giovedì 7 gennaio 2010

ROMPERE IL SILENZIO - ROMPERE L'ASSEDIO - ROMPERE I MURI

Un anno fa eravamo in piazza per manifestare la nostra indignazione e il nostro dolore per la strage attuata dall’intervento militare israeliano – operazione “Piombo fuso” - contro la Striscia di Gaza, per chiedere di cessare il fuoco, por fine dell’assedio e garantire il diritto alla vita della popolazione.

In 23 giorni di bombardamenti oltre 1400 i morti (per un terzo bambini) e più di 5000 i feriti palestinesi. 13 gli israeliani morti (10 soldati e 3 civili). Migliaia di case e palazzi, molte scuole, 20 moschee, rete idrica ed elettrica distrutte; sedi ONU, ospedali e ambulanze colpite dall'esercito di Israele. Decine di migliaia di persone senza più casa.




E’ Passato un anno e l'assedio continua

Da Gaza non si esce e a Gaza non si entra Amnesty International ha descritto il blocco di Gaza come una "forma di punizione collettiva di tutta la popolazione, una flagrante violazione degli obblighi di Israele nel quadro della IV convenzione di Ginevra"; il Relatore speciale dell’ONU per i diritti umani nei territori occupati palestinesi, Richard Falk, lo ha condannato come un "crimine contro l'umanità". Le conseguenze dell'assedio provocano innegabilmente una situazione di sofferenza di massa, creata in gran parte da Israele, ma con la complicità attiva della comunità internazionale, in particolare Stati Uniti e Unione Europea.

L'assedio illegale di Gaza non avviene nel vuoto. E’ uno dei tanti atti illeciti commessi da Israele nei territori palestinesi occupati militarmente nel 1967.




Sono illegale:

  • Il muro e gli insediamenti
  • La demolizione di case
  • La distruzione indiscriminata delle terre agricole
  • La chiusura e il coprifuoco
  • I blocchi stradali e i checkpoint
  • La detenzione
  • La tortura
  • L'occupazione stessa.

La fine dell’occupazione militare iniziata nel 1967 è una condizione fondamentale per instaurare una pace giusta e duratura. Per oltre 60 anni al popolo palestinese sono stati negati il diritto alla libertà, all’autodeterminazione e all’uguaglianza.

1400 persone provenienti da 43 paesi (Gaza freedom March) si sono recate in questi giorni in Egitto per entrare a Gaza, per unirsi a migliaia di Palestinesi in una marcia nonviolenta che dal Nord della Striscia avrebbe raggiunto il confine con Israele, chiedendo la fine dell’assedio.

L’Egitto ha impedito loro di lasciare il Cairo, permettendo a solo un centinaio di entrare a Gaza. Hedy Epstein, pacifista ebrea di 85 anni sopravvissuta alla Shoah, ha iniziato con altri uno sciopero della fame di protesta.

“E’ importante che la popolazione sotto assedio di Gaza sappia che non è sola. Voglio poter dire alla gente di Gaza che rappresento molti nella mia città e negli USA che sono indignati per le politiche adottate da Israele, USA e Europa nei confronti dei Palestinesi e che siamo sempre di più a pensarla cosi”

dice la Epstein, sfuggita alla persecuzione nazista mentre i suoi genitori morirono ad Auschwitz.


Insieme con i partecipanti alla Gaza Freedom March che l’1 gennaio hanno manifestato nelle strade del Cairo e con quante e quanti contemporaneamente marciavano in Israele e nella Striscia di Gaza, manifestavano a Ramallah, Betlemme e in altre città della Cisgiordania, aggiungendosi alle proteste organizzate in molte città di tutto il mondo, continuiamo a richiamare l'attenzione su Gaza: non dimentichiamo il tragico attacco militare alla striscia e chiediamo giustizia.

Chiediamo ai politici, locali e nazionali, al governo, all’Unione Europea e ai governi che ne fanno parte, di far rispettare il diritto internazionale calpestato.
E ai governanti israeliani diciamo:



Cessate l’assedio a Gaza, fermate la costruzione delle colonie in Cisgiordania, finitela con l’occupazione militare, rispettate e applicate le risoluzioni delle Nazioni Unite, questo è l’unica via per la pace.

Nessun commento:

Posta un commento