domenica 10 novembre 2013

La Siria è anche Qui


Ho portato con me in Italia una zolletta di terra, per aver qualcosa del mio paese d’origine, ma ho portato soprattutto le storie di tante persone, che nonostante tutto non si arrendono alla logica della violenza, che sognano di tornare nelle loro case, di ricostruire una Siria senza più violenze e soprusi. 
Asmae Dachan giornalista siriana

Chiediamo degna accoglienza per profughe/i che fuggono da una guerra che è un massacro di civili. 

Sempre più arrivano nel nostro paese, bambine, bambini, donne e uomini, provenienti dall’inferno siriano, senza trovare una degna accoglienza, considerando che stanno fuggendo da una guerra interna e quindi hanno lo status di profughi con diritto di asilo e di assistenza umanitaria. 

In Siria, da uno scenario iniziale, in cui si individuava un movimento laico fatto di donne e uomini che chiedevano al regime autoritario e brutale di Assad il riconoscimento dei diritti civili e maggiore libertà, si è passati ad un altro scenario che vede quasi esclusivamente la contrapposizione dei soggetti armati, i loro coinvolgimenti nei massacri con armi chimiche senza nessuna considerazione per le sofferenze della popolazione civile. Nel frattempo sono trascorsi due anni che hanno portato all’uccisione di quasi 100.000 persone e alla fuga di più di 4.000.000 di Siriane e Siriani e 2 milioni di sfollati.

Nella nostra ricerca di contatti e relazioni significative, abbiamo ascoltato testimonianze che ci hanno fatto capire quanto sia diventata grave e senza via d’uscita la situazione in Siria. Su quel movimento laico e pacifico che manifestava nelle piazze e per le strade delle belle città della Siria si è scatenata la repressione feroce da parte del regime che ha fatto 3.000 morti in poco tempo, si è poi innestata una reazione, presto diventata armata, da parte di vari soggetti anche islamisti con apporti di Al Queda provenienti da altri paesi.

Il rumore delle armi ha coperto ogni voce di aspirazione a libertà e democrazia, mentre i giochi politici internazionali e dei paesi confinanti hanno contribuito a fomentare il conflitto armato con le loro scelte in campo, l’aiuto scellerato in armi ai contendenti e l’uso del dramma siriano per equilibri strategici e geopolitici. Intanto ad Aleppo come fu a Sarajevo la popolazione si reca al mercato malgrado i cecchini, per affermare il valore della vita e della sopravvivenza nonostante le vittime quotidiane. Anche le maestre, fra molti pericoli aprono ogni mattina la scuola, non negli edifici scolastici, ma in luoghi di fortuna, per dare una parvenza di normalità alle bambine e ai bambini traumatizzati. In realtà ci sono molte zone prive dei generi di prima necessità a partire dall’acqua, latte per i bambini, corrente elettrica. La vita degli sfollati nei campi profughi è terribile e, senza aiuti, si prevede un disastro umanitario già in parte avviato. Come in tutti i conflitti armati, l'arma dello stupro è già largamente in uso.
 
Il corpo delle donne è ancora una volta campo di battagli e bottino di guerra per infliggere castigo e offesa al nemico.

  • E’ necessaria la creazione di corridoi umanitari per portare aiuti di prima necessità in un paese dove manca tutto, dove si muore di assedio, si muore di fame sotto gli occhi indifferenti della comunità internazionale.
  • E’ necessario l’impegno dell'ONU e degli organismi internazionali, anche UE, per una soluzione negoziata del conflitto, e la cessazione della fornitura di armi ai contendenti.
  • Intanto, qui da noi, è urgente l’abolizione della famigerata legge BOSSI-FINI.

 


Esprimiamo solidarietà con la Sindaca di Lampedusa per il suo impegno e coraggio!

Le donne in nero di Bologna bi parlano con Asmae Dachan  il 15 novembre alle 18 Sala dello Zodiaco Palazzo della Provincia via Zamboni, 13

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