sabato 31 ottobre 2009

Gaza: In Marcia per la Libertà








La legge è chiara. La coscienza dell'umanità è scossa. Eppure, l'assedio di Gaza continua. È giunto il momento di agire!






La Gaza Freedom March, organizzata dalla coalizione internazionale per la fine dell'assedio illegale di Gaza, il 27 dicembre 2009 al 2 gennaio 2010


Nei giorni del primo anniversario dell'assalto e massacro israeliano a Gaza, centinaia e centinaia di attivisti internazionali tenteranno di rompere l'assedio per partecipare ad una grande manifestazione nonviolenta, marciando al fianco della popolazione di Gaza il 31 dicembre 2009.

La Gaza Freedom March sarà una manifestazione di solidarietà che intende inoltre richiamare l'attenzione sulla crisi umanitaria in corso e sulla illegalità dell'assedio, chiedendo alla Comunità internazionale che vi metta fine.







Amnesty International ha descritto il blocco di Gaza come una "forma di punizione collettiva di tutta la popolazione di Gaza, una flagrante violazione di obblighi di Israele nel quadro della quarta convenzione di Ginevra." Human Rights Watch ha chiamato il blocco una "grave violazione del diritto internazionale". Il Relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori occupati palestinesi, Richard Falk, ha condannato l'assedio israeliano di Gaza che rappresenta un "crimine contro l'umanità".

L'ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter ha detto che la gente di Gaza viene trattata "come animali", e ha chiesto di "porre fine all'assedio di Gaza" che sta privando "un milione e mezzo di persone delle necessità della vita."

Uno dei principali esperti a livello mondiale di Gaza, Sara Roy dell'Università di Harvard, ha detto che le conseguenze dell'assedio "provocano innegabilmente una situazione di sofferenza di massa, che è creata in gran parte da Israele, ma con la complicità attiva della comunità internazionale, in particolare gli Stati Uniti e l'Unione Europea".



Appello della Coalizione internazionale per la fine dell'assedio illegale di Gaza

L'assedio israeliano di Gaza è una flagrante violazione del diritto internazionale che ha portato alla sofferenza di massa. Gli Stati Uniti, l'Unione Europea, e il resto della comunità internazionale sono complici.


La legge è chiara. La coscienza dell'umanità è scossa. Eppure, l'assedio di Gaza continua. È giunto il momento di agire! Il 31 dicembre 2009 concluderemo l'anno marciando al fianco del popolo palestinese di Gaza in una manifestazione nonviolenta per rompere il blocco illegale.

Il nostro scopo in questa marcia è rompere l'assedio di Gaza. Chiediamo che Israele ponga fine al blocco. Chiediamo anche all'Egitto di aprire la frontiera di Gaza a Rafah. I palestinesi devono avere la libertà di viaggiare per motivi di studio, di lavoro, e di cura e anche di ricevere visitatori provenienti dall'estero.

Essendo noi una coalizione internazionale, non spetta a noi sostenere una soluzione politica specifica a questo conflitto. Eppure la fiducia nella nostra comune umanità ci spinge a chiedere a tutte le parti di rispettare e sostenere il diritto internazionale e i diritti umani fondamentali per porre fine all'occupazione militare israeliana dei territori palestinesi del 1967 e per perseguire una pace giusta e duratura.

La marcia potrà avere successo soltanto se risveglierà la coscienza dell'umanità.

Vi invitiamo tutti ad unirsi a noi.


Il mese scorso, il Consiglio per i diritti umani dell'Onu ha approvato il rapporto Goldstone sulle violazioni della legge internazionale e i crimini contro l'umanità commessi a Gaza durante l'offensiva israeliana “Piombo fuso”. Nessun paese dell'Unione Europea ha votato a favore. L'Italia ha seguito gli Stati Uniti, votando in contro.

Non sorprende questa complicità. Come ha detto il Presidente Israeliano Shimon Peres, criticando le leggi britanniche di giurisdizione universale per crimini di guerra: "Gran Bretagna e gli Stati Uniti hanno usato tattiche simili nelle loro operazioni in Iraq e Afganistan." Quindi, visto che i nostri governi sono anche loro coinvolti in crimini di guerra, non posssiamo aspettare che agiscano contro altri criminali. Dobbiamo agire noi.







Unisciti alla delegazione del Coordinamento europeo per la Palestina (ECCP) che parteciperà alla marcia per Gaza! Per maggiori informazioni...

giovedì 22 ottobre 2009

Contro ogni razzismo - Respingiamo le leggi e le politiche di oppressione e sfruttamento!




La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua persona

Articolo 2, Costituzione della Repubblica Italiana






L’Italia, terra di emigranti in tempi non lontani, è diventata luogo di immigrazione: anche se in misura minore rispetto ad altri paesi europei, la presenza di straniere/i è divenuta consistente.



Così, nelle nostre relazioni quotidiane – famiglia, scuola, lavoro, commercio – incontriamo persone di diversa provenienza, di diversa cultura e sensibilità. Non ce ne siamo accorti subito, ma la nostra vita è cambiata: impariamo di lingue e luoghi lontani e, per coloro che capiscono il valore delle diversità, le conoscenze e sensibilità molto si arricchiscono e si raffinano.







In campo economico le persone immigrate sostengono settori importanti: edilizia, agricoltura, famiglia e tutti sappiamo che senza il loro apporto ci sarebbero crolli economici e sociali.


Le persone immigrate, di uguale umanità ma di diversa provenienza, avrebbero dovuto essere accolte con gli strumenti adeguati a una società in evoluzione, rispettosa dei diritti di tutte/i, ma così non è stato. I poteri economici se ne sono serviti come forza lavoro a basso costo, in nero, costringendole a volte in condizioni di schiavitù. Il governo italiano ha usato le donne e gli uomini immigrati per scaricare su di loro le responsabilità di condizioni di vita difficili per tutti, per far crescere la paura e quindi l’ostilità nei cittadini, e imporre così norme di emergenza che limitano la libertà di noi tutte/i.



Da tempo assistiamo a una vera e propria deriva razzista. Oggi, in Italia, il razzismo dilaga perché chi lo pratica, trova sostegno nella politica xenofoba del governo Berlusconi che, con l’approvazione del Disegno di Legge sulla sicurezza (DDL 733), ha imboccato, senza alcuna ambiguità, la via dell’incitamento all’odio nei confronti dello “straniero” e del “diverso”.





Ci sono dinamiche alimentate dal forte impatto e dei retaggi delle piattaforme dei partiti di estrema destra sulle politiche del governo e sulla percezione pubblica. Ma anche dai media che strumentalizzano e legittimano razzismo e xenofobia sfruttando il processo multiculturale che sta vivendo la società italiana.


Doudou Diène,relatore speciale ONU, nel suo Rapporto sulla situazione in Italia rispetto ai fenomeni del razzismo, della discriminazione sociale e della xenofobia.












E’ evidente e crescente l’incidenza della discriminazione e delle violazioni dei diritti umani fondamentali nei confronti della popolazione immigrata nel paese. Notiamo che persistono razzismo e xenofobia nei confronti degli immigrati, dei richiedenti asilo e rifugiati, compresi i Rom. Chiediamo al governo di intervenire efficacemente per contrastare il clima di intolleranza e per garantire le tutele ai migranti, a prescindere dal loro status.



Dal Rapporto dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, 2009












Il respingimento cosi' come viene oggi messo in atto nel Mediterraneo non e' in regola neanche con la legislazione nazionale perche' la legge nazionale italiana, il testounico dell'immigrazione, prevede si' il respingimento, ma con delle garanzie: la persona deve essere identificata, deve ricevere un decreto di respingimento e questa persona puo' anche ricorrere. Il respingimento in alto mare, indiscriminato e collettivo mette a duraprova la fruibilita' del diritto d'asilo.


Laura Boldrini, portavoce della sezione italiana dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati








Le misure e le proposte adottate attaccano infatti i più elementari diritti umani e sono un elenco di barbarie:
  • il reato di clandestinità, che trasforma in crimine una condizione di vita legata a un particolare momento dell’esistenza della persona del migrante, è un passo pericolosissimo verso la normalizzazione delle disuguaglianze sociali e verso la legalizzazione del razzismo
  • la politica dei respingimenti e gli accordi criminali con la Libia causano vere e proprie strage di innocenti
  • la facoltà di denunciare i clandestini, che si rivolgono alle strutture sanitarie pubbliche, sono in assoluto contrasto con il codice deontologico dei medici e con il dettato costituzionale (art. 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”)
  • la schedatura dei senza fissa dimora, primo passo verso la discriminazione di una fascia di popolazione che evoca gli orrori del passato fascista e nazista;
  • l’istituzione del CIE (Centro di identificazione e di espulsione) a Lampedusa , vero e proprio centro di detenzione;
  • l’istituzione delle ronde, che fomenta il clima di sospetto e contraddice il diritto di tutti a essere tutelati con gli strumenti messi a disposizione dalle istituzioni democratiche.


Come Donne in Nero, respingiamo queste misure razziste e liberticide, e refutiamo:



  • l’ideologia dell’intolleranza
  • la xenofobia e il razzismo
  • le politiche di esclusione dell’ “altro” che lo trasformano in nemico
  • la violenza insita in ogni norma e in ogni atteggiamento che nega l’umanità dell’ “altro”,
  • l’imbroglio securitario che, non solo minaccia la nostra libertà e le nostre vite, ma nasconde anche le vere cause dell’insicurezza sociale riconducibili alle logiche del sistema liberista globale, che precarizza il lavoro, aumenta la povertà, distrugge lo stato sociale, rende impossibile progettare il futuro







Non obbediremo a leggi nelle quali non ci riconosciamo perche' violano i piu' elementari diritti umani.






























































venerdì 16 ottobre 2009

Liberta' per Mohammed Othman

Più di tre settimane fa l'attivista palestinese Mohammad Othman è stato arrestato rientrando nella Cisgiordania da un viaggio in Norvegia. Mohammad, attivo nei movimenti nonviolenti contro il Muro dell'Apartheid e la campagna di Boicottaggio, Sanzioni e Disinvestimento (BDS), si trova ancora detenuto, in isolamento e senza sapere il motivo del fermo!

Lunedi' il 19 ottobre e' stato portato davanti a un tribunale militare senza neanche sapere i capi d'accusa contro di lui. Il giudice ha esteso la detenzione per ancora 11 giorni.

In solidarietà con l'appello internazionale "Se volete fermare il movimento BDS, dovete arrestarci tutti!" lanciato da Stop the Wall a seguito dell'arresto di Mohammad, mandiamo una valanga di mail per esigere il suo immediato e incondizionato rilascio!

Clicca qui per mandare un mail.

Mohammed viene dal villaggio di Jayyus in Cisgiordania. Jayyous e' stato devastato dalla costruzione dal Muro d'apartheid e dall'insediamento di Zufim ed e' uno dei principali villaggi coinvolti nel movimento popolare e nonviolento contro il Muro iniziato piu' di 4 anni fa nel villaggio di Bi'lin. Non e' l'unico detenuto fra gli attivisti del movimento popolare nonviolento. Decine di palestinesi da Bi'lin, Ni'lin e Jayyus sono detenuti nei carceri israeliani, molti presi dai loro letti durante raid notturne da soldati israeliani, i volti coperti da maschere.

La risposta dalle forze armate israeliane alle proteste settimanali nei villaggi e' stata una ripressione forte; civili inermi devono affrontare soldati con armi di fuoco e nuovi armi sperimentali sono stati provati.

Nel suo discorso al Cairo, Presidente Obama ha detto che i palestinesi devono rinunciare alla violenza. Purtroppo, non ha rivolto le stesse parole al governo israeliano e neanche ha riconosciuto la lotta nonviolenta nei villaggi palestinesi.

Negli ultimi 4 anni 16 persone sono state uccise e piu" di 1500 sono state ferite, alcuni gravemente.

Diamo un futuro alla resistenza popolare palestinese, e all'opzione nonviolenta per la fine dell'occupazione!

Per sapere di piu' della repressione israeliana dal movimento popolare nonviolento, leggi il rapporto Repressione Permessa, Resistenza Negata.
Repress

martedì 6 ottobre 2009

Le donne denunciano lo scambio tra potere, sesso, denaro

Sabato 10 ottobre 2009 dalle ore 16.30 alle 18.30 le Donne in Nero di Udine saranno in Piazzetta Lionello a Udine per denunciare lo scambio tra potere, sesso, denaro, che avviene in Italia nei luoghi della politici.

Invitano le donne e gli uomini della città a riflettere, a prendere la parola, a esprimere la propria contrarietà nei confronti del degrado della cosa pubblica a cui stiamo assistendo

Quanto è accaduto nei mesi scorsi nei palazzi del potere tra Berlusconi e le donne non può essere confinato nella sfera della morale, del privato, del pettegolezzo, parla invece della qualità della vita e del futuro di questo paese

Parole di donne hanno spezzato l'artificiosa divisione tra pubblico e privato e hanno svelato il sistema di scambio tra potere, sesso, denaro: prestazioni sessuali in cambio di favori economici e candidature politiche

Le donne hanno parlato e hanno messo a nudo quello che è il cuore della vicenda: la sessualità maschile e il rapporto con le donne di un uomo di potere e della sua corte.

Una sessualità incapace di dare senso alle relazioni, espressione di una "miseria del maschile" che tenta di ripristinare con arroganza quei ruoli tradizionali tra uomini e donne che quarant'anni di femminismo hanno destabilizzato

Le donne, non tutte asservite all'immagine del corpo femminile allestita dal regime televisivo e politico berlusconiano, pensano che i rapporti tra i sessi mai come oggi siano il cuore della politica e si chiedono se nel disordine del presente sia ancora possibile prendere la parola su questi temi.


Incontro nazionale

Anche 10 ottobre alle ore 10, a Roma, presso la Casa Internazionale delle Donne, è stato convocato, su questi temi, un incontro nazionale, aperto a tutte le donne e a tutti gli uomini interessati, e sollecitato da un documento firmato da Maria Luisa Boccia, Ida Dominijanni, Tamar Pitch, Bianca Pomeranzi, Grazia Zuffa

venerdì 2 ottobre 2009

Presidente Obama, sostenga le raccomandazioni della missione Goldstone a Gaza

Lettera aperta da Dr. Eyad El-Sarraj Presidente del Programma di Salute Mentale della Comunità di Gaza.





Egregio Presidente Obama,

le nostre ferite in Gaza sono ancora aperte, la nostra. giustizia ancora negata. L'offensiva di Israele di 23 giorni (28 dicembre 2008- 19 gennaio 2009) ha lasciato nei nostri figli la paura di ritornare a scuola, e quella sensazione di non essere al sicuro nei loro letti.

La guerra, e la continua chiusura della striscia di Gaza, ha indebolito la capacità delle madri e dei padri di agire come protettori e come coloro che garantiscono la sicurezza. Come comunità, combatteremo per decenni per convivere con le conseguenze. Insieme, d'accordo con i nostri figli sentiamo che la giustizia sia stata abbandonata da troppo tempo.

Per molte ragioni noi palestinesi sentiamo che il mondo ci ha ignorato. L'attenzione internazionale seguita alla guerra contro Gaza ci ha dato speranza. Le investigazioni condotte da Richard Goldstone ha creato ottimismo. Abbiamo sentito che questo rispettabile giudice e procuratore – che ha esercitato al meglio e ha dimostrato consistentemente la sua indipendenza nella applicazione della legge – è stato una delle poche persone ad avere le credenziali e l'esperienza per procedere con questa missione complicata sia legalmente che politicamente. Eravamo arrivati a credere che effettivamente al mondo importasse di noi.








La dichiarazione alle Nazioni Unite del suo ambasciatore, la sig.ra Susan Rice, ha trasmesso un messaggio differente: che al mondo, o almeno agli Stati Uniti, non importa di noi.

La sig.ra Rice ha suggerito che l'attenzione doveva essere sul futuro e non sul passato e che il compito attuale deve essere quello di rafforzare il progresso verso la ripresa dei negoziati di pace Israele - Palestina. Questa separazione di giustizia e pace è fuorviante: le due sono intimamente unite. Se c'è una cosa che la storia c'insegna, è che quando ai potenti è permesso di venire meno alla responsabilità, essi continueranno a violare la legge, e le persone innocenti ne pagheranno il prezzo.

Al Cairo lei ha detto: “L'America non volterà le spalle all'aspirazione legittima dei Palestinesi alla dignità, all'opportunità, e ad un proprio stato”. Lei ha anche parlato del desiderio dell’applicazione della legge e di un’amministrazione paritaria della giustizia, sostenendo che queste “non sono solo idee americane, sono diritti umani, e che questo è il motivo per cui noi le sosterremo ovunque”. Queste parole sono state benvenute, ma richiedevano azione. Responsabilità e responsabilità criminale sono componenti fondamentali della giustizia. Tutti coloro che sono responsabili devono affrontare un processo; i diritti delle vittime devono essere sostenuti; la sofferenza non può essere ignorata.

Presidente Obama, come lei ha detto una volta citando il Dr. Martin Luther King:

'l'arco della morale universale è lungo ma piega verso la giustizia, ma non si piega da solo a meno che ciascuno ed ognuno di noi non metta le mani sull'arco'.

Sostenga le raccomandazioni della Missione per la ricerca dei fatti delle Nazioni Unite.


Il rapporto della missione guidata da Richard Goldstone include queste conclusioni:

  • Le forze israeliane hanno commesso violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario corrispondenti a crimini di guerra e, in alcuni casi, anche a crimini contro l'umanità. In particolare, le indagini su numerosi attacchi contro la popolazione civile od obiettivi civili hanno rivelato che gli questi sono stati intenzionali e che alcuni sono stati lanciati al fine di spargere il terrore tra la popolazione e senza alcun giustificabile obiettivo militare. Le forze israeliane hanno inoltre usato civili palestinesi come scudi umani;
  • Le forze israeliane hanno commesso gravi violazioni della IV Convenzione di Ginevra, in particolare compiendo uccisioni, torture e trattamenti inumani con intenzioni dolose, procurando volutamente gravi sofferenze e gravi danni fisici e alla salute, causando vaste distruzioni di proprietà non giustificate da necessità militari, in modo illegale e sconsiderato. Per queste azioni vanno accertate le responsabilità individuali;
  • Israele ha violato l'obbligo di rispettare il diritto della popolazione di Gaza a un adeguato standard di vita, che comprende l'accesso a cibo, acqua e alloggio adeguati. Il rapporto fa riferimento, in particolare, ad azioni che hanno privato gli abitanti di Gaza dei mezzi di sostentamento, del lavoro, dell'abitazione, dell'acqua nonché della libertà di movimento e del diritto di entrare e uscire dal proprio paese e, infine, che hanno limitato l'accesso a un rimedio efficace. L'insieme di queste azioni può corrispondere al crimine di persecuzione, che è un crimine contro l'umanità;
  • I gruppi armati palestinesi hanno violato il principio di distinzione lanciando razzi e mortai che non possono essere diretti con sufficiente precisione contro obiettivi militari. Questi attacchi, contro insediamenti civili che in alcun modo potevano essere considerati obiettivi militari, costituiscono deliberati attacchi contro i civili, in quanto tali sono crimini di guerra e in alcuni casi possono costituire crimini contro l'umanità;
  • I gruppi armati palestinesi non hanno sempre agito in modo tale da distinguersi dalla popolazione civile e hanno esposto quest'ultima a rischi inutili, lanciando razzi da luoghi situati vicino ad abitazioni civili o a edifici protetti;
  • Non ci sono prove per sostenere gli accusi che i gruppi armati palestinesi abbiano trasferito la popolazione civile verso zone poi sottoposte agli attacchi israeliani o che l'abbiano costretta a rimanere nei pressi, né sul accuso che le strutture ospedaliere siano state usate dall'amministrazione de facto di Hamas o dai gruppi armati palestinesi per nascondere attività militari, né che le ambulanze siano state usate per trasportare combattenti né, infine, che i gruppi armati palestinesi abbiano preso parte ad attività militari dall'interno degli ospedali o delle strutture delle Nazioni Unite usate come rifugi.


>Per leggere il rapporto in inglese clicca qui

>Per leggere la traduzione italiana del sunto esecutivo, clicca qui.

Siamo Tutte Donne in Resistenza


Fin dal primo giorno del colpo di stato militare, il 28 giugno 2009, la politica mediatica del regime golpista ha cercato di dare al paese un’immagine di assoluta normalità. Le enormi marce e le proteste sarebbero una semplice espressione di alcuni pazzi che hanno perso contatto con la realtà.

Dopo le condanne internazionali, i principali mezzi informativi hanno abbandonato il paese. Le continue mobilitazioni delle organizzazioni sociali, popolari e sindacali non fanno piu' notizia. La comunità internazionale sembra non volere passare dai discorsi e proclami ai fatti concreti, legata a un processo di mediazione che non ha futuro e che dipende dall’ambiguità del governo statunintense e che fa parte del processo di normalizzzione.
Il silenzo internazionale ha aperto le porte ad una forte repressione contro le organizzazioni popolari che continuano a chiedere la restaurazione dell’ordine costituzionale e come sempre, le donne sono quelle piu' vulnerabile. Donne coinvolte nella resistenza sono sottoposte a violenze e insulti sessuali.


Ma le proteste hanno continuato, e la risposta e' stata una ripressione sempre piu' dura. Il 22 settembre, le Feministas en Resistencia, che dai primi giorni del regime fanno parte attivissima della resistenza, hanno pubblicato quest'appello:



Con la presente, le Feministas en Resistencia dell'Honduras denunciano la repressione brutale che oggi e' stata attuata contro le persone che sisono riunite pacificamente di fronte all'ambasciata del Brasile in Honduras, dopo avere appreso che il presidente Presidente Manuel
Zelaya si e' rifugiato là.
La gente e' stata attaccata nella prima mattinata con gas, acqua e un apparecchio che emette rumori assordanti. Alcuni sono stati feriti e portati in ospedale.


Ieri il governo de facto ha proclamato un coprifuoco nazionale a cominciare alle ore 16, quando la maggior parte degli operai honduregni sono ancora al lavoro. Il coprifuoco e' durato fino alle 7
del mattino. Nel frattempo il governo ha proclamato un nuovo coprifuoco dalle 7 alle 16 di oggi.

Vogliamo diffondere, nel modo più ampio possibile, il fatto che abbiamo paura per le nostre vite, a causa dell'aggressione continua e crescente dimostrata dall'esercito contro quelli che richiedono la restaurazione dell'ordine costituzionale.


Negli ultimi giorni, la situazione in Honduras è peggiorata.Il 28 settembre e' stato emesso un decreto che permette arresti e perquisizioni senza accuse o autorizzazioni, e che abroga i diritti di libertà di assemblea, di movimento, di stampa e di parole.

Canale 36 e Radio Globo sono stati chiusi il 29 dopo che il governo de facto ha pubblicato un decreto sospendendo 6 articoli della costituzione per un periodo di 45 giorni. Le due emittenti sono state invase dalle forze armate e di polizia, che sono entrate alle 5.30.

Fascicoli e apparecchi sono stati confiscati da Radio Globo. Canale 36 e' stato circondato dall'esercito e le trasmissioni sono state bloccate. Alcuni giornalisti hanno dovuto scappare dalle finestre.

Il decreto autorizza la chiusura di "ogni media che minaccia la pace e l'ordine pubblico" o che "attacca la dignita' umana di ufficiali pubblici o decisioni del governo.” Richiede l'arresto di "persone considerate sospette" aggiungendo che devono essere portate nei "centri di detenzione, legalmente stabiliti".

Si dice che il governo ha ordinato l'arresto di attivisti e la loro detenzione in uno stadio.

Centinaia di soldati hanno disperso una manifestazione all' Universidad Pedagógica Nacional- Francisco Morazán, dove centinaia di persone si sono riunite per marciare verso l'ambasciata del Brasile. Soldati sono stati dispiegati nei punti chiave di Tegucigalpa e in tutto il paese per bloccare la gente che voleva andare alla manifestazione.

Per ulteriori informazioni: Ni Golpe de Estado, Ni Golpes Contra Las Mujeres