Ogni anno rivivo nella mia testa, come se fosse ieri, il giorno in cui la prima bomba fu sganciata e sentii tremare la terra. I suoni di sirene risuonano ancora nelle mie orecchie e rivedo le luci raggianti attraverso la stanza di un'esplosione vicina. Undici anni sono passati dall'ultima volta che ho visto la nostra casa, e ogni anno penso che forse l'anno prossimo sarà migliore e forse sarò di nuovo a casa, a piedi lungo il fiume Tigri a respirare la sua brezza.
Ogni anno ho lo stesso sogno, la stessa speranza, e ogni anno diventa sempre più difficile. Soprattutto quando il paese è ora governato da sanguinari signori della guerra che si preoccupano dei propri conti bancari molto più di quanto potrebbero fare per il loro paese.
Non si riconosce il popolo, il paese. Tutto ciò che una volta si sapeva è andato, e ciò che resta è l'ombra di un ricordo di un luogo chiamato casa.
Queste sono le parole di Farah Muhsin, una giovane irachena che, rifugiata negli Stati Uniti a causa della guerra, fa ora parte del gruppo femminista e pacifista CODEPINK.
La guerra in Iraq, che formalmente è finita, continua a lasciare pesanti conseguenze e nel frattempo molte altre guerre, spesso fomentate dall'esterno, sono scoppiate e continuano a seminare distruzione:
- l'Afghanistan da oltre dieci anni è occupato da truppe straniere (anche italiane!) che non hanno certo garantito la pace, la democrazia e i diritti delle donne;
- il Caucaso è stato attraversato da guerre per noi lontane, di cui si è parlato poco e poco abbiamo capito, ma che hanno lasciato pesanti conseguenze sulle popolazioni;
- la Siria, in questi tre anni di guerra feroce contro tutti ha avuto più di 140.000 morti e milioni di sfollati, cui non si è neppure garantito un canale umanitario per permetterne la sopravvivenza;
- la Cisgiordania e la Striscia di Gaza continuano ad essere terre occupate e imprigionate, in cui la popolazione è esposta da decenni alle uccisioni, alle distruzioni, alle violazioni di ogni diritto da parte dello Stato di Israele e del suo esercito;
- ...e oggi i riflettori dei nostri mezzi di comunicazione di massa si puntano sull'Ucraina; in particolare su questo conflitto è chiaro che si stanno ricreando i blocchi contrapposti, che ci ricordano molto la guerra fredda e se ne stanno ridisegnando i confini ad est.
I paesi che stanno su questi "confini" diventano i vasi di coccio schiacciati tra gli interessi contrapposti della Russia da una parte e di Europa e Usa dall'altra, nella completa indifferenza verso il destino delle popolazioni.
Per l'Ucraina si configura lo spettro di uno scontro violento tra la NATO e le forze armate russe, che si stanno fronteggiando. L'Europa si è accodata, ha delegato agli Stati Uniti e alla NATO la gestione della crisi ucraina, incapace di avere un ruolo di mediazione rispetto alla complessità dei problemi accumulati da secoli in queste zone, mescolate per lingue e culture.
L'Italia è chiaramente e consapevolmente all'interno di uno dei due blocchi, quello occidentale, anche se noi come persone non ce ne rendiamo conto: la politica estera italiana è appiattita su quella militare decisa dalla NATO, al di fuori di qualunque controllo democratico, nazionale o europeo.
Tutto questo ci riguarda
Siamo contrarie alle politiche armate italiane: non solo per motivi economici rifiutiamo l'acquisto degli F35 e le enormi spese per le “missioni” all'estero da poco rifinanziate dal nuovo governo, ma per esigere politiche di pace e di convivenza delle popolazioni.
Nessun commento:
Posta un commento