Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi, altri che lottano un anno e sono più bravi, ci sono quelli che lottano più anni e sono ancora più bravi, però ci sono quelli che lottano tutta la vita: essi sono gli imprescindibili. (Bertolt Brecht) |
Vittorio Arrigoni, ucciso a Gaza, a trentasei anni, poche ore dopo il suo sequestro, ce lo chiedeva tutti i giorni alla fine dei suoi scritti:
restiamo umani.
Vittorio ogni giorno per anni ci ha raccontato, con parole e immagini, indipendenti e imparziali, la vita vera e la lotta per la sopravvivenza di due milioni di persone rinchiuse a Gaza, assediate, bombardate, affamate, umiliate.
Vittorio aveva scelto di stare all’inferno per aiutare chi dall’inferno non poteva andarsene a rompere il silenzio indifferente sulla Striscia di Gaza, diventata un buco nero nella cronaca e nella politica, una gigantesca macchia oscura nell’etica e nella morale collettiva, impastata di indifferenza e di complicità con l’orrore.
Vittorio è morto ammazzato. La sua morte oggi strappa il velo sulla Striscia e parla. Che possa parlare davvero a tutti, Vittorio, anche ora che non c’è più. Che semini ancora l’insopportabilità dell’ingiustizia.
Vittorio viveva a Gaza da anni. Aveva scelto di stare lì, con i suoi occhi testimoni e il suo corpo solidale, perché aveva visto il furto di terra, di acqua, la demolizione di case, la distruzione di coltivazioni e di barche di pescatori (era stato anche ferito mentre li accompagnava a pescare cercando di proteggerli con il suo corpo dagli attacchi armati dell’esercito israeliano, proprio come Rachel Corrie, uccisa a Rafha perché aveva interposto il suo corpo tra un bulldozer e una casa).
Vittorio aveva visto i malati di cancro rimandati indietro “per questioni di sicurezza” al valico di Eretz tra Gaza e Israele, aveva visto palestinesi trattati con disprezzo, picchiati, umiliati. Aveva visto la disperazione dei pescatori a cui veniva impedito di pescare e aveva visto la disperazione dei contadini abbracciati a un albero di olivo mentre un bulldozer glielo porta via. Aveva visto donne partorire dietro un masso per l’impossibilità di raggiungere un ospedale. Aveva visto la paura e il terrore negli occhi dei bambini e delle bambine e i loro corpi spezzati. Aveva visto morire neonati prematuri perché in ospedale è mancata l’elettricità per trenta minuti. Aveva conosciuto bambini e bambine che non hanno avuto altro che dolore da quando sono nati. Aveva sentito il freddo che penetra nelle ossa nelle notti gelide di Gaza senza riscaldamento, e senza luce: Aveva assistito a Gaza durante Piombo fuso (dicembre 2008 – gennaio 2009) alla distruzione di migliaia di case e all’uccisione più di tremila persone tra cui centinaia di bambini che certo non tiravano razzi.
“Restiamo umani”, ci ha sempre ripetuto Vittorio. A qualunque latitudine, facciamo parte della stessa comunità. Ogni uomo, ogni donna, ogni piccolo di questo pianeta, ovunque nasca e viva, ha diritto alla vita e alla dignità. Gli stessi diritti che rivendichiamo per noi appartengono anche a tutti gli altri e le altre, senza eccezione alcuna.
Abbracciamo i familiari, i volontari dell’International Solidarity Movement, i suoi amici e le sue amiche, i giovani di Gaza che si sono mobilitati per salvagli la vita.
Restiamo umani, anche quando intorno a noi l’umanità pare si perda.
Restiamo umani per lui, Vittorio Arrigoni, giusto, appassionato, umano.
Sono certa che il più grande contributo che possiamo offrire ora alla memoria di Vittorio, sia di continuare a lavorare a sostegno della popolazione di Gaza e della Palestina nella loro lotta per la libertà, la giustizia ed i diritti umani .
Mairead Maguire (premio nobel per la pace)