di prima mano come il modello di relazioni umane ‘marito e moglie’.

Perciò le femministe dicono la logica della NATO è una logica patriarcale. Abbiamo imparato nei nostri anni di teoria e pratica femminista antimilitarista che il nazionalismo, il militarismo e il patriarcato sono profondamente interconnessi e si rafforzano a vicenda. Anche il capitalismo. I sistemi di genere patriarcali sono una delle cause di fondo del militarismo e della guerra. Il patriarcato e il capitalismo usano la guerra per mantenere il proprio dominio. Tutti questi sistemi di potere hanno progetti sulle donne e usi speciali per le donne che il femminismo rifiuta completamente. La NATO riflette la mentalità che dice che i conflitti possono essere risolti solo con le armi. Al contrario, un approccio femminista sarebbe il dialogo tra paesi e popoli, con l’apprendimento reciproco e il rispetto per la diversità nel mondo.

La segretezza circonda la NATO. Alcuni governi nazionali hanno preso la decisione di entrare nel blocco NATO senza neppure la discussione in parlamento. Questo autoritarismo è totalmente antidemocratico e impedisce alla gente comune, specialmente alle donne, di poter scegliere o avere voce negli affari internazionali.

La NATO sta allargando la sua portata nel mondo. Attualmente ha 28 membri e altri 29 stati sono inseriti nella struttura che la NATO chiama Partnership For Peace. Che barzelletta è questa espressione! La NATO ammette apertamente che esiste per perseguire e difendere gli ‘interessi’. E non è solo la NATO. La NATO è diventata il modello della sicurezza anche per l’Europa. Non c’è più alcun pensiero europeo indipendente. Nel 2007 la NATO e l’Unione Europea hanno firmato una dichiarazione che crea una partnership su ‘interessi strategici condivisi’. Ma di chi sono questi interessi? Sono invocati dai paesi ricchi e dalle industrie e riguardano l’energia, l’economia e il controllo imperiale. Non sono certo gli interessi delle donne.

Sebbene il motivo principale della Comunità Economica Europea fosse chiaramente l’avanzamento del capitale, molte persone, comprese molte donne, avevano sperato che l’unità europea avrebbe impedito che la guerra si ripresentasse in Europa - come anche noi avevamo sperato delle Nazioni Unite.

Le regole della NATO contraddicano specificamente parecchie clausole della Carta che fonda le Nazioni Unite. Ciò la rende illegittima su cinque punti per la legge internazionale. Un modello molto migliore per la cooperazione internazionale sulla sicurezza già esiste e merita di essere rafforzato: l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). Con 54 stati membri, è ‘uno strumento primario’ per il preavviso precoce, la prevenzione dei conflitti e la gestione civile delle crisi, ma ‘troppo marginalizzato e totalmente sottostimato’.

Le strategie di azione a livello internazionale sono forse le più difficili per noi donne. Un esempio raro è nel testo di Monique Dental: le donne del Collectif Feministe ‘Ruptures’ e altre donne hanno organizzato una “Lettera delle Donne Cittadine’ al presidente francese durante la Guerra del Golfo chiedendo una conferenza internazionale di pace. Ma se, come scrivono le Mujeres de Negro Sevilla, possiamo ‘decodificare il codice del patriarcato’, se possiamo vedere attraverso ad esso, possiamo capire che è un puro mito che le relazioni internazionali siano lassù nella stratosfera, al di fuori della nostra portata. I diplomatici e chi decide la politica militare vorrebbero farcelo credere. Ma questo influisce sulla nostra vita quotidiana, è nostra naturale preoccupazione, e intervenire come donne e come femministe antimilitariste non può essere al di là della nostra immaginazione!

Documenti del workshop sono disponibili:

Le Donne Denunciano la Logica dei Blocchi della NATO
Occupazione di Guerra Senza Fine
Da Quando Siamo nella NATO
L'Unione Europea in un Mondo Multipolare
Svelare le Falsita' della "Sicurezza" della NATO
Afghanistan, NATO e la Sicurezza delle Donne





venerdì 3 luglio 2009

Pirati del Mediterraneo

La nave Free Gaza "Spirit of Humanity" è partita da Cipro alle 7.30 di lunedì 29 giugno. A bordo c'erano ventuno attivisti per i diritti umani e volontari per la solidarietà, in rappresentanza di undici nazioni. Tra i passeggeri c'erano anche il premio Nobel per la Pace Mairead Maguire e la ex rappresentante al Congresso USA, Cynthia McKinney. La barca trasportava tre tonnellate di medicinali, giochi e matite colorate per bambini e kit di ricostruzione per venti famiglie.


Ma a Gaza non è arrivata per un'azione di pirateria internazionale. In acque internazionali la marina da guerra israeliana ha abbordato la Spirit of Humanity , arrestando tutti e confiscando tutto il carico.

Secondo un portavoce israeliano:

Le forze navali israeliane hanno intercettato e sequestrato il cargo Arion, battente bandiera greca, mentre tentava di raggiungere Gaza senza autorizzazione.

Se, come pretende Israele, Gaza non e' piu' territorio occupato, quale diritto hanno le forze israeliane di decidere sull'autorizzazione di una nave civile a entrare nelle acque territoriale di Gaza?

Forse sulla base degli accordi di Oslo, che concedevano a Israele il controllo temporaneo delle acque di Gaza? Anche se Israele non ha rispettato ne' uno solo dei termini degli accordi, ha usato quest'argomento contro i pescatori di Gaza.

Forse per mantenere un blocco navale contro "l'entita' nemica"? Ma secondo la convenzione di Ginevra, anche in tempo di guerra, blocchi navali non devono impedire il passaggio di aiuti umanitari.

Pare, pero' che Israele gia' si preoccupa per le necessita' degli 1.5 millioni di palestinesi incarcerti nella Striscia di Gaza. L'ha detto Mark Regev, portavoce del Primo Ministro, definendo gli attivisti a bordo La Spirit "apologisti di Hamas".

Infatti, le forze armate israeliane hanno addirittura stabilito un comitato per decidere quali alimenti gli abitanti della Striscia devono mangiare. Ma il loro ruolo non e' di facilitare il transito degli aiuti, ma invece di controllare i contenitori mandati dalla solidarieta' internazionale e decidere se contengano "articoli di lusso". Diretto da ufficiali di alto rango, colonelli Moshe Levi, Alex Rosenzweig, e Doron Segal, si riunisce ogni settimana per prendere queste decisioni importanti per la sicurezza d'Israele. Qualche giorno fa, hanno definito "troppo lussosi", e quindi vietati, ciliegi, kiwi, susine, uva, albicocche, e mandorle.

La Croce Rossa Internazionale, parlando di un millione e mezzo di persone nella trappola della disperazione, non sembra convinta dagli sforzi dei 3 colonelli:

Il diritto umanitario internazionale impone a Israele di garantire alla popolazione il soddisfacimento dei bisogni elementari: cibo, riparo, acqua, cure mediche.

La Croce Rossa internazionale ancora una volta lancia un appello per l'interruzione delle restrizioni al movimento delle persone e dei beni, quale misura prioritariamente urgente per porre fine all'isolamento di Gaza e permettere alle persone di ricostruire la loro vita.

Gli oltre 4,5 miliardi di dollari offerti, nel corso del vertice internazionale in Egitto del marzo 2009, dai Paesi donatori per la ricostruzione saranno di assai modesta utilità se i materiali da costruzione e gli altri prodotti essenziali non potranno essere importati nella Striscia di Gaza.

L'azione israeliana di pirateria nei confronti di un'imbarcazione disarmata, gia' controllata per armi dalle autorita' cipriota, non e' nient'altro che un tentativo di bloccare le espressioni di solidarita' popolare al popolo di Gaza:

Dobbiamo agire ora:

  • Participa nella campagna Mail a Valanga. Con un clic, invia un email al Presidente della Repubblica, al Ministro degli Affari Esteri, ai Presidenti di Camera e Senato, e ai Presidenti delle Commissioni Affari Esteri - http://www.actionforpeace.org/index.php/freegaza.html
  • Sottoscrivi la petizione ai leader degli USA e dell'ONU – http://www.iacenter.org/palestine/gazashippetition
    Per la versione italiana del testo della petizione, clicca Qui
  • Fatti sentire – invia questo messaggio nelle tue mailing list, inoltralo via Facebook. Myspace, ecc……
  • Scendi in strada! Organizza delle proteste locali di emergenza in solidarietà con il popolo di Gaza e per richiedere il rilascio di tutti quelli che sono stati rapiti dalle forze di occupazione israeliane
  • Sostieni altre azioni di solidarieta' con Gaza:
    • Il prossimo viaggio di Free Gaza http://www.freegaza.org/it/.
    • un’altra carovana di aiuti ,Viva Palestina, partirà dagli U.S. il prossimo 4 luglio guidata dal parlamentare britannico George Galloway e dal veterano della guerra del Viet Nam, Ron Kovic, costituita da centinaia di persone provenienti dagli Stati Uniti.
    • L'azione svedese Ship to Gaza http://www.shiptogaza.se.
    • Il Movimento Internazionale per Aprire Il Confine di Rafah che ha stabilito un presidio permanente al valico di Rafah. http://www.facebook.com/group.php?gid=9986479902.
  • Telefona ai mezzi di informazione e insisti perché non occultino questo atto criminale compiuto dall’esercito di occupazione israeliano.