agli organizzatori e a chi parteciperà alla Marcia Perugia-Assisi del 9 ottobre 2016
Noi Donne in Nero siamo consapevoli della drammatica situazione internazionale attuale e quindi della necessità e dell'urgenza di: opporsi a tutte le guerre, le violenze e le violazioni dei diritti umani; adoperarsi per soccorrere, accogliere, assistere ogni persona che cerca salvezza e speranza di vita nei nostri territori; agire per il disarmo e la smilitarizzazione.
Siamo anche convinte che l’organizzazione non sia tutto e che la marcia prenda la forma e il colore di chi la fa concretamente. Per questo desideriamo esprimere e far vivere - prima durante e dopo la marcia - le nostre riflessioni e le nostre proposte. Nel ribadire la contrarietà assoluta alla GUERRA, che nasce dal desiderio/sogno/speranza di un mondo a misura di donna, ci sembra necessario evidenziare come le guerre in corso siano spesso innescate dalle nostre politiche affaristiche e pretese egemoniche.
Perciò è necessario prima di tutto denunciare, smascherare, boicottare le connivenze in affari, in geopolitica, in accordi militari e forniture di armi a governi violatori di diritti umani come quelli di Israele, Arabia Saudita, Turchia, Egitto...
E' necessario riconvertire l'esercito a funzioni di utilità sociale come la prevenzione e la difesa dell'ambiente, smettendo di impegnarlo in false, costose e inutili “missioni di pace” che generano morte, distruzione e terrorismo (pensiamo all’Iraq, all’Afghanistan, alla Libia), sostenendo invece lo sviluppo dei Corpi civili di pace.
E' necessario mettere in discussione con più forza l'ideologia patriarcale che sta all'origine di tutto questo, sostanziata fin dall'antichità dal rifiuto del diverso e quindi dalla costruzione di gerarchie per creare differenze tra generi, etnie, popoli, culture, classi sociali.
Per quanto riguarda le/i MIGRANTI, ribadiamo con forza “né muri né recinti” e pensiamo si debba risalire all’origine del “problema”: dire che ogni persona sulla Terra - non solo gli Europei o gli Statunitensi - ha diritto di spostarsi, tanto più se le nostre guerre hanno distrutto le loro case e le loro risorse; dire che le nostre politiche di rapina hanno portato caos e miseria nei loro paesi, rendendosi complici tra l'altro di regimi dittatoriali (Turchia, Egitto, Somalia, Eritrea, Sudan, Libia…) con cui si stipulano vergognosi accordi distribuendo denaro affinché impediscano il flusso di esseri umani verso le nostre coste. Denaro che sarebbe meglio spendere per progettare e organizzare un’accoglienza rispettosa dei diritti umani e delle sofferenze di chi ha intrapreso viaggi lunghi e dolorosi rischiando la vita: tenere invece migliaia di persone inattive in centri di cosiddetta accoglienza, in attesa di sapere se possono restare o spostarsi è un trattamento degradante e spesso è all’origine di tante intolleranze e pregiudizi che circolano (“non fanno niente”, “ci costano”, “li teniamo in albergo” ecc).
Pensiamo che la MARCIA PERUGIA-ASSISI non debba essere un rituale per metterci la coscienza a posto, ma il punto di partenza per l’impegno a far sentire le nostre voci a chi ci governa ed esigere una politica estera trasparente, fatta di meno retorica e più azioni concrete, ne elenchiamo alcune per cominciare:
- non fare accordi né vendere armamenti a paesi che calpestano i diritti umani e fomentano conflitti armati;
- bloccare la cosiddetta “missione sanitaria Ippocrate” in Libia, che è chiaramente l’ennesimo intervento militare;
- diminuire drasticamente le spese militari;
- non inviare l’ambasciatore in Egitto finché non si farà luce sull’assassinio di Giulio Regeni;
- attivarsi per la sospensione del regolamento di Dublino;
- non rimpatriare i profughi nei paesi di provenienza;
- non irrigidire le condizioni per la concessione dello status di rifugiate/i, ma abbreviare i tempi delle procedure;
- favorire l’apertura di corridoi umanitari come quelli realizzati dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Chiesa Valdese, anche per stroncare il traffico di esseri umani.
Siamo anche consapevoli che il nostro denunciare ed esigere giustizia è insufficiente se non si accompagna all’assunzione di responsabilità di chi, come noi, si ritiene pacifista.
Assumersi responsabilità significa che, accanto alle marce e alle manifestazioni, sono necessari impegno attivo e azioni quotidiane per attuare una politica di convivenza e comunicazione tra mondi diversi, per decostruire stereotipi, modelli indotti e falsa informazione, per opporsi a una politica istituzionale quasi sempre giocata sui rapporti di forza.
Rete italiana delle Donne in Nero 19 settembre 2016
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